Fiabe della Lombardia: Il mostro a tre teste (Bergamo)

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Un re avea una greggia, di cui si perdea un capo tutti i giorni. Il re puniva di morte il pastore, e già parecchi pastori avevano subito lo stesso supplizio. Finalmente la greggia fu affidata ad un garzoncello. Andando al pascolo incontrò una vecchierella: "Non sai, ragazzo mio", gli disse, "quale fu la sorte dei guardiani che ti han preceduto? Sappi che un mostro si mangia quotidianamente una di queste pecore, ed il re punisce di morte il pastore. Però non voglio tollerare che a te debba toccare la stessa sorte, prendi questa bacchetta, colla quale disegnerai nel prato un cerchio, da cui non uscirà alcuna pecora, prendi anche questo falcetto, col quale taglierai le (tre) teste dei mostro divoratore: entro le teste troverai tre chiavi, che ti apriranno la via alla dimora del mostro".

Il pastorello assicurò il gregge entro il circolo fatato, e si appostò allo speco donde sole uscire il terribile animale. Appena apparve gli tagliò una testa, entro la quale trovò una chiave di ferro. Si introdusse nella caverna ed a pochi passi si abbatté in una porta di ferro, che aperta lo mise in una grande abitazione tutta di ferro con un giardino bellissimo. Vi raccolse alcuni fiori e poi ritornò al suo gregge (intatto). Alla sera di ritorno a casa fu lodato dal re e la stessa figlia del re gli fece tali cerimonie da mostrare che n'era presa d'amore. Le offrì il mazzetto di fiori che avea raccolto, ma non si diede inteso di nulla. Il giorno seguente ritornò allo stesso luogo, operò secondo i consigli della vecchia e stavolta nella seconda testa del mostro trovò una chiave d'argento, che gli aprì un palazzo d'argento adorno di splendido giardino. Vi fece un mazzolino di fiori, e ritornò presso al re, dal quale ebbe nuove lodi e dalla figlia del re, ch'era tutto amore per lui, ebbe segni cordialissimi. All'indomani tagliò l'ultima testa al mago, poiché tale era il mostro, e vi rinvenne una chiave d'oro, che dovea aprirgli uno splendido palazzo d'oro, con giardino incantevole. In una stanza del palazzo vide tre vecchioni dalla barba bianca e lunghissima, i quali lo salutarono liberatore: "Noi eravamo condannati qui fino a che qualcuno avesse tagliato le teste al mostro che ci teneva schiavi: ora tu sei meritatamente il padrone di questi luoghi" Ritornato al re fu ricolmo di infinite lodi; la figlia regale non potè più contenere il suo immenso amore, e chiese di sposarsi al bravo ed avvenente pastorello. Questi non si manifestò molto contento del partito principesco, tuttavia cedette all'amore della giovine regina. Non andò guari che essa gli chiese dove avesse preso i bellissimi fiori donatile, e lo sposo decise di condurla nei giardini in cui li aveva colti. Fu lietissimo di poterle far vedere che non l'amore dell'oro lo avea determinato a sposarla, poiché egli era possessore di meravigliosi tesori. Questa scoperta recò grande piacere alla consorte e allo stesso re, e contribuì a rendere più sicura e duratura la loro felicità.