Fiabe tradizionali indiane - Il principe serpente.

(fiaba popolare di Ferozepur, nello stato federato del Punjab, India. Fonte di Andrew Lang: Il Maresciallo Campbell. Testo tradotto da me e distribuito con licenza CC 3.0 Italia. Per favore, vedasi note a pié di pagina.)

picture

(Immagine illustrativa: By Jenry J. Ford - P.D. via The Project Gutenberg. Passaci sopra il mouse per ingrandirla.)


«The Olive Fairy Book», 1907.

libro animato

C'era una volta, in una città, un'anziana terribilmente povera. Un giorno vide che in casa le era rimasta solo una manciata di farina, e purtroppo non aveva soldi per coprarne ancora, né speranza di guardagno; allora prese con sé una stoviglia d'ottone e s'avviò tristemente verso il fiume per prendere almeno un po' d'acqua da bere e per lavarsi, pensando che al ritorno a casa avrebbe cercato di mettere insieme una torta azima con quella poca farina rimastale, ben sapendo che dopo ciò non avrebbe avuto più nulla per sostentarsi. Prima di immergersi, depose il recipiente sull'argine del fiume, e per non farlo sporcare, lo coprì con un panno. Ma quando uscì fuori dall'acqua e tolse la stoffa per riempirlo, vide brillare la pelle di un serpente velenoso. Allora, lì per lì, rimise il panno al suo posto; richiuse il recipiente e lo lasciò stare, e intanto disse a se stessa: "Ecco, è la fine per me! La prossima volta che toglierò il coperchio, tu salterai fuori e mi morderai e io morirò. Almeno, le mie pene saranno finite." E fu con questi tristi pensieri che la povera vecchia se ne tornò a casa, tenendo cautamente tra le mani il contenitore. Quando fu in casa, chiuse bene tutte le porte e le finestre, e con il batticuore, rovesciò il barattolo, e quale fu la sua sorpresa quando vide, al posto del serpente, una magnifica collana scintillante! Rimase attonita e stupita, e per qualche minuto non riuscì a staccare gli occhi da quella meraviglia, poi si riebbe, e con le mani tremanti afferrò il gioiello, lo avvolse in un velo, e andò di corsa a chiedere udienza al Re. "Maestà, ho qualcosa di molto importante da dirvi!" Il Re acconsentì e la lasciò passare, e quando si trovarono a tu per tu, depose ai piedi del sovrano il velo che conteneva l'abbagliante collana; nel vederla, il Re rimase a bocca aperta per lo stupore, e ne fu tanto affascinato che la volle a tutti i costi, così, pagò alla vecchia ben cinquecento monete d'argento pur di averla. Pagata la somma, si mise subito la collana in tasca, e la vecchia poté tornarsene a casa tutta contenta, perché da quel giorno in poi non avrebbe più patito la fame per tutta la vita. Il Re, non appena ebbe terminato il suo daffare, corse a mostrare alla moglie il suo trofeo, che la rese ancora più raggiante del marito, e quando terminarono di rimirarla, la collana fu messa insieme al resto dei preziosi della Regina in un grande cesto, la cui chiave stava giorno e notte intorno al collo del Re.

