H.C.Andersen: Le soprascarpe della felicità

libro animato

Le avventure del guardiano notturno


"Guarda, c'è un paio di soprascarpe!" disse il guardiano notturno "sono senza dubbio del tenente che abita qui sopra. Stanno proprio vicino alla sua porta!" Quel brav'uomo avrebbe suonato al tenente per consegnargliele, dato che c'era ancora la luce accesa, ma non voleva svegliare le altre persone della casa e perciò lasciò perdere. ' Devono essere proprio belle calde da portare ai piedi! ' pensò. ' Sono di una pelle molto morbida! ' E gli andavano proprio bene. ' Com'è strano il mondo! Lui ora potrebbe andarsene a letto, e invece cosa fa? Cammina avanti e indietro per la stanza! E è una persona fortunata; non ha né moglie né bambini. Ogni sera è in società; se solo fossi lui, sarei un uomo felice! ' Mentre esprimeva questo suo desiderio, le soprascarpe della felicità che aveva ai piedi agirono immediatamente: la guardia notturna si trovò nella persona e nei pensieri del tenente. Si trovò nella stanza a tenere tra le dita un piccolo foglio rosa su cui c'era una poesia, una poesia scritta dal tenente stesso: non c'è nessuno che nella propria vita non abbia avuto voglia di poetare e non abbia scritto i suoi pensieri che così si sono trasformati in versi.

Lì c'era scritto:

Se solo fossi ricco!pregai molte volte,
quando ancora ero un bambinetto.
Se solo fossi ricco, diventerei ufficiale,
avrei una sciabola, l'uniforme e una piuma.
Quel tempo poi venne, e io divenni ufficiale,
ma non divenni mai ricco, purtroppo
Mi aiutasse il Signore!

Felice e giovane, mi trovavo di sera,
una fanciulla di sette anni mi baciava la bocca,
perché ero ricco di fiabe e di racconti,
ma povero ero di denari;
ma la fanciulla era interessata solo alle favole,
di quelle ero ricco, ma non di oro,
e questo il Signore lo sa!

Se solo fossi ricco! è finita la mia preghiera a Dio,
ora la bimba di sette anni è cresciuta,
è così bella, intelligente, buona,
se lei capisse la favola del mio cuore,
se lei, come prima, mi fosse amica
ma io sono povero, e perciò taccio, così vuole il Signore.

Se io fossi ricco di consolazione e di pace,
allora il mio dolore non sarebbe stato scritto sulla carta!
Tu, che io amo, se tu mi capissi,
leggi questo, come una poesia degli anni della gioventù!
Ma è meglio se tu non lo comprendi,
io sono povero, il mio futuro è buio,
che il Signore ti benedica!

Sì, si scrivono questi versi quando si è innamorati, ma un uomo intelligente poi non li pubblica. Il fatto di essere tenente, l'amore, la povertà, sono un triangolo, o meglio, metà del dado spezzato della felicità. Il tenente provava tutto questo, e appoggiava la testa sul davanzale della finestra sospirando profondamente: "Quel povero guardiano laggiù sulla strada è molto più felice di me! Lui non sa che cos'è la nostalgia, lui ha una casa, una moglie e dei bambini che piangono con lui le sue pene e gioiscono alla sua gioia! Ah, sarei molto più felice di quello che sono, se potessi cambiare posto con lui, perché lui è sicuramente più felice di me!"

In quel momento il guardiano notturno tornò a far la guardia: le soprascarpe della felicità lo avevano reso tenente, come abbiamo visto, ma lui si era sentito così poco soddisfatto che voleva tornare a essere quello che era. Quindi il guardiano notturno tornò a fare il guardiano. "Che brutto sogno!" esclamò "ma era molto strano. Mi sembrava di essere il tenente che c'è lassù e non era affatto divertente. Avevo nostalgia di mia moglie e dei bambini che sono sempre pronti a ricoprirmi di baci!" Tornò a sedersi e lasciò cadere la testa; il sogno non voleva levarsi dalla mente, e lui indossava ancora quelle soprascarpe. In quel momento una stella cadente solcò il cielo. "È caduta" disse "ma ce ne sono ancora! Mi piacerebbe proprio vedere quelle cose più da vicino, soprattutto la luna, perché quella non può certo scappare dalle mani. Quando moriamo, così almeno racconta lo studente a cui mia moglie fa le pulizie, voliamo da una stella all'altra. È senz'altro una menzogna, ma potrebbe anche essere vero. Mi piacerebbe fare un saltino lassù, ma il corpo può anche restare qui sulla scala!"

