Fiabe popolari romene - Il maiale stregato

(fiaba popolare romena raccolta da Petre Ispirescu e da Andrew Lang in «The Red Fairy Book».)

(testo tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

la principessa alla ricerca dello sposo

(fonte immagine: en.Wikisource.org)

«The Red Fairy Book», 1890

libro animato

C'era una volta un re che aveva tre figlie. Un giorno dovette partire per la guerra, così, chiamò le ragazze e disse loro: "Mie care, purtroppo ho l'obbligo di partire; il nemico ci minaccia e può contare su una flotta molto potente. Mi dispiace immensamente di dovervi lasciare, ma durante la mia assenza vi raccomando di prendervi cura di voi stesse e di fare le brave; comportatevi come si conviene e badate alla casa. Potrete passeggiare per il giardino, e potrete aprire tutte le stanze del palazzo, eccetto quella sull'ala destra posteriore: in quella non dovrete entrare per nessun motivo, o potrebbero farvi del male." "Potete stare tranquillo, padre," risposero; "non vi abbiamo mai disubbidito, perciò, potete andare in pace, e vi auguriamo di tornare vittorioso." Quando i preparativi furono pronti, il Re diede loro le chiavi di tutte le camere e ricordò loro ancora una volta la promessa fattagli. Le figlie gli baciarono le mani piangendo e gli augurarono ogni prosperità, poi presero possesso delle chiavi. Ora, quando le ragazze si ritrovarono da sole in casa, si sentirono tremendamente tristi e annoiate che non sapevano più che cosa fare; così, per passare il tempo, decisero di lavorare per qualche ora del giorno, di dedicare del tempo alla lettura, e di fare lunghe e piacevoli passeggiate nel parco. Finché si attennero a questi buoni propositi, tutto andò bene, ma sfortunatamente quello stato di cose non era destinato a durare, ed esse diventarono ogni giorno più curiose e inquiete, al pensiero di cosa mai ci fosse nella stanza segreta, e alla fine decisero di andare a vedere. "Sorelle," disse la maggiore, "noi cuciamo, tessiamo e leggiamo tutto il giorno; ci troviamo qui da sole ormai da parecchio tempo, e nei giardini non è rimasto più un solo angolo inesplorato. Siamo entrate in ogni sala del palazzo, e abbiamo ammirato i mobili di gran pregio che le compongono: a questo punto, ci resta da visitare soltanto la stanza proibita; perché non ci andiamo subito?" E la più giovane: "Sorella mia, non cercare di tentarci: non possiamo disubbidire agli ordini di nostro padre. Egli ci ha vietato l'ingresso, e certamente avrà avuto i suoi motivi per farlo." "Bhè, ma non cadrà mica il mondo se adesso ci entriamo," suggerì la sorella mezzana; "di certo non ci saranno nascosti i mostri, ad attenderci, per mangiarci. Dopotutto, nostro padre non lo verrà mai a sapere." E, mentre stavano lì tutte e tre in forse, ragionando così tra loro, si trovarono davanti alla porta. La sorella maggiore infilò la chiave nella serratura, e... cric! La porta si aprì. Le tre principesse entrarono, e cosa mai trovarono, secondo voi? Il locale era quasi vuoto, scarno, senza ornamenti; ma nel bel mezzo della stanza c'era un grande tavolo, rivestito da una sontuosa tovaglia, e sopra c'era un librone aperto. Le principesse s'incuriosirono assai e vollero sapere cosa c'era scritto; specialmente la maggiore. S'avvicinò e lesse: "La figlia maggiore del Re sposerà un principe dell'est." Poi, fu il turno della sorella mezzana, la quale avanzò, e, girando la pagina, trovò scritto: "La secondogenita del Re andrà in sposa a un principe dell'ovest." A tal felice novella, entrambe le ragazze esultarono, risero, e si congratularono a vicenda. Fu poi la volta della principessa minore, ma ella non volle appropinquarsi al tavolo, tantomeno, per leggere nel libro. Ma le sorelle maggiori la tormentarono tanto, che alla fine dovette cedere. Esse la trascinarono e la spinsero verso il tavolo, ed ella, tutta tremante di paura, girò la pagina e recitò i versi: "Infine, la figlia minore del Re andrà in moglie a un maiale venuto dal nord." Fu un fulmine a cel sereno! Non avrebbe potuto spaventarsi di più. Si sentì morire di vergogna e di disperazione, e le sue sorelle, che erano rimaste