Novelle e Racconti da Autori Emergenti - Gelsomina Vecchiato - La bambola di plastica

libro animato

Quanto eravamo poveri, nel 1960. La popolazione non si era ancora ripresa completamente dalla miseria della guerra 1940/45. Si cominciava appena ad intravedere qualche spiraglio di benessere. La mia famiglia non era certo benestante. All'epoca il papà faceva il muratore,due sorelle e un fratello cominciavano allora a lavorare, ma gli stipendi erano da fame, poi c'eravamo mio fratello ed io ancora piccoli, da mandare a scuola.. A quel tempo avevamo appena costruito la nostra casa, con grandi sacrifici ed enormi debiti: la mia mamma faceva davvero i salti mortali per far quadrare in qualche modo i conti a fine mese.

Prima della casa nuova, abitavamo in una baracca di legno, e, in paese, ci appellavano tutti come «quelli della baracchetta». Mia mamma si vergognava di questo soprannome, la infastidiva moltissimo: pareva a lei che,chiamati così, apparissimo ancora più poveri di quello che già non fossimo. Certo, a quell'epoca, tante altre famiglie si trovavano nella nostra stessa condizione: poco da mangiare, pochi vestiti, poco di tutto! E, per i bambini,pochissimi giocattoli: non non c'erano soldi per comprarne! Così ci si arrangiava costruendone da soli, come si era capaci. I maschietti si facevano delle macchinine di legno o fionde. Noi bimbe, se eravamo fortunate, ci compravano una bambola tutta di plastica, alla sagra paesana, e noi le facevamo un corredino composto di stracci, ormai non più buoni nemmeno a spolverare. Però, quanto ci divertivamo con quelle poche cose, quanto lavoravamo di fantasia, trasformando quel pezzo di plastica, nella bambola più bella ci fosse, se pur infagottata com'era,di pezze lise! Noi bambini, spesso ci davamo appuntamento a casa di qualcuno di noi,per giocare in gruppo, sempre portandoci dietro le poche cose che avevamo. Il gioco che facevamo più spesso e che ci divertiva di più, era «La Famiglia». Per prima cosa si stabilivano i ruoli, la ragazzina e il ragazzino più grande impersonavano mamma e papà, i bambini più piccoli erano i figli. Io, per l'età che avevo, non ero adatta ad un ruolo adulto, e nemmeno ad uno troppo piccolo,così interpretavo la zia, tanto per avere un legame di parentela. A volte si finiva per litigare, i piccolini si stancavano magari di rimanere seduti, mentre noi volevamo impersonassero dei bravi bambini ubbidienti!!!! Quanto ci divertivamo, così all'aria aperta, con giochi semplici, altro che robot o play station! Le nostre mamme, poi, non dovevano preoccuparsi eccessivamente, visto che eravamo in campagna, traffico non ce n'era e le nostre abitazioni non erano tanto distanti tra loro. In altre occasioni, si giocava anche a Nascondino, nei fienili, nei fossi, tra i fasci di canne appoggiati tra loro, una volta tolte le pannocchie e,anche qui, il divertimento era assicurato: c'era da correre a perdifiato, gridare, prenderci in giro, ridere. Di tutta la mia infanzia, il ricordo del gioco è quello che ancora mi fa rivivere tenere emozioni, che mi fa sorridere.. È stata un elemento importantissimo, che ho vissuto in tutto il suo peso formativo, il gioco è conoscenza, apprezzamento dei valori, crescita... specialmente la condivisione del gioco. Mi fanno una gran pena i bambini che stanno ore davanti al televisore con un videogioco, in solitudine.. È pur vero che, ai miei, tempi le trasmissioni iniziavano alle 17 del pomeriggio, con la Tv dei Ragazzi, non erano attive 24 ore su 24 come ora e, in ogni caso, i cartoni animati erano «Braccobaldo», «Willy il Coyote», «Gatto Silvestro e Titti», non certo cartoni violenti oltre ogni misura, trasmessi alle otto del mattino, come mi è capitato di vedere.. Io penso che noi ci divertivamo di più con molto meno, e se per caso, in occasioni eccezionali, ti compravano un giocattolo, anche fosse stato il più piccolo della bancarella, diventava un oggetto prezioso, che tenevamo con la massima cura, e guai chi lo toccava!

Non voglio dire che era meglio quaran'anni fà di adesso, ma ho l'impressione che ci sia un divario troppo grande tra i due periodi; vedo, a volte, bambini non apprezzare nella giusta misura un regalo: hanno già di tutto! È proprio questa considerazione che mi fa ricordare con ancora più affetto, quella bambola di plastica, senza occhi, senza mezza testa, vestita di stracci, ma che con tanto amore cullavo e portavo in braccio quasi fosse un trofeo!