Bisogna essere molto accorti nell'esprimere certi pensieri nel mondo, ma bisognerebbe stare ancora più attenti quando si hanno le soprascarpe della felicità ai piedi. Sentite che cosa accadde al guardiano notturno. Per quanto riguarda noi uomini, conosciamo quasi tutte le velocità del vapore acqueo, le abbiamo provate sia sul treno che con le navi che solcano il mare, eppure quella è come la camminata di un pigrone o la marcia di una lumaca, in rapporto alla velocità della luce; questa va 19 milioni di volte più veloce della migliore prestazione in una gara, e l'elettricità è ancora più veloce. La morte è una scossa elettrica che riceviamo nel cuore; sulle ali dell'elettricità l'anima liberata vola via. In otto minuti e pochi secondi la luce del sole compie un viaggio di oltre 20 milioni di miglia; con la velocità dell'elettricità l'anima ha bisogno di pochissimi minuti per fare lo stesso percorso. Lo spazio tra i vari corpi celesti non è, a quella velocità, più grande dello spazio che c'è tra noi e la casa dei nostri amici, anche se quelli abitano molto vicino a noi. Questa scossa elettrica al cuore però ci toglie l'uso del corpo; naturalmente se non abbiamo, come il guardiano notturno, le soprascarpe della felicità ai piedi. In pochi secondi il guardiano notturno aveva percorso le 52.000 miglia fino alla luna che, come si sa, è costituita di un materiale molto più leggero della terra, e che è soffice, quasi come la neve appena caduta. Si trovò su uno di quegli innumerevoli crateri che conosciamo dalla grande carta della luna del dottor Madler; questa la conosci, vero? Nella parte interna il cratere sprofondava come un calice, per un intero miglio danese; in fondo si trovava una città che aveva l'aspetto di un bianco d'uovo in un bicchiere d'acqua, molle e piena di torri, di cupole e balconi a forma di vela, trasparenti e fluttuanti nell'aria leggera; la nostra terra era sospesa, come un grande globo di rosso fuoco, sopra la testa del guardiano. C'erano molte creature e tutte della specie che noi chiamiamo umana, ma avevano un aspetto diverso dal nostro; avevano una loro lingua, nessuno poteva pretendere che l'anima del guardiano notturno sapesse capirla, eppure lui sapeva. L'anima del guardiano capiva molto bene la lingua degli abitanti della luna. Stavano discutendo della nostra terra e mettevano in dubbio che fosse abitata, perché l'aria era troppo pesante affinché una qualunque creatura lunare potesse abitarvi. Secondo loro solo la luna era abitata da esseri viventi, era l'unico corpo celeste dove abitavano le vecchie popolazioni del cielo.

Ma adesso torniamo a Østergade a vedere come stava il corpo del guardiano. Il bastone gli era caduto di mano e gli occhi guardavano verso la luna alla ricerca di quell'anima onesta che se n'era andata lassù. "Che ore sono, guardiano?" chiese un passante. Ma il guardiano non rispose, così quello gli diede un pizzicotto sul naso e gli fece perdere l'equilibrio. Il corpo finì lungo e disteso sulla strada: l'uomo era morto. Quello che lo aveva pizzicato si spaventò terribilmente; il guardiano era morto e morto restava; fu data la notizia e se ne parlò molto, al mattino, poi portarono il corpo in ospedale. Sarebbe stato proprio un bello spasso per l'anima, una volta tornata indietro, cercare il suo corpo in Østergade, come certamente avrebbe fatto, senza trovarlo. Probabilmente sarebbe andata per prima cosa alla polizia, poi all'ufficio informazioni e poi sicuramente all'ufficio oggetti smarriti, e solo alla fine all'ospedale. Ma possiamo consolarci, perché l'anima è intelligente, quando è da sola, è il corpo che la rende stupida. Come ho già detto, il corpo del guardiano giunse all'ospedale, e fu portato in un locale per essere lavato. Per prima cosa naturalmente gli tolsero le soprascarpe e subito l'anima dovette ritornare lì; si diresse immediatamente verso il corpo e in un attimo tornò la vita in quell'uomo. Egli assicurò di aver passato la più terribile notte della sua vita; disse che non avrebbe voluto provare le stesse sensazioni nemmeno per due marchi, ma ormai tutto era passato. Lo stesso giorno fu dimesso dall'ospedale, ma le soprascarpe rimasero lì.

