Fiabe Classiche - Fernán Caballero: La principessa Bel Fiore (Bella-Flor¹)

(fiaba spagnola presente anche nei Fairy Books di Andrew Lang. Testo esaminato, annotato, e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

illustrazione fiaba

(Immagine illustrativa: By Henry J.Ford in «Orange Fairy Book», 1906. Via Vintage Printable. Passa il mouse sull'immagine per ingrandirla.)

«Cuentos, adivinanzas y refranes populares», 1921

libro animato

C'era una volta un padre che aveva due figli; il maggiore partì come soldato per l'America, dove rimase molti anni. Quando tornò, suo padre era morto e suo fratello sfruttava l'eredità, e divenne molto ricco. Tornando a casa, lo vide mentre scendeva le scale, e gli domandò: "Non mi riconosci?" Il fratello gli rispose scortesemente di no; lui allora si fece riconoscere, e poi suo fratello gli disse di andare nel granaio, perché lì c'era un'arca² che gli aveva lasciato il padre in eredità. Detto questo, se ne andò per i fatti suoi. La cassa era piuttosto vecchia, e il ragazzo si chiese: 'e adesso, che cosa me ne faccio di questo vecchio rudere? Però, se questa è la volontà del Signore, forse mi sarà utile per fare un bel falò, così potrò scaldarmi. Fa un freddo!" Si caricò l'arca sulle spalle e se ne tornò alla locanda, e armatosi di ascia, prese a fare a pezzi il mobile, quando, da un cassetto segreto, cadde un foglio misterioso; il giovane lo aprì, e vide che era un documento che attestava che suo padre era entrato in possesso di un'ingente somma di denaro. Il figlio la incassò, e divenne molto ricco. Un giorno incontrò per la strada una donna che piangeva a calde lacrime; le domandò che cosa avesse, ed ella gli rispose che suo marito era gravemente malato, e che non solo non aveva denaro per curarlo, ma anche che rischiava di finire in carcere perché non potevano pagare i debiti. "Non si affligga" le disse José³;, "suo marito non finirà in carcere, né dovrete vendere i vostri averi, perché sistemerò tutto io: pagherò io per voi i vostri debiti, e pagherò anche le spese mediche, compreso il suo funerale, se proprio non dovesse guarire." E così fece; ma dopo aver pagato anche il funerale a quel poveretto, che morì, il giovane si ritrovò senza un soldo: tutta la sua eredità era stata impiegata in quell'opera buona. "E adesso, cosa faccio?" si chiese tra sé e sé; "dal momento che non mi resta più neanche da mangiare, mi metterò al servizio del re." Così, si fece assumere come servitore al palazzo reale, e si comportò così bene, che il re lo prese tanto a benvolere che lo promosse a Ciambellano. Nel frattempo, il suo ingrato fratello era diventato povero, e così gli scrisse pregandolo di aiutarlo, e siccome José era molto buono di cuore, supplicò il re di impiegarlo a corte, e il re glielo concesse. Il cattivo fratello, tuttavia, anziché provare gratitudine per il bene ricevuto, cominciò a provare invidia per la posizione di fiducia che José ricopriva, e si ripropose di fargliela perdere; cominciò a fare domande tra i cortigiani, e venne a sapere che il re era follemente innamorato, non ricambiato, della principessa Bel Fiore, la quale, non lo voleva poiché era vecchio e non più di bell'aspetto. Seppe anche che la principessa si era rintanata in un castello nascosto tra le fratte, nessuno sapeva dove. Così, il cattivo fratello andò a riferire al re che José sapeva dove si trovava la principessa, e che le scriveva in segreto. Allora il re andò in collera e mandò a chiamare José ordinandogli di condurre al palazzo la principessa Bel Fiore, e gli disse che se non lo avesse fatto, lo avrebbe fatto impiccare. Il poveretto, sconsolato, andò alla scuderia per prendere un cavallo e partire all'avventura, alla ricerca di Bel Fiore, e lì, incontrò un cavallo bianco, vecchio e debole, che gli disse: "Prendi me, e non preoccuparti di nulla." José rimase strabiliato nel vedere un cavallo parlante, ma montò su di lui senza protestare, e prima di partire il cavallo gli disse di portarsi dietro tre pagnotte di pane. Dopo aver cavalcato per un bel tratto di strada, incontrarono un formicaio, e il cavallo gli disse: "Lancia alle formichine il pane, così potranno mangiare." "Ma a che pro?" rispose José, "così restermo senza cibo." "Fai come ti dico" replicò il cavallo, "e non stancarti mai di far del bene." Poi proseguirono il cammino, e incontrarono un'aquila che era rimasta intrappolata nella rete di un cacciatore. "Smonta" disse il cavallo, "e taglia le maglie della rete e libera quella povera bestia." "Ma così perderemo tempo" obiettò José. "Dammi retta e fa' come ti dico e non stancarti mai di far del bene." Poi proseguirono il cammino, finché videro un pesciolino che era rimasto in secca sul bordo del fiume, che, per quanto si dimenasse per paura di morire, non riusciva a tornare