anch'esse assai sorprese, mollarono la presa, e la poveretta finì a terra svenuta, sbattendo la testa. Quando rinvenne, e si riprese dal duro colpo subìto, che l'aveva riempita di terrore, le sorelle cercarono di confortarla, dicendole: "Ma come puoi credere a una tal sciocchezza? Quando mai si è sentito che una principessa abbia dovuto sposarsi con un maiale?" E l'altra: "Sei proprio una bambina! Con tutti i soldati che ha nostro padre per difenderti, pensi veramente che ti lascerebbe in mano ad una belva disgustosa, come un maiale?" Dopo tanto discorrere, alla fine la giovane principessa si lasciò convincere dalle parole delle sorelle, e prese a credere a quanto dicevano, ma il suo cuore si fece pesante per la preoccupazione. Ogni suo pensiero andava inevitabilmente a quello che aveva appreso dal libro, che preannunciava grandi felicità per le sue sorelle, e un destino tremendo per lei, come non era mai accaduto prima ad anima viva sulla terra. Inoltre, la coscienza le rimordeva al pensiero di aver disubbidito all'ordine paterno. Alla fine la preoccupazione la devastò, ed essa s'ammalò, e in pochi giorni fu talmente cambiata che si stentava a riconoscerla: se prima aveva avuto un aspetto florido e allegro, ora era pallida e triste, e niente più la divertiva. Smise d'intrattenersi nel parco con le sorelle, cessò di punto in bianco di raccogliere i fiori per adornarsi la pettinatura, e smise di cantare quando stavano tutte insieme, come pure, di cucire e filare. Nel frattempo, il re vinse gloriosamente la guerra, e, avendo sbaragliato le truppe nemiche ricacciandole indietro, poté finalmente tornare a casa, felice, perché non aveva mai smesso di pensare alle sue figliole. Fu accolto al suono della fanfara, ed egli poté rientrare in trionfo, tra il giubilo unanime della folla. Per prima cosa, ringraziò il cielo per la vittoria sudata sul nemico, e, entrando nel suo palazzo, corse ad abbracciare le sue ragazze che gli erano venute incontro. Fu molto felice di sapere che stavano tutte bene, ed anche la minore fece di tutto per non far trasparire agli occhi del padre la sua tristezza. Ciò nonostante, non tardò molto nel constatare che la figlia più giovane era sempre tanto triste e che era anche molto dimagrita, e, all'improvviso si sentì gelare il sangue, al sospetto che gli avesse disobbedito. Ormai ne fu quasi certo, ma, per essere sicuro, convocò le figlie, le interrogò, ordinando loro di raccontargli tutta la verità; allora, esse confessarono ogni cosa, facendo attenzione a non specificare chi delle tre aveva indotto in tentazione le altre due. Fu un duro colpo, quello, per il re, che ci rimase malissimo, e fu prostrato dal dolore. Ma poi, si fece coraggio e cercò di confortarle, esse che erano spaventate a morte. Constatò che orami ciò che era stato era stato, e nenche mille parole avrebbero minimamente cambiato le cose. Passò del tempo, e questi avvenimenti furono parzialmente dimenticati, quando, un giorno, si presentò a palazzo un principe venuto dall'est a chiedere in sposa la figlia maggiore, e il re acconsentì con gioia; preparano un gran banchetto, e dopo tre giorni di festeggiamenti, la coppia felice fu salutata con grandi cerimonie e fasto. Poco tempo dopo, accadde lo stesso alla sorella mezzana, la quale andò felicemente in sposa al principe dell'ovest. Ora, quando la principessa minore vide che tutto era andato secondo i piani, si intristì ancora di più; smise di mangiare, e non indossò più i suoi magnifici abiti, neanche per uscire a passeggio, e dichiarò che avrebbe preferito morire piuttosto che diventare lo zimbello del mondo. Ma il Re non le avrebbe permesso di fare sciocchezze, e fece di tutto per confortarla e consolarla. Così, passò altro tempo, e, finalmente, un bel giorno un enorme maiale del nord proruppe nel palazzo, e, andando dritto dal Re, disse: "Salute, Maestà! Possa la vostra vita essere prospera e luminosa quanto il sole a mezzogiorno." "Grazie, ti auguro altrettanto bene, amico mio," rispose il re, "ma dimmi: qual buon vento ti mena?" "Vengo a chiedervi la mano di vostra figlia." rispose il maiale. Ora, bisogna