Fiabe Classiche - F.lli Grimm: Cenerentola (Aschenputtel¹)

(testo annotato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

Cenerentola nella versione dei Grimm

(Immagine illustrativa: By Alexander Zick, photo by Adrian Michael [Public domain], via Wikimedia Commons.)

«Kinder und Hausmärchen» (n.21)

libro animato

C'era una volta un gran signore, la cui moglie si ammalò, e quando sentì che si avvicinava la sua ora, chiamò a sé la sua unica figlia e le disse: "Mia cara bambina, mantieniti sempre pia e buona, e vedrai che il buon Dio ti proteggerà; inoltre, io veglierò su di te dal cielo e ti resterò per sempre vicina." Così dicendo, chiuse gli occhi e spirò. La fanciulla andava ogni giorno a piangere sulla tomba della madre, e restò buona e pia. Quando venne l'inverno, una folta coltre di neve coprì il sepolcro, e non appena fu sciolta dal tiepido sole di primavera, il vedovo si risposò con un'altra donna. Questa signora portò con sé due figlie, belle in volto ma perfide d'animo, e da quel momento, la vita della povera fanciulla si fece triste e dura. "Perché quella stupida oca deve stare con noi in salotto?" dicevano. "Dovrà guadagnarselo, il pane quotidiano. In cucina con i servi, sguattera!" Così, le strapparono i bei vestiti, e al loro posto le fecero indossare un vecchio camicione grigio e degli zoccoli. "Eccola qui, la gran principessa! Guardatela, com'è conciata!" gridarono, deridendola, mentre la relegarono in cucina. E da quel giorno, la poveretta dovette lavorare duramente da mattina a sera; costretta ad alzarsi prima dell'alba, doveva trasportare l'acqua, accendere il fuoco, cucinare e lavare, e, oltre a questo, le sorelle facevano di tutto e di più per umiliarla e ferirla. Si prendevano gioco di lei, sparpagliando piselli e lenticchie nella cenere, costringendola poi a coricarsi per raccoglierli uno ad uno. La sera, dopo che aveva sgobbato tutto il giorno, non aveva neanche un letto dove dormire, ed era costretta a coricarsi presso la cenere del focolare; e poiché era sempre impolverata e sporca, cominciarono a chiamarla Cenerentola. Un giorno accadde che il padre dovette partire per la fiera, e chiese alle sue figliastre cosa volessero. "Bei vestiti", disse una; "Perle e gioielli", rispose l'altra. "E tu, Cenerentola, che cosa vuoi?" "Babbo, spezzate per me il primo ramoscello che vi urterà il cappello sulla via del ritorno." Pertanto, il padre comprò perle, gioielli e begli abiti per le due figliastre, e durante il viaggio di ritorno, mentre cavalcava in un verde boschetto, una verga di nocciolo lo urtò, sollevandogli il cappello: così, egli spezzò il rametto e lo portò a casa. Rientrato, consegnò alle figliastre i doni che avevano chiesto, e diede a Cenerentola la verga di nocciolo. La figlia lo ringraziò, poi, si recò sulla tomba della madre, vi piantò sopra la verga, e pianse così tanto che le lacrime vi caddero sopra, bagnandolo; così, il ramoscello crebbe e divenne un bell'albero. Cenerentola andava tre volte al giorno sulla tomba materna, continuando a piangere e a pregare, e sull'albero di nocciolo si posava sempre un uccellino bianco, che esaudiva ogni desiderio che la fanciulla esprimeva. Un giorno accadde che il re proclamò una gran festa da ballo che sarebbe durata per tre giorni. Tutte le belle fanciulle del reame furono invitate, in modo da permettere al principe di scegliersi una sposa, e quando l'invito giunse a casa di Cenerentola, le sue sorellastre saltarono di gioia; chiamarono la fanciulla e le dissero: "Pettinaci i capelli, spazzola le nostre scarpe e allacciaci le fibbie. Noi andiamo al ballo al castello del re." Cenerentola ubbidì, ma pianse, perché anche a lei sarebbe piaciuto andare con loro alle danze, e pregò la matrigna di darle il permesso. "Tu, Cenerentola? Tu, tutta coperta di cenere e sporcizia, vorresti andare al ballo? Tu, che non hai neanche un paio di scarpe, vorresti ballare!" rispose. Ma siccome la fanciulla insistette, alla fine la matrigna disse: "Ho sparpagliato una scodella di lenticchie nella cenere: se riuscirai a raccoglierle in due ore, allora potrai veniere con noi." La ragazza uscì dalla porta sul retro, andò in giardino e gridò:

"Venite, belle colombelle,
venite, uccelletti e tortorelle
aiutatemi a raccogliere le lenticchielle
quelle buone nel vasetto
quelle cattive nel gozzetto."