Storia di una testa. Una recita. Un viaggio veramente straordinario


Ogni abitante di Copenaghen sa bene come è l'ingresso del Frederiks Hospital, ma dato che probabilmente anche alcuni lettori che non abitano a Copenaghen leggeranno questa storia, dovremo darne una breve descrizione. L'ospedale è separato dalla strada da una cancellata piuttosto alta le cui sbarre di ferro, abbastanza grosse. sono così lontane fra loro che si racconta che dottorini molto sottili siano riusciti a infilarsi tra queste per fare qualche breve visita fuori dall'ospedale. La parte del corpo che però è più difficile da portare fuori è sempre stata la testa; qui, come spesso nel mondo, i più fortunati erano quelli con la testa piccola. Questo dovrebbe bastare come introduzione.

Uno dei giovani volontari di cui si potrebbe dire che avesse una gran testa, ma solo per quanto riguardava l'aspetto, era di turno quella sera; e pioveva terribilmente. Eppure, nonostante questi due ostacoli, lui voleva uscire, solo per un quarto d'ora, e pensava non fosse qualcosa che valeva la pena di confidare al portiere, quando poteva passare tra quelle sbarre di ferro. Lì vicino c'erano le soprascarpe che la guardia notturna aveva dimenticato; naturalmente il dottorino non sapeva che fossero quelle della felicità: le infilò perché pensava sarebbero state ottime con quel tempo. Ora doveva cercare di passare attraverso le sbarre e non aveva mai provato prima di allora. Arrivò vicino al cancello. «Se solo avessi già la testa dall'altra parte!» disse e subito, nonostante fosse molto grossa, la testa passò con facilità e felicemente attraverso le sbarre; era stato merito delle soprascarpe, ma ora doveva passare anche il corpo. "Oh, sono troppo grasso!" esclamò "pensavo che la testa fosse la cosa peggiore, ma adesso non riesco a passare." Allora volle riportare indietro la testa, ma non ci riuscì. Poteva tranquillamente muovere il collo, ma era l'unica cosa che riusciva a fare. Per prima cosa si arrabbiò, poi fu preso da una depressione profonda. Le soprascarpe della felicità lo avevano messo in una posizione molto brutta, e sfortunatamente non pensava a desiderare di essere libero; no, cercava di agire e così non riusciva a levarsi da quel posto. La pioggia continuava a scrosciare, ma non si vedeva nessuno per la strada. Il campanello era irraggiungibile, come poteva liberarsi? Si disse che sarebbe rimasto lì fino al mattino, poi avrebbero dovuto chiamare un fabbro per segare le sbarre di ferro, ma non sarebbe accaduto molto in fretta; prima sarebbero passati tutti gli scolaretti vestiti di blu, poi tutti i marinai sarebbero arrivati per vederlo lì intrappolato, ci sarebbe certo stata una folla molto maggiore che per la gigantesca agave dell'anno scorso. "Oh! il sangue mi va alla testa, così impazzisco! Sì, impazzisco! Ah, se solo fossi libero di nuovo, allora starci certo meglio!" Ecco questo lo avrebbe dovuto dire un pò prima; nello stesso momento in cui il pensiero venne espresso si trovò con la testa libera e si precipitò nella sua stanza, fuori di sé per lo spavento che le soprascarpe della felicità gli avevano procurato. Ma non dobbiamo credere che tutto fosse finito, anzi ora viene il peggio. Passò la notte e il giorno successivo e nessuno venne a prendere le soprascarpe. Di sera doveva esserci una rappresentazione nel piccolo teatro di Kannikestraede. Il locale era pieno zeppo; tra i diversi numeri veniva recitata una nuova poesia. Ora l'ascolteremo. Il titolo era: «L'intelligenza della mia nonna è conosciuta.»