Qualche tempo dopo, il Re fu invitato a partecipare a un solenne ricevimento in onore di una principessina appena nata in un altro regno; la Regina disse a suo marito che, naturalmente, avrebbe presenziato al banchetto indossando la sua nuova collana. Era rimasto poco tempo per i preparativi, e all'ultimo momento il Re andò a cercare la collana nel solito cesto, ma al posto del gioiello c'era, invece, un neonato maschio che si agitava e vagiva; il Re rimase scioccato da quella scoperta e non riusciva più a parlare. Alla fine gridò talmente forte che la moglie giunse correndo, tutta agitata al pensiero che qualcuno avesse potuto rubarle la collana. Trovò invece il Re che disse: «Guarda, guarda! Abbiamo sempre desiderato un figlio, e il Cielo ce ne ha mandato uno!» «Che dici? Sei matto?» rispose la moglie. «Matto io? Spero proprio di no.» disse, ballando, eccitato, davanti al cesto aperto. "Vieni qui a vedere! Guarda cos'ho trovato al posto della collana!» Anche il bimbo proruppe in un gridolino di gioia, quasi come se volesse mettersi anch'egli a danzare insieme al Re, e la Regina, nell'udirlo, emise un grido di sorpresa e corse davanti alla cesta. «Oh! Che meraviglia!» esclamò. «Da dove verrà mai?» «Non ne ho idea» rispose il Re; «tutto quel che so è che avevo messo qui dentro una collana, e quando sono venuto a prenderla, ci ho trovato questo bambino, ed è in verità il bimbo più bello che abbia mai visto.» «Che Dio lo benedica!» disse la Regina, che nel frattempo lo aveva preso in braccio; «è il più bell'ornamento che una regina possa avere. Scrivi subito al nostro vicino, e digli che non possiamo andare al suo ricevimento, poiché adesso ne abbiamo uno tutto nostro da organizzare! Finalmente abbiamo un figlio! Oh, che augusto giorno!» Così, il viaggio fu sospeso, e tutte le campane e le trombe del regno squillarono in onore del nuovo venuto, e tutta la popolazione festeggiò il grande avvenimento per un intera settimana; ovunque ci furono suoni, spari, tumulti, fuochi d'artificio e altre sfrenate e interminabili manifestazioni di gioia, come mai prima d'ora.

Trascorse qualche anno. Il figlio del Re e la principessina del regno vicino crescevano rapidamente. Un giorno i due sovrani decisero di fidanzare i loro figli, così cominciarono a pianificare il futuro matrimonio, e, tra interminabili scambi di documenti e promesse solenni, il patto fu firmato, sigillato e depositato. Passò altro tempo, e appena i due giovani ebbero diciotto anni, i padri decretarono che erano pronti per sposarsi. Il giovane principe partì alla volta del castello del futuro suocero, e laggiù i due si sposarono, tra gioia e tripudio.

Ora, dovete sapere che la vecchietta che aveva venduto la collana al re era stata richiamata a corte per fare da balia al principe, ma, nonostante fosse molto affettuosa e devota del suo pupillo, era pure un po' chiacchierona, e, infatti a corte cominciarono a diffondersi certi pettegolezzi sulla misteriosa nascita del giovane principe. E, alla fine, le voci giunsero anche alle orecchie dei suoceri.. così, la madre della ragazza, che era assai curiosa, la sera delle nozze disse alla figlia: «La prima cosa che devi fare è cercare di scoprire cosa c'è sotto. Però ricorda di non dire una sola parola a tuo marito finché non vorrà sapere da te il motivo del tuo silenzio; allora tu gli chiederai la verità sulla sua misteriosa nascita, e finché non accetterà di rivelartelo, tu continuerai a startene zitta.». La principessa promise alla madre che avrebbe fatto così, e, quando finalmente furono sposati, il principe volle parlare con sua moglie, ma ella non rispose. Non capiva cosa le prendesse e perché si rifiutasse di rivolgergli la parola; cercò allora di farla parlare della sua vecchia casa, ma inutilmente. Alla fine le chiese perché si comportava in quel modo ed ella rispose: «voglio conoscere il segreto della tua nascita.» A quelle parole il principe si rattristò molto e tanto si dispiacque, ma nonostante le ripetute insistenze di lei, continuò a non cedere e sempre rispondeva: «se te lo dico, te ne pentirai amaramente per il resto dei tuoi giorni.» Proseguirono così per diversi mesi, e fu un infelice matrimonio per entrambi: niente fra di loro fu come avrebbe dovuto essere, perché il marito mantenne il segreto e tra di loro calò un'ombra che rovinò l'atmosfera, ed era come se un'immensa nube avesse ovattato la luce del sole. Tutto si fece triste e cupo, finché un giorno il principe non ce la fece più e disse a sua moglie: «A mezzanotte ti racconterò tutto, se ancora vuoi sapere; ma ti avverto: te ne pentirai amaramente.» la principessa, però, era troppo felice per dare peso alle parole del marito.