Due colombi bianchi entrarono dalla finestra della cucina, poi fu la volta delle tortore, e infine, tutti gli uccelli del cielo arrivarono frullando le ali, e brulicarono tutti intorno alla cenere. I piccioni, le tortore e tutti gli uccelli cominciarono a beccare i grani, e a separarli dalla cenere finché riempirono il vaso. In meno di un'ora ebbero terminato, e alla fine volarono via. Cenerentola portò il vaso alla matrigna, felice, sperando di poter andare così al ballo, ma quella le rispose: "No, Cenerentola, non hai vestiti e non sai ballare. Riderebbero tutti di te." La fanciulla si mise a piangere, e la matrigna disse: "Potrai venire, a patto che tu riesca a riempire due scodelle di lenticchie, raccogliendole dalla cenere del camino in un'ora." E dicendo così, pensava, convinta, che la figliastra non ci sarebbe mai riuscita. Cenerentola uscì dalla porta sul retro, andò in giardino e gridò:

"Venite, belle colombelle,
venite, uccelletti e tortorelle
aiutatemi a raccogliere le lenticchielle
quelle buone nel vasetto
quelle cattive nel gozzetto."

Di nuovo, due colombi bianchi entrarono dalla finestra della cucina, insieme alle tortore e a tutti gli altri uccelli del cielo. Vennero tutti frullando le ali, e brulicarono nella cenere, e, una ad una, beccarono tutte le lenticchie e le riposero nelle scodelle. In mezz'ora ebbero terminato, e volarono via. La fanciulla prese le lenticchie e le portò alla matrigna, felice, pensando che questa volta avrebbe ottenuto il permesso di andare con loro alla festa. Ma la matrigna disse: "E' inutile. Non verrai con noi, perché non hai vestiti, e non sai ballare, e ci faresti vergognare." Detto questo, le voltò le spalle e corse via con le figlie raggianti. Ora che in casa non era rimasto nessuno, Cenerentola si recò presso il nocciolo che era cresciuto sulla tomba di sua madre, e disse:

"Alberello, sgrullati e scuotiti,
d'oro e d'argento coprimi."

E l'uccelletto le lanciò un bellissimo abito tutto d'oro e d'argento, con pantofole ricamate anch'esse d'argento e oro. Si vestì in fretta e andò alla festa. Era così bella nel suo abito scintillante, che la sua matrigna e le sorellastre non la riconobbero, e pensarono che fosse una principessa straniera. Non avrebbero mai pensato a Cenerentola, perché pensavano che fosse ancora tutta sporca e accovacciata fra la cenere a raccogliere le lenticchie. Il principe andò da lei, la prese per mano e ballò tutta la sera con lei; non volle nessun'altra. Non la lasciò mai, e a tutte le fanciulle che gli domandavano un ballo, rispondeva: "E' lei la mia compagna di ballo." Ballò con lei fino a notte, finché ella volle tornare a casa, e il principe voleva accompagnarla, per vedere dove abitava, ma lei scappò e balzò nella colombaia. Il principe attese il ritorno del padre, e poi gli raccontò che una fanciulla sconosciuta si era rifugiata nella colombaia, e quello pensò che potesse trattarsi di Cenerentola. Così, si fece portare un'ascia e un piccone per fare a pezzi la colombaia, ma non c'era dentro nessuno. Quando rientrarono in casa, trovarono Cenerentola coricata tra la cenere, tutta sudicia nei suoi stracci abituali, con la stanza illuminata a malapena da una lampada ad olio. Infatti, Cenerentola aveva fatto in tempo a saltare sulla piccionaia e da lì sul nocciolo; lì si era spogliata e aveva depositato il suo bell'abito sulla tomba della madre, dove l'uccelletto l'aveva ritirato, e subito si era rimessa i vecchi stracci ed era ritornata fra la cenere del camino. Il giorno dopo, la festa ricominciò. Andarono di nuovo tutti al ballo, e Cenerentola tornò dal nocciolo e disse:

"Alberello, sgrullati e scuotiti,
d'oro e d'argento coprimi."

