Novelle e Racconti da Autori Emergenti - Gelsomina Vecchiato - La vera storia della Befana

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Ho già parlato, in un altro racconto, di quanto la mia famiglia fosse povera quando io ero piccola,di quanto poco ci fosse a disposizione in tutti i campi: sia di cibo, vestiario, giocattoli, regali. Avevo, però una sorella molto più grande di me che, nonostante le ristrettezze, riusciva, almeno una volta l'anno, in occasione della Befana, a trovare dei soldi per un regalino ad ognuno della famiglia, da mettere nella calza. Sicuramente li ricavava dalla paghetta settimanale che mio papà dava a tutti noi. Era un rituale, per mio padre, fare la paghetta a noi figli. La dava sempre di domenica, non direttamente in mano nostra, metteva il denaro in un posticino della credenza, una cavità tra le ante, dove c'era la sveglia. Faceva sei mucchietti, tutti di cifra divisa in base all'età senza metterci il nome, tanto noi già sapevamo quali erano i nostri. Essndo la più piccola, i miei erano sempre quelli con la cifra minore..Adesso che ci penso, non ho mai sentito dire a nessuno, me compresa, "Grazie papà;" Quanto poco dialogo c'era tra noi e nostro padre! A me questo ancora manca, considerato che poi ci ha lasciato precocemente. Fosse ora, saprei io come dialogare con lui, come coinvolgerlo nei mio interiore o entrare nel suo, appassionato di politica com'era: la vita, invece, ha deciso per tutti, portandocelo via presto, senza appello.

Dicevo, dunque, di mia sorlla che aveva questa, chiamiamola finezza, nei confronti dei suoi fratelli e sorelle, in occasione della Befana: non ha mai mancato una volta nel fare a noi tutti una calza! Magari piena di frutta, tuberi di pannocchia o qualche pezzo di legno, però nel fondo, trovavi sempre un pensiero, anche solo un temperino nuovo. Me ne ricordo di uno rosso, fatto a clessidra : era bellissimo! A dire il vero, io sapevo sempre con largo anticipo, cosa avrebbe messo nelle calze della Befana. Nascondeva i regali, nel cassetto del vecchio comò tra i suoi indumenti e, quando era al lavoro, approfittavo per curiosare, rimettendo poi tutto in ordine perché non si accorgese di niente: chissàse davvero non aveva mai immaginata nulla?.. La sua strategia era ormai nulla. La sera prima della Befana, si chiudeva in camera sua per preparare le calze. Ad un certo punto, la vedevi passare di soppiatto per la cucina, andava nella dispensa, si riforniva di frutta da mettere nelle calze, infagottandola nel grembiule per non dare nell'occhio. Noi seguivamo di scorcio tutti questi movimenti, lanciandoci sguardi d'intesa e trattenendo a fatica le risate.

Una volta, il caso ha voluto che, mentre ripassava dalla cucina, il grembiule le scivolasse di mano, così tutte le arance e i mandarini corsero per la stanza: scoppiòa ridere e noi con lei: "Che figura!" diceva, "che figura!" "Ma su dai, che tanto è da un pezzo che sappiamo che la Befana sei tu, e non la vecchina con la scopa che si cala dal camino, uscendo poi dalla la porticina della stufa, come ci raccontavi!" Nei primissimi anni, credevo a questa storia e chiedevo a mia sorella: "Ma come fa la Befana a passare per la stufa che è così piccola?" E lei: "Si fa tanto minuta, lascia qui le calze, e poi ritorna su, per il camino!" Io immaginavo questa vecchietta, affaticata, vestita di nero, col sacco sulle spalle che faceva tutto il percorso.. Ho cominciato a sospettare qualcosa, vedendo mia sorella tornare a casa con strani pacchetti, che andava subito a nascondere; da qui la curiosità di andare a rovistare nel suo cassetto, scoprendo gli oggetti che poi ritrovavo nelle calze. Questo èstato il modo in cui ho scoperto la vera storia della Befana.