Quella notte il principe diede ordine di sellare i cavalli per sé e per la sua sposa, e quando fu quasi mezzanotte si diressero insieme al fiume, fino al punto preciso in cui la vecchia balia aveva trovato il serpenti nel barattolo. Lì il principe tirò le briglie e disse tristemente: «Insisti ancora per sapere la verità?» La principessa rispose di sì ed egli disse: «se ora lo faccio, sappi che lo rimpiangerai per sempre.» ma ella insistette ed egli parlò. «Sappi, dunque, che vengo da un regno molto lontano, e per colpa di un incantesimo sono stato trasformato in serpente.» Non aveva ancora finito di parlare che subito scomparve; le acque del fiume ondeggiarono e si udì un fruscio, mentre nella pallida luce notturna, la principessa intravide un serpente nuotare e scomparire brevemente. Si ritrovò presto da sola. Attese in vano e con il cuore in gola l'evolversi della situazione, sperando nel ritorno dell'amato, ma non accadde più nulla, perché egli non tornò. Soltanto il vento soffiava tra i rami degli alberi in riva al fiume, tra le grida degli uccelli notturni e l'ululato di uno sciacallo a distanza, mentre il corso del fiume fluiva dolcemente. Fu ritrovata così, il mattino dopo, sciupata e desolata, sulla soglia del fiume, e a chi le chiese delle sorti del principe, non non seppe rispondere. Nessuno sapeva cosa ne fosse stato. L'infelice consorte ordinò che fosse costruita sulla riva del fiume una semplice capanna di pietra; lì vi si trasferì, come in lutto, portando con sé solo poche guardie ed ancelle al suo servizio. E da quel momento visse così, isolata dal resto del mondo, immersa giorno dopo giorno nel suo dolore, per molto, molto tempo. Non uscì più di casa, nemmeno per andare in giardino.

Un mattino, al risveglio, vide una macchia di fango fresco sul tappeto; mandò a chiamare le guardie che sorvegliavano la casa giorno e notte, per sapere se mai fosse entrato qualcuno nella stanza mentre dormiva. Risposero che nessuno mai avrebbe potuto accedere alle sue stanze, poiché i controlli erano talmente accurati che neppure un uccellino avrebbe potuto penetrare all'interno senza che se ne accorgessero. Eppure nessuno sapeva spiegare l'accaduto. Il mattino seguente, di nuovo la principessa trovò del fango umido sul tappeto, e tornò a interrogare insistentemente i suoi sorveglianti, ma nessuno seppe darle spiegazioni. La terza notte era determinata a rimanere sveglia per fare la guardia; e, per paura di addormentarsi, si punse un dito con un tagliapenna e sparse del sale sulla ferita, di modo che il bruciore che sentiva le avrebbe impedito di dormire, e infatti rimase vigile. A mezzanotte vide un serpente strisciare lungo il pavimento con in bocca un po' di fango del fiume, e quando fu vicino al letto, cominciò a strofinare la testa contro le lenzuola. La principessa si spaventò ma cercò di controllarsi e disse: «Chi sei? Che cosa fai qui?» E il serpente rispose: «Sono il principe, tuo marito. Sono venuto a trovarti.» Allora la principessa si mise a piangere, e il serpente disse ancora: «Ahimè! Te l'avevo detto, o no, che se ti avessi rivelato il mio segreto poi te ne saresti pentita?» «Sì, è vero!» rispose la povera principessa, «altroché se mi sono pentita! Lo rimpiangerò finché campo! C'è qualcosa che posso fare, adesso?» E il serpente rispose: «Sì, c'è qualcosa che puoi fare, se ne hai il coraggio.» «Farò qualsiasi cosa!» disse la principessa. «Allora, una di queste notti dovrai portare un'enorme scodella di latte e zucchero per ognuno dei quattro angoli di questa stanza. Tutti i serpenti del fiume verranno a bere il latte, e quello che capeggia la fila è la regina dei serpenti; tu dovrai aspettarla sulla porta, e dirle: "Oh, Regina dei Serpenti, Regina dei Serpenti, ridammi mio marito!" e forse lo farà, chissà.. ma bada: se avrai timore di lei e non l'affronterai, poi non potrai rivedermi mai più.» Detto questo, il serpente sgusciò via.