E l'uccelletto le lanciò un abito ancora più meraviglioso del precedente; quando la fanciulla si presentò a palazzo così agghindata, rimasero tutti incantati dalla sua bellezza. Il principe, che l'aspettava, la prese immediatamente per mano e ballò soltanto con lei; se qualche altra fanciulla gli domandava un ballo, egli rispondeva: "E' lei la mia compagna di ballo." Quando fu ora di tornare a casa, il principe volle seguirla per vedere in quale casa entrava, ma ella scappò in fretta e furia infilandosi in giardino. Lì, c'era un grande albero da cui pendevano delle magnifiche pere, e lei, svelta come uno scoiattolo, si arrampicò sui rami, senza farsi vedere da lui. Aspettò che il padre tornasse a casa, e poi gli disse: "La fanciulla sconosciuta mi è scappata, e credo che si sia arrampicata sul pero." Il padre pensò che si trattasse di Cenerentola; si fece portare di nuovo l'ascia e abbatté l'albero, senza trovarvi la figlia, perché ella, svelta svelta, era scesa giù dall'altra parte, aveva ridato all'uccelletto il suo bel vestito, e si era rimessa il vecchio camicione. Quando entrarono in cucina, la trovarono che stava accovacciata tra la cenere come al solito. Il terzo giorno, mentre tutti erano al ballo, Cenerentola andò di nuovo sulla tomba della madre e disse all'albero:

"Alberello, sgrullati e scuotiti,
d'oro e d'argento coprimi."

Questa volta l'uccelletto le lanciò un abito grandioso, che era ancora più splendido di tutti quelli che aveva indossato nei giorni precedenti, e ai piedi calzava un paio di pantofole d'oro puro. Quando giunse alla festa così meravigliosamente vestita, tutti ne rimasero ammirati, non immaginando chi lei fosse; il principe volle ballare di nuovo solo con lei e a tutte le altre pretendenti, rispondeva: "E' lei la mia compagna di ballo." Quando fu sera, Cenerentola volle andarsene, ed il principe volle accompagnarla, ma ella scappò via così velocemente che non poté seguirla. Tuttavia, era ricorso ad una trappola: aveva disposto che la scala fosse spalmata di pece, così, quando Cenerentola scese in fretta e furia, la pianella sinistra rimase appiccicata sui gradini, e il principe la raccolse; era minuta e raffinata, così, d'oro puro. Il mattino seguente, la portò a casa del padre di Cenerentola, e gli disse: "Sposerò la fanciulla che riuscirà a calzare questa scarpa d'oro." Le due figlie della matrigna furono molto felici, poiché avevano entrambe dei piedi graziosi. Con la madre accanto, la sorellastra maggiore prese la scarpa e se la portò in camera per indossarla, ma non riuscì a calzarla perché era troppo piccola per i suoi piedoni; allora la madre prese un coltello e le disse: "tagliati il dito del piede, tanto, quando sarai regina non dovrai più camminare." La ragazza si tagliò quindi un dito del piede, forzandolo a entrare nella scarpa; inghiottì il gran dolore che sentiva, e si mostrò al principe. Egli la fece montare sul suo cavallo in qualità di sposa e andò via con lei; ma prima di allontanarsi, dovettero passare vicino alla tomba della madre di Cenerentola, e lì, sul nocciolo, si erano posati due piccioni, che gridarono:

"Scaccomatto, scaccomatto!
Il piede è insaguinato e questo è un fatto.
La scarpa è troppo stretta,
la vera sposa è ancor nella casetta!"

Allora, il principe osservò bene il piede e vide il sangue che colava, così, girò il cavallo e riportò la falsa sposa a casa, facendo notare che non era quella giusta. Allora fu la volta della sorella germana; portò la scarpetta in camera sua, e riuscì a calzare perfettamente le dita dei piedi, ma il calcagno era troppo grosso. Allora la madre prese il coltello, e disse: "Tagliatene un pezzo. Quando sarai regina, non ti servirà più per camminare." La ragazza si recise un pezzo di calcagno, e, forzando, riuscì a far entrare il piede nella scarpa, e, ingoiando il dolore, si presentò al principe, il quale, la prese con sé come sposa e la portò via. Quando passarono davanti al nocciolo, i due piccioni cominciarono a vociare:

"Scaccomatto, scaccomatto!
Il piede è insaguinato e questo è un fatto.
La scarpa è troppo stretta,
la vera sposa è ancor nella casetta!"

