Fiabe popolari giapponesi - Il passero dalla lingua tagliata

(testo esaminato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

il vecchio e il passero

(illustrazione di Warwick Goble, PD.)

«The Pink Fairy Book, 1897»

libro animato

Tanto tanto tempo fa, nel cuore di una alta montagna, viveva una vecchia coppia. Essi vivevano in pace e armonia, nonostante le differenze di carattere; il vecchio, infatti, era un uomo onesto e buono, mentre la moglie, cupida e attabrighe, litigava con tutti quelli che incontrava.

Un giorno il vecchio stava seduto sulla veranda, come d'abitudine, quando vide volare verso di lui un passerotto, braccato in volo da un grosso corvo nero. Il povero uccellino gridava per la paura, e l'uccellaccio nero, che lo cacciava per mangiarselo, gli volava dietro sbattendo le ali e allugando il becco. Il vecchio, allora, si alzò di scatto e come il corvo gli fu a tiro, gli diede una bella botta e lo mise in fuga; quello emise un grido arrabbiato e volò via. E così l'uccellino, liberato dal suo nemico, se ne stette rifugiato nelle mani del vecchio, il quale se lo portò in casa. L'uccelletto sbattè le ali, e l'uomo lo rassicurò che era al sicuro; ma siccome sentiva che il suo cuoricino batteva forte, lo mise in una gabbietta, dove l'uccelletto riprese coraggio e tornò a cinguettare e a saltellare. Il buon vecchio, che amava molto gli animali, da quel giorno ogni mattina gli apriva lo sportello della gabbia di modo che il passerotto potesse svolazzare libero all'aria aperta, ma non appena si sentiva minacciato da qualche bestia feroce come gatti o topi, istantaneamente tornava a rifugiarsi dentro, perché lì sapeva che sarebbe stato al sicuro.

La moglie del vecchio, che trovava sempre un motivo per brontolare, divenne molto gelosa dell'affetto che il marito nutriva per quella bestiola, e avrebbe voluto fargli del male per vendicarsi, ma non osava, finché un giorno ebbe l'occasione di farlo. Il marito era dovuto scendere dalla montagna per raggiungere la città, e non sarebbe tornato per diversi giorni, ma prima di partire aveva lasciato aperta la gabbia come al solito. Il passero gironzolò per un pò, cinguettando allegramente, felice e tranquillo come sempre; la donna sopportò per un pò la sua presenza, aggrottando la fronte ogni minuto che passava, e alla fine la sua furia esplose: allora lanciò la scopa contro il poverino, il quale si appollaiò su un'alta mensola. La scopa aveva mancato l'uccello, ma aveva colpito un vaso, che cadde in terra e si ruppe in mille pezzi. Questo non calmò la furia della vecchia, la quale si arrabbiò ancora di più. Allora gli diede la caccia per tutta la casa, finché riuscì ad acchiapparlo, ed egli ora aveva veramente paura. La vecchiaccia però era più furiosa che mai, avrebbe ucciso volentieri il povero uccellino, se ne avesse avuto il coraggio, ma non osava, ma cattiva com'era, lo prese e gli tranciò di netto la lingua. Il passero lottò, cercando di divincolarsi ed emise un suono acuto, ma non c'era nessuno che potesse sentirlo, così, preso dal terrore, volò fuori dalla capanna e fuggì nelle profondità della foresta.

Dopo qualche giorno, il vecchio tornò a casa e subito chiese del suo animaletto. La moglie, che non si era ancora calmata, gli raccontò tutto e lo rimproverò severamente per essere stato così imbecille da aver fatto tanto casino per uno stupido uccello. Ma il vecchio, che era sconvolto, dichiarò che lei era una donna dal cuore di pietra, per quello che aveva fatto a quel povero uccellino innocente. Ciò detto, uscì di casa e andò a cercare il passerotto nella foresta. Camminò per diverse ore, chiamando e fischiando, ma non lo trovò; alla fine se ne tornò a casa con il cuore gonfio di tristezza e promise a se stesso che si sarebbe alzato all'alba per cercarlo, e non si sarebbe dato per vinto finché non l'avesse trovato. Giorno dopo giorno chiamava e cercava instancabilmente, e sera dopo sera tornava a casa disperato. Continuò così per molto tempo, finché alla fine si rassegnò e si convinse che non avrebbe mai più rivisto il suo piccolo amico.

