Novelle e Racconti da Autori Amatoriali - Rosalpina - Tradimento! Tradimento!

libro animato

Il fruscio lieve delle ruote nella gran pace lacustre. È una giornata d'inizio estate, tersa e luminosa; il profumo delle acacie è così intenso che ne conservo intatto il ricordo. Sono piccolina, non più di tre anni. Appollaiata sulla canna di una bici, guardo il mondo con occhi curiosi sotto la scura frangetta. Le onde del lago fremono appena, increspate da una leggerissima brezza. Vedo ancora, nel ricordo, la spuma lieve allungarsi tra i ciottoli della spiaggetta e poi ritrarsi con lentezza indolente. Zia Bianca mi sorregge con presa sicura, mentre pedala con insospettabile vigore. Il quadro sereno s'intorbida. Un'ansia sottile percorre, fredda, il mio piccolo corpo. Mi giro verso la bianca costruzione che protegge le nostre vacanze. Davanti all'ingresso s'allunga rustica una panca di legno; su di essa è seduta la mia mamma, ancora così giovane da parere una ragazzina. Tiene in braccio un biondo bambolotto ricciuto, Sembra un maschietto ma è la mia sorellina. Sentimenti antichi e nuovi si aggrovigliano nel mio stomaco: invidia per l'intrusa che la mamma stringe con tenerezza ed un'angoscia sottile che non riesco a razionalizzare. "Dove andiamo, zia?" L'ansia trema nella mia domanda. "Ti porto a vedere il collegio in cui la tua mamma ha passato tanti anni. Sei contenta, no?" Annuisco incerta. Non riesco a scegliere tra la curiosità per una nuova esperienza e la paura di essere strappata alla mia rassicurante quotidianità. La casa s'allontana veloce, la mano della mamma, che mi saluta, si rimpicciolisce, scompare alla mia vista.

Ci tuffiamo veloci in un boschetto. I sassolini del viottolo scoppiettano sotto le ruote pesanti. Il vento scende tremulo dal fogliame, rubando suoni misteriosi ad esseri invisibili. Mi lascio afferrare da quella solitudine infinita, che s'insinua tra gli alberi odorosi di muschio. I miei sensi sono tesi, eccitati; il cuore mi batte nel petto con colpi sordi. Sono satura di sensazioni diverse che non riesco ad analizzare. Troppe per una bimba così piccola. Mi trovo, ora, nell'antico collegio arroccato in vista del lago. Mi pare enorme con le sue spesse mura chiazzate di muschio. Saltello svogliatamente sulle losanghe bianche e rosse della terrazza coperta. In lontananza, sfumate dalla foschia, s'intravedono le grigie case di Cisano, che sbucano dal tremulo mare verde del fogliame. Misteriosamente avverto la presenza di tutte le educande che, nel tempo, hanno attraversato le ombre dei bui corridoi odorosi di cera. Anche sul terrazzo, a gruppetti, figure piccole e grandi si rincorrono nei larghi grembiuli quadrettati. Alcune si avvicinano a me col cinguettio senza senso che si usa con i bambini piccoli. Ne sono infastidita: non mi piace che mi tocchino con le loro mani sudate. Il tintinnio delle risatine all'improvviso s'acquieta.

Una lunga ombra nera incombe su di noi. È la direttrice Gamba, una donna idolatrata da mia madre, che, come saprò in seguito, ha annullato la sua vita privata per l'Istituto. Ma io sento solo le sue fredde mani ossute che mi stringono come tenaglie, mi sollevano da terra; i suoi denti da lupo, come nella favola di Capuccetto Rosso, mi azzannano una coscia. "Che belle gambette!"esclama "me le mangerei!" Il mostro ride. Io non piango, non mi divincolo, m'immobilizzo come un animaletto che sente il pericolo. Dentro di me il cuore palpita di terrore. È scesa la notte nell'antico collegio. Le creature invisibili del bosco lanciano al cielo senza stelle i loro gridi acuti. I miei occhi sono lucidi di lacrime che non vogliono uscire. Ho rifiutato di mangiare, a cena, ed ora mi appresto, controvoglia, ad andare a dormire. La vasta camerata ondeggia nella luce incerta di un'unica lampada. Una corrente fredda gonfia le tende che s'agitano come anime dannate. Zia Bianca m'infila la tutina: rimango rigida e legnosa come un burattino. Una rabbia impotente avvampa le mie guance paffute. "Tradimento!Tradimento!" Urlo silenziosamente dentro di me. Dovrò restare in questo grigio collegio fino a diciotto anni? I miei genitori non mi amano più? L'avvilimento, come una umida nebbia, scende poco a poco su di me e mi avvolge con le sue invisibili spire. Singhiozzo ora con tanta violenza che le ragazze accorrono. A piedi nudi escono dalla penombra, simili a stormi d'uccelli, mi circondano attonite. Le più piccole si specchiano nella mia disperazione, piangono anche loro, tirano su col naso, sentono più acuta la nostalgia del calore familiare perduto. Zia Bianca, intenerita, mi accoglie tra le sue braccia; sprofondo nel gran seno che non ha mai allattato. Il ritmare lento del suo cuore mi calma un pò. Le palpebre lentamente scivolano sulla mia disperazione. Il mondo ostile rimane fuori.

Mi sveglio di soprassalto: dove sono? Un denso velluto scuro mi avvolge. Solo una fiammella gialla guizza lontana. La camerata, come un'enorme balena, respira pesante nel sonno. Mi fa male la pancia: mi contorco, sono bagnata, appiccicosa come un esserino appena sgusciato dal ventre materno. La zia, che dorme nel letto con me, si affretta a pulirmi e a cambiarmi. "Povera tosa!" esclama. "Deve essere l'agitazione." Si allontana circospetta. Ritorna, poco dopo, sorridente. Indossa la vestaglia a quadri rossi della mia mamma. Sbigottita osservo questa farsa. È come se un'altra persona si fosse indebitamente insinuata nel familiare indumento. Come morsa da un serpente velenoso, mi metto ad urlare. Il respiro esce faticoso dai miei polmoni. Annaspo, mi pare di soffocare. La disperazione, come una gigantesca onda, mi travolge, finché i miei sensi, esausti, cedono. Galleggio in un'oscurità senza contorni, senza tempo. È una fresca alba pallida che stempera il terrore notturno. Zia Bianca mi accomoda sulla canna della sua bicicletta. "Si ritorna a casa!" Le parole cantano nel mio cuore. La felicità s'espande, si confonde col cinguettare degli uccelli appena svegli. Le ruote frusciano leggere sul fogliame del viottolo; l'ansia gioiosa del ritorno si mescola col senso di pace che mi avvolge. Ecco là, dove il lago allarga la sua iride azzurra, intravedo la casina bianca. Non sono più in esilio, sto tornando! Ricordo quasi tutti i particolari delle sofferenze causate da quel primo distacco, quasi nulla, invece, del mio ritorno. Solo il calore rassicurante delle braccia dei miei genitori e il respiro regolare delle onde sulla piccola spiaggia sassosa.