Pasquale Fiorentino - Confessioni ad Atena

libro animato

Cantami, oh dea, ciò ch'io vidi allorquando
il leggiadro passero alleviava
li giorni e le notti sì buie levando

quel dolceamaro canto che portava
con rimpianto ai giorni più gai e felici.
Sorreggi la mano che riposava,

ma che mai è stata sorda a ciò che dici
come te sempre attenta alle richieste
valse di più d'ogni altri buoni auspici.

E tu, che guidi il carro che riveste
Il cielo e il basso ed effimero mondo,
città grandi e piccole e foreste,

con luce calda, ma che non a fondo
aiuta il diffidente occhio umano
pur cieco a questo tutto più che immondo,

illumina, come in tempo lontano
facevi con le menti dei scrittori
distinti da ogni altro uomo sì villano

grazie a quei tanto a te cari allori
che a mo' di corone, su lor capi
ne facevano più grandi signori,

lo mio impegno simile a quello d'api
che preparano quel dolce nettare
pur a corrotti imperatori e papi

destinato. Non sto a desiderare
le foglie di colei da te tanto amata,
per cui fatale fu il tuo amare,

perché lontana da essere onorata
è la mia testa con quei retti doni;
proteggi quest'arte ormai abbandonata,

ti chiedo invece a pieni polmoni,
per tener vivo il glorioso passato
di te ricco e di gloria che disponi.

D'un tratto il Vento s'era arrestato:
ferme, come se fossero dipinte,
stavano le foglie che, dal velato

soffio, un attimo prima erano spinte.
Né si udivano i ruscelli vicini
tant'è che l'acque sembravano vinte

da forze prodotte da esser divini.
Ma era l'inerzia del Tempo, avverso
Tanto più ai vecchi che ai bambini,

che si fermò perché si sentì perso
per ciò ch'egli vide apparire.
Spiccò il volo una civetta verso

quel passero intento a colorire
La mia buia e fredda esistenza col canto
che pur nell'aere prese a svanire.

Vidi che d'altri fu violato il manto
del prato ricco di fior non sbocciati
ignari della vita e del suo pianto.

Su di me i suoi occhi furon puntati,
legato ancor con la fredda catena
e io ricambiai con i miei rassegnati.

Fu colei di bellezza e luce piena.
Come la burrasca una imbarcazione
per l'immenso mare ovunque mena,

così quel guardo ricco d'attenzione
prese l'anima con forza violenta
provando paura e preoccupazione.

E io cominciai a parlar con voce lenta:
-Chi, pur con queste vestigia guerriere
e con aria più vigile e attenta,

conserva le guance di beltà vere
e i lineamenti d'unica dolcezza?
Chi, come quelli di folte criniere,

ha su di me il guardo pien di fierezza,
ma che non è di umiltà alieno?
Chi, da me colmo nemmen di tristezza,

viene rendendo calmo e sereno
pur il paesaggio dalla noia ucciso?-
E col volto un poco più ameno

disse accennando un confortante riso:
-Tu hai già dentro di te la risposta:
sai, ma il volere ti ha diviso.

Come il marinaio che la natia costa
lascia e vede triste più distante,
tal sensazion nell'animo e riposta.

Scegliesti il tuo viaggio determinante
con gaudio e orgoglio sempre più accesi,
ma alla partenza paura preoccupante

fece i tuoi occhi prima vivi, or tesi.
Del leone di corretta presunzione
il forte ruggito un tempo intesi,

ma ora, morta l'ardente passione,
odo in te della bestia il suo riposo.
Per una tua sol considerazione

ancora più debole il tuo io orgoglioso
divenne, mentre la paura più forte:
il Poeta, di cui tu sei rispettoso,

fu spaventato dall'oscura sorte
che gli ostacolò la via con tre fiere
che conducono alla vera morte.

Un di questa, come puoi ben sapere,
è un leone il quale sol con la presenza
fa tremar le poche anime sincere.

E tu, un di queste, sotto ubbidienza
mettesti il feroce animale
che cedette così alla resistenza.

Ora credi di aver taciuto il male,
ma la caten usata per domare
quel che tu credi sia un'onta mortale,

da tempo t'impedisce di sperare.
Prendi a considerare la tua natura:
nella calda stagion, figlio del mare,

nascesti, proprio sotto la sua cura.
Alta in ciel era la sua calda stella
quando iniziasti l'esistenza impura

e decise di far luce in te quella
che fa don di sé ai sol nobil di cuore.-
Con un cenno, dopo questa favella,

venne da lei con leggero clamore
la civetta regina d'ogni sera.
E continuò ora con molto più ardore:

-Desta colui dalla folta criniera
perché il tuo è e sempre sarà un cuor di leone!-
Disse ciò e andò via in groppa a una chimera.

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Metro: terzine dantesche a versi endecasillabi con rima incatenata.