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Le otto tartarughe d 'oro
C'era un tempo un giovane di nome Wu Dun che viveva con la madre in una
capanna ai margini di un villaggio. I due non avevano niente, nemmeno
un campo da coltivare, e vivevano a malapena in mezzo ai patimenti.
Un bel giorno Wu Dun decise di andare a vangare un pezzo di terra
abbandonato sul pendio della montagna per seminarvi del granoturco. Il
pendio era ripido, pieno di pietre, la terra era asciutta, dura da
vangare, e così Wu Dun partiva da casa allo spuntare del
dì e rientrava solo a notte fonda.
Ben presto sulle sue mani si sagomarono otto calli duri e spessi. Ai
piedi del pendio c’era un piccolissimo stagno. A volte, prima
di tornare a casa, Wu Dun si tuffava nella fresca acqua color giada per
darsi una bella lavata, e sguazzava a lungo soddisfatto.
Un giorno di sole arroventato, dopo aver lavorato ore e ore senza
tregua, Wu Dun, tutto sporco e sudato da capo a piedi, si trattenne
come il solito nello stagno, e strofina e strofina, gli otto calli
spessi e duri che aveva sulle mani, si distaccarono. Non appena ebbero
toccato quell’acqua splendente e pura, si tramutarono in otto
tartarughe d’oro vive e scattanti, bellissime.
Wu Dun pensò che quella faccenda era insolita veramente, in
ogni modo, non tentò di catturare le tartarughe, non le
toccò neppure, proseguì a lavarsi,
allorché ebbe terminato, si diresse verso casa.
Quella sera era così stanco che, appena si adagiò
sul letto, s’addormentò come un sasso.
A mezzanotte in punto qualche cosa lo destò, era un rumore
delicato, una specie di bisbiglio che veniva dalla giara adoperata per
conservare il riso. Nel dormiveglia, Wu Dun considerò che
dovevano esserci in giro dei topi, ma dal momento che la giara era
assolutamente vuota, non si mise in apprensione, si girò
dall’altra parte e riprese il sonno interrotto.
Il giorno seguente, all’alba, s’alzò, si
guardò attorno e rimase immobilizzato dal disorientamento:
la giara era stracolma di riso e, sopra il grand’accumulo
luminoso, otto piccole tartarughe dorate buttavano fuori della bocca,
in continuazione, altri chicchi abbaglianti.
Da quel giorno la vita di Wu Dun e di sua madre cambiò molto
in meglio . Ora c’era di che vivere perchè ogni
notte le tartarughe ricolmavano la giara, ma il bravo ragazzo,
continuò in ugual modo ad andare tutti i giorni sul pendio
della montagna a vangare la terra dove un giorno avrebbe cosparso di
semi di granturco.
Nel villaggio viveva un altro ragazzo, di nome Shen Chang, un
malandrino e ozioso, che non aveva mai voluto saperne di lavorare in
vita sua. Nel momento in cui seppe ciò che era accaduto a Wu
Dun, Shen Chang decise di recarsi subito allo stagno
dall’acqua color giada a lavarsi. Ci andò, ma dal
momento che non aveva mai fatto nulla di stancante, le sue mani erano
bianche e levigate, senza nemmeno l’ombra di un callo. Si
lavò per mezza giornata, ma nell’acqua non si
manifestò nessuna tartaruga d’oro.
Allora rimuginò: - Se non posso avere le magiche tartarughe,
posso sempre tentare di rubarle.
Perciò, quella notte medesima, si diresse verso la capanna
di Wu Dun, con una vanga in spalla. Scavò un ampio buco
vicino al muro e vi avvicinò un sacco, stava per farlo
passare nell’interno quand’ecco le tartarughe
venire fuori del buco e mettersi dentro il sacco.
Appagato, Shen Chang mormorò: - Che fortuna ho avuto! Non
sono stato costretto neppure cercarle, sono entrate da sole!
Ma ecco, che le tartarughe d’oro vennero fuori del sacco e lo
aggredirono da tutte le parti. Una gli mordicchiò il naso,
una la bocca, una il mento, due le orecchie, e tre i capelli.
Qualche giorno più tardi Wu Dun incontrò Shen
Chang, lo guardò meravigliato, e gli disse: - Ma, come sei
ridotto! Hai incontrato uno spirito malvagio? Hai perso tre quarti dei
capelli, hai il naso, le orecchie e la bocca tutti mangiati, e il buco
nel mento. Dimmi, che cosa ti è accaduto?
Shen Chang non era in condizione di rispondere, con la bocca tutta
mordicchiata. Allora si mise a piagnucolare e le sue lacrime erano
così grandi e lucenti che assomigliavano chicchi di riso.
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