Se si fosse nei tempi passati, lei verrebbe certo bruciata.
Conosce tutto quello che accade, sì,
ancora di più,
vede persino nell'anno venturo, sì,
ma non vuole dirlo chiaramente.
Che cosa accadrà quindi l'anno prossimo?
Che accadrà di strano? Sì, mi piacerebbe vedere
il mio destino, quello dell'arte e del nostro paese,
ma la nonna non vuole che venga detto.
Io l'ho tormentata tanto che l'ho convinta,
prima è rimasta zitta, poi si è fatta piccola,
e mi ha fatto un lungo discorso senza senso.
Io infatti sono il suo preferito!
Per questa volta esaudirò il tuo desiderio,
cominciò, dandomi i suoi occhiali.
Ora vai in un luogo, a tua scelta,
in un luogo dove ci siano molte persone,
dove tu possa vederle, mettiti in qualche posto,
e guarda quella folla attraverso i miei occhiali;
subito, tutti quanti, credimi,
appariranno come un gioco di carte aperto sul tavolo;
con questi potrai prevedere quello che accadrà!
Io la ringraziai e corsi via, volevo vedere,
ma pensai, dove si raduna tanta gente?
A Langelinie? Lì ci si prende un malanno.
In Østergade? Oh, lì c'è un tale fango!
A teatro? Questa è un'idea.
Lo spettacolo della sera è proprio l'ideale.
E eccomi qui! Ora mi presento.
Permettetemi di usare gli occhiali della nonna
solo per vedere, ma non me ne vado!
vedere se voi apparite come un gioco di carte,
dal quale io possa prevedere quel che il tempo riserba.
Io interpreto il vostro silenzio come un'affermazione,
sarete resi partecipi di un grande segreto.
Qui siamo tutti in gioco. Io guardo per voi,
per me, per il paese e per il nostro regno.
Ora voglio vedere quello che dicono le carte.
E si mise gli occhiali.) Oh, è vero!
No, adesso devo ridere! Oh, se solo voleste venir su a vedere anche voi!
Oh, quante carte di re e di fanti!
e le donne di cuori, c'è tutta la serie, e poi le carte nere, le picche e i fiori.
Ora ho proprio una bella vista!
Io vedo la dama di picche bella grossa che rivolge
i suoi pensieri al fante di quadri.
E questa vista mi rende ubriaco! Ci sono molti soldi qui in teatro,
e stranieri che vengono dall'altra parte del mondo.
Ma non è quello che volevamo sapere.
Sulle classi sociali? Vediamo... nel futuro.
Ma di ciò si leggerà in seguito.
Se adesso parlassi, danneggerei la rivista,
e io non voglio togliere il meglio dal piatto.
E il teatro? Che novità, il gusto, la tonalità?
no, voglio stare in buoni rapporti col direttore. E il mio futuro?
E già, voi sapete che le nostre cose sono molto care al nostro cuore!
Io vedo! Non posso dire cosa vedo, ma voi lo saprete non appena accadrà.
Chi è il più felice di noi quaggiù?
Il più felice?
Posso trovarlo facilmente.
E no, potrebbe facilmente dar fastidio, probabilmente rattristerebbe molti!
Chi vivrà più a lungo?
Quella donna laggiù o quel signore?
No, se lo rivelassi sarebbe molto peggio!
Devo rivelare qualcosa? No! Qualcosa?
No! Qualcosa? No! Be', alla fine non lo so più neppure io.
Sono imbarazzato, è facile ferire qualcuno,
ora vedo quello che voi credete e pensate,
io tacerò con la mia capacità di prevedere.
Voi credete?
No! Che cosa?
Qui intorno credete che finirà con un bel niente.
Sapete certamente che non otterrete nulla.
Allora taccio, solenne assemblea, vi lascerò le vostre opinioni!