Una calda mattina d'estate, il vecchietto camminava piano all'ombra fresca dei grandi alberi, e senza fare caso a dove stesse andando, entrò in un boschetto di bambù. Quando i giunchi si fecero più radi, si scoprì davanti a un bel giardino, nel centro del quale sorgeva una casetta linda, e vide uscire dalla casa una deliziosa fanciulla, togliere il chiavistello al cancello per invitarlo graziosamente a entrare e a riposarsi. "Oh, mio carissimo vecchio amico," esclamò, "come sono felice che alla fine mi hai trovato! Non mi riconosci? Io sono il tuo piccolo passero, al quale salvasti la vita, e del quale ti prendesti tanta cura." Il vecchio le strinse le mani appassionatamente, ma non ebbe il tempo di fare domande, poiché la ragazza lo condusse in casa e gli servì da mangiare per lui e per sé. Mentre pranzavano, la fanciulla e le sue ancelle presero in mano i liuti, e cantarono e ballarono per lui, e insieme le ore trascorsero così in fretta che il vecchio non si accorse che era calato il buio, e neanche pensò alla lavata di capo che sua moglie gli avrebbe certamente fatto quando sarebbe tornato a casa così tardi. Così, tra un ballo e un canto, nel ricordo dei giorni passati, passarono le ore e quando dalla finestra filtrarono i primi raggi del sole, il buon vecchio finalmente si alzò, ringraziò la sua gentilissima ospite e si accinse a prendere commiato.  "Non ti lascerò andar via così," disse ella, "ho un regalo per te, un pensierino in segno della mia gratitudine."  Così dicendo, entrarono le sue ancelle e portarono due scrigni: uno era piccolo e leggero, l'altro, grosso e pesante. "Adesso scegli quale dei due vuoi prendere."  Il vecchio scelse quello piccolo, se lo mise nel mantello e tornò a casa. Ma quando fu quasi arrivato ebbe un piccolo tonfo al cuore, immaginando la sfuriata che la moglie gli avrebbe fatto per essere stato via così a lungo. E infatti andò anche peggio di quanto si aspettasse. Ma egli, nella sua saggezza, sapeva come in quei casi il tempo è il miglior consigliere: si accese la pipa, quindi lasciò sfuriare bene bene la moglie, aspettando la quiete dopo la tempesta.

Dopo un bel pò, però, essa era ancora in collera, e sembrava che non fosse ancora del tutto stanca di litigare, quando il vecchio marito, che nel frattempo non le aveva fatto più caso, tirò fuori dal mantello lo scrigno che le aveva donato la fanciulla, sollevò il coperchio, e.... Prodigio! Cumuli di oro e pietre preziose fuoriuscirono dallo scrigno fatato, si depositorano ai loro piedi, scintillando nella notte. Alla vista di queste meraviglie, anche quella linguacciuta brontolona della moglie si zittì; si avvicinò al tesoro, lo prese tra le mani, gongolando per la cupidigia. A quel punto anche la sua voce si fece suadente e chiese garbatamente al marito dove avesse trascorso la notte, e come era venuto in possesso di tali ricchezze. Allora egli le raccontò tutta la storia; lei ascoltò sbigottita, e quando il marito, raccontando, giunse al punto della scelta tra i due scrigni, ecco che ricominciò a insultarlo e a strigliarlo per non aver portato a casa quello grande, invece di quello piccolo. Così, la vecchia avida non diede pace al marito finché egli non le spiegò nel minimo dettaglio la strada che doveva fare per arrivare alla casa della giovane dama. Allora essa indossò i suoi migliori vestiti e uscì come una furia di casa; ma nella sua furia cieca, aveva dimenticato il percorso. Dovette vagare ore e ore nella foresta prima di riuscire a trovare la casa, e quando arrivò, si diresse audacemente alla porta ed entrò in casa della fanciulla, come se fosse lei la padrona, e spaventando molto la povera ragazza, la quale trasalì alla vista della sua vecchia nemica. Ciò nonostante, cercò di controllare i suoi sentimenti più che poteva, e diede all'invadente ospite il benvenuto, e le offrì del buon vino e del cibo, sperando segretamente che se ne andasse subito dopo aver mangiato. Purtroppo si sbagliò. "Non vorrai mica lasciarmi andare senza un piccolo presente?" disse la vecchia cupida, vedendo che la ragazza non le offriva nulla. "Certo che no," rispose la ragazza, e ordinò alle ancelle di portare due scrigni, come avevano fatto l'altra volta. La vecchia si buttò a pesce su quello grande, e, vacillando sotto il peso dello scatola, sparì nella foresta senza neanche dire arrivederci.

Fece una fatica del diavolo a tornare, perché lo scrigno pesava come un masso, e sembrava che a ogni passo diventasse sempre più pesante. Fu più volte sul punto di pensare che non ce l'avrebbe fatta a portarlo oltre, e stava per rinunciare, ma la sua avidità le diede la forza di proseguire e resistere, e alla fine giunse alla porta di casa sua. Esausta, si sedette sulla soglia per riposare; dopo poco si rimise in piedi, ma barcollava. Quando entrò era ormai notte e in casa era buio, e la donna aveva troppa fretta di vedere il tesoro per pensare che fosse prima il caso di accendere un lume. Così, inaspettatamente, la cassa si aprì e.. Orrore! Invece di oro e gioielli, si trovò circondata da temibili serpenti che la guardavano con occhi minacciosi, che le si avventarono addosso con le loro lingue biforcute, iniettandole il veleno letale, ed essa morì, e nessuno la rimpianse.

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Questa fiaba è stata tradotta da me dall'inglese. Chiunque desideri questo testo per le proprie pagine web, può prelevarla liberamente, purché ne citi cortesemente la fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione per opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro. Grazie. Vale76