in acqua. "Smonta" disse il cavallo, "raccogli quel povero pesciolino e ributtalo in acqua." "Ma non abbiamo tempo da perdere, noi" contestò José; ma il cavallo rispose: "C'è sempre tempo per fare un'opera buona, e non stancarti mai di far del bene." Di lì a poco, arrivarono a un castello nascosto tra una selva oscura, e lì videro la principessa Bel Fiore mentre lanciava la crusca alle galline. "Ora, ascoltami bene" disse il cavallo bianco, "ora io mi metterò a fare salti e piroette per intrattenere la principessa; poi lei ti chiederà di lasciarle fare una cavalcata su di me; tu rispondile di sì, e quando mi avrà montato, io comincerò a nitrire e a scalciare, così, lei si spaventerà, e tu le dirai che faccio così perché non sono abituato a essere montato dalle donne, e che dovrai prendere tu le briglie, così io mi calmerò. Tu mi salirai in groppa e io, svelto come un razzo galopperò fino al palazzo del re." E tutto andò esattamente come il cavallo bianco aveva predetto, e solo allora la principessa Bel Fiore capì di essere stata rapita dal bel cavaliere. Così, lasciò cadere la crusca che aveva in mano, rovesciandola, e disse al suo rapitore di raccoglierla, ma lui rispose: "Dove stiamo andando c'è tutta la crusca che volete." Così, passando sotto a un albero, la principessa lanciò in alto il suo fazzoletto, che rimase impigliato tra i rami alti, e disse al cavaliere di smontare da cavallo e di arrampicarsi per recuperarlo; ma José le rispose: "Dove stiamo andando, c'è abbondanza di fazzoletti." Poi attraversarono un fiume e la principessa lasciò cadere un anello nell'acqua, e ordinò al suo cavaliere di scendere da cavallo e di andare a ripescarglielo; ma egli rispose che là dove erano diretti, avrebbe trovato anelli in abbondanza. Finalmente arrivarono al palazzo del re, il quale si rallegrò molto nel vedere la sua amata Belfiore, ma lei si richiuse a chiave in una stanza, e non lasciò entrare nessuno. Il re la supplicò di aprire la porta, ma ella rispose che non avrebbe aperto a nessuno fino a quando non le avessero riportato i tre oggetti che aveva perduto durante il viaggio. Allora il re disse a José: "Dovrai andarci tu, che sai dove si trovano: non c'è altra maniera. Se non lo fai, ti farò impiccare." E il povero José se ne andò tutto afflitto nelle scuderie, a raccontare tutto al cavallino bianco, che gli disse: "Non ti angustiare, montami e andiamo a cercare." Si misero in cammino; ben presto arrivarono al formicaio. "Vuoi recuperare la crusca?" gli domandò il cavallo; "non dovrei, forse?" rispose José. "Allora, chiama le formichine e dì che te la portino: se anche quella che aveva in mano la principessa è andata perduta, esse ti porteranno le briciole del pane che tu lanciasti loro, e non saranno poche." E così fu: le formiche, riconoscenti, si diedero da fare, e gli portarono un mucchio di crusca. "Lo vedi?" disse il cavallo bianco, "chi fa del bene, presto o darti ne raccoglie i frutti." Poi, arrivarono all'albero sul quale Belfiore aveva lanciato il fazzoletto, e che ondeggiava come una bandierina tra i rami più alti. "E adesso come faccio a recuperarlo? Ci vorrebbe una scala altissima" si lamentò José. "Non preoccuparti" rispose il cavallo, "chiama quell'aquila che liberasti dalla rete del cacciatore, e lei te lo recupererà." E così fu: l'aquila venne, afferrò con il becco il fazzoletto e lo mise nelle mani di José. Poi giunsero sulle sponde del fiume, che in quel momento era in piena. "E adesso come farò a recuperare l'anello dal fondo del fiume? Se non sale a galla.. non sappiamo neanche in quale punto preciso lo lanciò la principessa" disse José. "Non ti lamentare anzitempo; chiama quel pesciolino che ributtasti nell'acqua, e ci penserà lui a trovarlo." E così fu: il pesciolino si tuffò in fondo al fiume e risalì a galla tutto contento dimenando la codina, con l'anello in bocca. Recuperati tutti e tre gli averi della principessa, José poté far rientro al castello, felice; ma quando glieli consegnarono, la principessa disse che non sarebbe uscita dalla sua stanza se prima non friggevano nell'olio bollente il malandrino che l'aveva rapita. E il re fu tanto crudele che acconsentì alla richiesta, e disse a José che era condannato a morire fritto nell'olio rovente. Allora il povero giovane si rifugiò disperato nelle scuderie e raccontò al fedele cavallo bianco quello che gli era successo. E quello gli disse: "Non affliggerti e montami: io correrò tanto forte e suderò; tu dovrai bagnarti il corpo del mio sudore, e poi lasciati buttare fiducioso nel calderone. Vedrai che non ti accadrà niente." E così fu. Quando uscì dal calderone, venne fuori un giovane così bello e affascinante, che tutti rimasero a bocca aperta dallo stupore. E più di tutti la principessa Belfiore, la quale s'innamorò di lui.