Qualche notte dopo, come le aveva indicato suo marito, la principessa fece portare nella sua stanza quattro grandissime ciotole di latte e zucchero; le mise ognuna ai quattro angoli della camera, e poi rimase in attesa sull'uscio. A mezzanotte si udirono dei sibili acuti e dei fruscii prolungati provenire dal fiume, e ben presto il terreno si riempì di ogni forma di terribili serpi dagli occhi scintillanti e dalle lingue biforcute. Si dirigevano in massa verso l'abitazione della principessa. In prima fila c'era un enorme e spaventoso viscido serpente che guidava la temibile processione. Sgomente, le guardie fuggirono via tutte quante, ma la principessa rimase immobile sulla porta, pallida come la morte, e tutta avviticchiata per la paura, pronta a gridare; stette quasi per svenire, e mancò poco che scappasse. Quando si avvicinarono e la videro sull'entrata, le belve alzarono le loro teste orrende, e cominciarono a strisciarle accanto finch'ella si ritrovò circondata; le lanciarono sguardi carichi di malevolenza, mentre avvelenarono l'aria con i loro respiri. La principessa stava ancora immobile sulla porta, e quando si ritrovò il capofila a pochi metri di distanza, ella recitò forte:

«Oh, Regina dei Serpenti, Regina dei Serpenti, ridammi mio marito!»

Allorché, tutta la folla di rettili, strisciando e contorcendosi, sembrò sussurrare: «Suo marito? Suo marito?» Ma la regina delle serpi avanzò fino a quando fu faccia a faccia con la principessa, e un istantaneo lampo di fuoco s'accese nei suoi occhi minuti. Di nuovo la principessa dalla sua postazione, ferma e immobile, esclamò:

«Oh, Regina dei Serpenti, Regina dei Serpenti, ridammi mio marito!»

Allora la regina delle serpi rispose: «Domani lo riavrai.» Nell'udire quelle parole, la principessa, finalmente appagata dalla vittoria, si trascinò via dall'uscio e piombò sul letto, svenuta. Come in un sogno, ella percepì che la sua stanza era piena di serpenti squamosi e struscianti che striscivano tutti intorno alle scodelle di latte fino a quando lo bevvero tutto. Infine se ne andarono.

La mattina dopo, la principessa si alzò di buon'ora e si tolse il vestito da lutto che aveva indossato per cinque lunghi anni, e mise degli altri vestiti, belli e luminosi. Poi, ripulì la casa da cima a fondo e la decorò con ghirlande e mazzolini di fiori profumati, e felci; curò ogni dettaglio, come se stesse organizzando una festa nuziale. E quando giunse la notte, illuminò il bosco e i giardini con delle lanterne, e a terra posò un grande tavola imbandita a festa, mentre in casa accese mille candele. Quando tutto fu pronto, si mise ad aspettare il ritorno del marito, senza sapere in quale forma si sarebbe mostrato, e a mezzonotte giunse dal fiume stridendo il giovane principe, radioso, e con gli occhi colmi di lacrime. Ella gli corse incontro piangendo e ridendo di gioia, e i due si abbracciarono. E fu così che il principe ritornò a casa, e il giorno dopo fecero entrambi rientro al palazzo reale. Il vecchio re pianse di gioia nel vederli, e le campane, che da allora non avevano più risuonato, riecheggiarono festose, accompagnate da botti e dal suono delle trombe reali, e ovunque esplosero gioia e festeggiamenti.

Infine, la vecchia tata del principe divenne la balia dei nuovi principini, ed anche se era ormai molto vecchia, riempì quei bambini d'amore e d'affetto, convinta, alla fine, di essere stata utile, in qualche modo, e questo la rallegrava. E naturalmente, ancora più felici furono il principe e la principessa, che nel frattempo erano diventati re e regina, e da quel giorno regnarono e vissero a lungo e prosperosamente.

(Traduzione dall'inglese di Valentina Vetere).

separatore grafico

Questa fiaba è stata esaminata e tradotta da me dall'inglese. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, seguendo le medesime condizioni regolate dalla licenza Creative Commons 3.0 indicata in questa pagina, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Si ricorda, inoltre, di non fare hot link sulle immagini. Grazie per l'attenzione. Valentina.

Licenza Creative Commons

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia

.

(Documento creato il 10 settembre 2013.)