La poesia venne recitata splendidamente e il recitante ebbe grande successo. Tra gli spettatori c'era anche il volontario dell'ospedale, che sembrava avesse dimenticato l'avventura della notte precedente, ma le soprascarpe le aveva ancora ai piedi perché non erano state ritirate e, dato che c'era fango per la strada, gli tornavano utili. A lui la poesia piacque. Pensò molto a quell'idea, gli sarebbe piaciuto avere occhiali simili, forse, se si fossero usati nel modo giusto, si sarebbe potuta vedere la gente proprio nel cuore, e quello sarebbe stato molto più interessante, pensava, che non vedere quello che sarebbe accaduto l'anno prossimo, perché questo si viene comunque a sapere, mentre il resto non si conosce mai. "Mi piacerebbe tanto poter guardare nel cuore di tutte quelle signore della prima fila là davanti, sì, dovrebbe essere uno spazio aperto, una specie di negozio; ah, quante cose potrebbero vedere i miei occhi in quel negozio! In quella signora troverei senz'altro una grande commerciante di moda! In quell'altra il negozio sarà vuoto, e dovrà essere ripulito. Ma ci saranno anche negozi rispettabili! Eh sì!" sospirò "ne conosco uno in cui tutto è molto rispettabile, ma dentro c'è già un garzone, e questa è l'unica cosa cattiva del negozio. Da uno o dall'altro si sentirebbe gridare: «Prego accomodatevi!» sì, mi piacerebbe proprio entrarci, come un piccolo pensiero che passa attraverso i cuori!" Ecco, queste parole bastarono alle soprascarpe; il volontario divenne sempre più piccolo e cominciò uno stranissimo viaggio proprio in mezzo ai cuori di quelli della prima fila. Il primo cuore in cui passò apparteneva a una signora; ma lui subito credette di essere in un istituto ortopedico, quella casa dove il dottore elimina i difetti della gente e raddrizza le persone; si trovava nella stanza in cui i calchi di gesso degli arti anormali erano appesi alla parete, l'unica differenza era che all'istituto i calchi vengono presi quando il paziente entra, mentre qui nel cuore erano presi e conservati quando le brave persone se n'erano andate. Erano i calchi delle amiche, i loro difetti fisici e spirituali, che qui venivano conservati. Passò velocemente in un altro cuore di donna, e questo gli sembrò una grande chiesa. Le bianche colombe dell'innocenza volavano intorno all'altare maggiore; si sarebbe inginocchiato volentieri, ma doveva proseguire, entrare in un nuovo cuore, ma ancora sentiva la musica dell'organo e gli sembrava addirittura di essere diventato migliore; si sentì degno di entrare nel nuovo santuario. Questo era una soffitta molto povera dove abitava una madre malata; ma attraverso la finestra aperta entravano i caldi raggi del sole di Dio, belle rose si affacciavano dalla cassetta di legno sul tetto, e due uccelli azzurri come il cielo cantavano pieni di gioia, mentre la madre ammalata implorava la benedizione sulla sua figliola. Poi lui camminò carponi attraverso una macelleria piena fino all'orlo; vedeva carne e ancora carne, era il cuore di un ricco molto rispettabile il cui nome sicuramente si trova tra le persone importanti. Poi entrò nel cuore della moglie di questo, e vide una vecchia piccionaia cadente; il ritratto del marito veniva usato come segnavento e era stato collegato con le porte, in modo che queste si aprissero e si chiudessero non appena l'uomo si muoveva. Poi entrò in uno studio pieno di specchi, come quello che si trova nel Castello di Rosenborg, ma gli specchi ingrandivano terribilmente. In mezzo alla stanza c'era seduto, come un Dalai-Lama, l'insignificante Io di una persona, assorto nell'ammirare la propria grandezza. Quindi sembrò al dottorino di essere entrato in una casa stretta piena di aghi appuntiti, pensò che fosse il cuore di una vecchia zitella, ma in realtà era quello di un giovane militare che aveva avuto molte decorazioni, uno di quelli che si dicono uomini di spirito e di cuore. Completamente stordito, il giovane volontario uscì dall'ultimo cuore della fila e non riuscì a rimettere in ordine i suoi pensieri, gli sembrò che la sua fantasia, troppo ricca, gli avesse preso la mano. "Oh, Signore" sospirò "sto certo diventando pazzo! E poi qui fa un caldo insopportabile! Il sangue mi va alla testa!" E allora ricordò quei grandi avvenimenti della sera prima, come la sua testa si era infilata tra le sbarre di ferro dell'ospedale. ' È tutta colpa di quello! ' pensò. ' Devo subito correre ai ripari. Un bagno turco potrebbe essere una buona idea. Se solo mi trovassi già sulla panca più alta! ' E subito si trovò sulla panca più alta in un bagno di vapore, ma era là con tutti i suoi vestiti, con gli stivali e le soprascarpe; e le gocce bollenti di acqua dal soffitto gli cadevano sul viso. "Ahi!" gridò e si precipitò giù per farsi una doccia. Anche il guardiano si mise a gridare quando vide che c'era un uomo totalmente vestito là dentro. Il volontario aveva avuto tanto buon senso da sussurrargli: "È una scommessa!" ma la prima cosa che fece, quando tornò nella sua camera, fu di mettersi un gran foglio di carta vetrata sulla schiena e uno sulle spalle, affinché la pazzia uscisse da lui. Il mattino dopo si ritrovò con la schiena sanguinante, e questo fu tutto quanto guadagnò con le soprascarpe della felicità.