Di nuovo, il principe vide il sangue che colava dalla scarpa, che aveva macchiato di rosso l'abito bianco; così, girò i tacchi e riportò la falsa fidanzata a casa. "Neanche questa è quella giusta" disse. "Non avete altre figlie?" "No" rispose il padre, "c'è soltanto una piccola fanciulla che se ne sta sempre accovacciata tra la cenere, e che è figlia della prima moglie che mi è morta, ma è impossibile che sia lei la vera sposa." Il principe chiese di mandarla a chiamare, ma la matrigna rispose: "Oh, no, è troppo sporca, non può presentarsi in queste condizioni." Ma il principe insistette, e alla fine dovettero chiamare Cenerentola. Lei, prima, si ripulì il viso e le mani, e poi, con un inchino, si presentò al principe; egli le diede da indossare la scarpa d'oro, ed ella, seduta su una seggiola, tolse il piede dal pesante zoccolo, e lo infilò nella scarpetta, calzandola perfettamente. Quando fu in piedi davanti a lui, il principe la guardò in viso e riconobbe in lei la bellissima fanciulla che aveva danzato con lui, e subito esclamò: "E' lei, è lei la mia vera sposa!" Allorché, la matrigna e le sorellastre rimasero inorridite e impallidirono dalla rabbia. Il principe prese con sé Cenerentola, la fece montare sul suo cavallo e corse via con lei; passando accanto al nocciolo, i due colombi bianchi esclamarono:

Evviva, evviva!
Non più sangue dalla scarpina.
La scarpetta calza perfetta,
Porti con te la sposa diletta.

Dopo aver proferito tali parole, entrambi i colombi si posarono sulle spalle di Cenerentola, uno alla destra, l'altro alla sinistra, e lì rimasero. Il giorno delle nozze, le due cattive sorellastre si fecero avanti, con la speranza di conquistare il favore di Cenerentola e dividere con lei le sue fortune. Quando gli sposi entrarono in chiesa, la maggiore si trovava alla sua sinistra, e la minore alla sua destra; in quel mentre, i due piccioni cavarono loro un occhio per uno. Quando uscirono di chiesa, cavarono anche gli altri due occhi, lasciandole cieche del tutto. E in questo modo, furono punite per tutta la vita per la loro falsità e crudeltà.

(Traduzione dall'inglese di Valentina Vetere.)

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Annotazioni

¹«che rimesta nella cenere». La seconda parte del composto è connessa col verbo «putteln» = "sbattere di qua e di là in un liquido, nella polvere o nel fango", qui, nella cenere. Questo nome, in origine proprio del dialetto dell'Assia, si dà tuttora a una fanciulla che abbia delle buone qualità e tuttavia sia spregiata e costretta ad umili servigi; ma si adopera spesso anche nel senso di Küchenjunge ("sguattero") e Küchenmädchen ("sguattera, lavapiatti") e in genere alla persona trascurata, che attenda i lavori più umili e più umilianti. [Fonte della nota: il Web.]

In questa pagina si riporta la versione finale stampata nella settima edizione delle Märchen (anno 1857). Tuttavia, come annota il Prof. Ashliman, la fiaba, nella prima stesura del 1812, fu sostanzialmente revisionata già nel 1819. Al testo furono apportati alcuni cambiamenti, più o meno importanti. Ma il dato principale da rilevare, è l'assenza totale della scena finale del matrimonio con i colombi che accecano le sorellastre; paragrafo del tutto assente nella prima stesura, ed aggiunto successivamente.

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Testo da me annotato e tradotto in italiano. La fonte della mia disamina è l'edizione in lingua inglese, curata e tradotta dal tedesco, dal Professor D. L. Ashliman, ex-docente dell'Università di Pittsburgh, e reperibile a questo link. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Qualora dovessi accorgermi che questa, o qualsiasi altra traduzione svolta di mio pugno, fosse presente in qualunque Sito senza espressivo riferimento a Paroledautore.net, potrei facilmente decidere di mandare un email al webmaster, amministratore, proprietario, o gestore del sito, con richiesta precisa di citazione della fonte, mentre per quanto riguarda un eventuale hot link sulle immagini presenti in questa pagina, potrei prevedibilmente optare per un cambiamento dell'indirizzo della stessa, o modifica del nome.

Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato ex-novo il 18 ottobre 2011)

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