Allora il re, che era vecchio e brutto, nel vedere che José era diventato un suo rivale, pensando di poter diventare anch'egli bello e aitante e di far innamorare Belfiore, si tuffò nel calderone e morì ustionato. Allora la corte proclamò il Ciambellano José nuovo re, ed egli si sposò con Belfiore. Quando si recò dal suo fedele cavallo per ringraziarlo dei suoi servigi, il cavallino bianco gli disse: "Io sono l'anima reincarnata di quell'infelice che tu aiutasti, pagandogli le cure e il funerale, spendendo per lui fino all'ultimo centesimo. Quando ti vidi nel bisogno e nel pericolo, chiesi a Dio il permesso di soccorrerti a mia volta, per ricambiare il bene che mi facesti. Per questo ti ho detto tante volte, e ancora una volta te lo ripeto, non stancarti mai di far del bene."

(Traduzione dallo spagnolo di Vale76.)

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Annotazioni

¹in spagnolo, nome proprio composto da un aggettivo e un sostantivo, entrambi femminili, mentre in italiano la parola «fiore» è maschile.

²Mobile, usato specialmente nell'età antica e nel medioevo, a forma di cassa: di uso sacro, come quelle, talora preziose per materia e per lavoro, destinate a conservare le reliquie, o di uso profano, come quelle che servivano a contenere vesti, denaro e altri oggetti necessari alla vita domestica; con quest'ultima destinazione, l'arca è rimasta nell'arredamento rustico, spec. nelle regioni (per es., Sardegna) ove l'artigianato ha mantenuto le sue tradizioni.

Fonte: Vocabolario Treccani.

³Corrispettivo del nome italiano «Giuseppe».

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Questa fiaba è stata da me annotata, esaminata e tradotta dallo spagnolo. La fonte originale in lingua spagnola, per chi volesse leggerla, è reperibile a questo link. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato il 31 ottobre 2011.)