dire che il Re rimase piacevolmente colpito nel sentire un maiale esprimersi così bene, e subito si insinuò il dubbio che ci fosse un mistero dietro a quella faccenda; avrebbe distolto volentieri il maiale dal suo obiettivo, poiché non gradiva l'idea di cedergli la sua povera figliola in sposa, ma, quando vide che il pretendente si era portato dietro tutto il suo seguito di cortigiani, maiali anch'essi, e che questi avevano stipato ogni angolo del regno e del palazzo, si sentì in trappola, e capì che non aveva scelta: doveva acconsentire. Il maiale non si accontentò di sole promesse, ma instette nel pretendere che le nozze si celebrassero di lì a sette giorni, e non se ne andò finché il futuro suocero avallò formalmente il fidanzamento. Alla fine della settimana, il Re mandò a chiamare la figlia, consigliandole di rassegnarsi al suo destino, poiché non c'era più niente da fare, e, indorandole la pillola, le disse: "Figlia mia, consolati pensando che, dopo tutto, da come parla e si comporta, si evince chiaramente che il tuo promesso sposo non sia un comune maiale come tanti altri. Io non credo che esso sia stato sempre un maiale come ora, e credo che ci sia dietro un qualche incantesimo. Va', ubbidisci a tuo marito, e fa' tutto quello che ti dice, e sono sicuro che il Cielo ti ripagherà presto di questo tuo sforzo." "Padre caro, se me lo chiedete voi, lo faccio." rispose la ragazza. S'avvicinò il giorno delle nozze; a cose fatte, il maiale e la sua sposa lasciarono il Re per torare nella loro nuova casa. Salirono sulla carrozza regale, e, mentre erano in viaggio passarono attraverso una vasta palude, e lì il maiale ordinò al cocchiere di fermarsi, perché voleva rotolarsi nel pantano; così fece, finché fu tutto ricoperto di fango dalla testa ai piedi; risalì in carrozza, e chiese alla moglie di baciarlo. Che cosa doveva fare la povera fanciulla? Le tornarono in mente le parole del padre, e, tirando fuori il suo fazzoletto, pulì delicatamente il muso al maiale e poi lo baciò. Quando arrivarono a destinazione, era ormai notte fonda. Rimasero per un pò fermi, seduti, a riposare, perché era stata una giornata faticosa. Quella sera, cenarono insieme, e si coricarono a dormire. Durante la notte la principessa si accorse che il maiale si era trasformato in uomo. Ricordandosi dei sospetti del padre, non ne fu poi tanto sorpresa e si fece coraggio, decisa a stare a vedere come sarebbe andata a finire. Da quel giorno, si accorse che la mutazione avveniva tutte le notti: il maiale diventava uomo, e al mattino tornava maiale prima che lei si svegliasse, e così, per diverse notti, senza che la principessa potesse capire il perché di quel fenomeno. Una cosa sola le apparve chiara: che suo marito era vittima di un incantesimo. Ma più il tempo passava, più ella gli si affezionava, poiché egli era molto tenero e gentile. Un bel giorno, mentre sedeva tranquilla, vide passare una vecchia, e subito si rallegrò molto, poiché era da tanto tempo che non vedeva più un essere umano, e la fermò per parlarle. Tra le altre cose, la strega le disse di conoscere tutte le migliori arti magiche; sapeva prevedere il futuro, e conosceva tutti i trucchi di spezie e piante. "Vi sarei grata per tutta la vita, signora mia," disse, "se mi spiegaste che cos'ha mio marito, e perché di giorno è un maiale, mentre la notte diventa un essere umano." "Ti dirò una cosa soltanto, figlia mia, per dimostrarti quanto sono grandi i miei poteri di indovina. E se lo desideri, ti rivelerò il sistema per spezzare l'incantesimo." "Oh sì, sì, per favore! Se lo fate, vi darò tutto quello che vorrete!" pregò la principessa, "Perché non ce la faccio più a continuare in questo modo." "Orbene, figlia mia," proferì la strega, "prendi questo filo, ma ch'egli non se ne accorga, perché se così fosse, l'antidoto non funzionerebbe. Dunque, quando sarà notte, mentre dorme, tu alzati piano piano, poi, legagli il piede sinistro con il filo e stringi bene, e al mattino vedrai che sarà rimasto uomo, e non tornerà più maiale. Bene, non voglio niente in cambio, mi basterà sapere che sei felice. Sapere quanto hai sofferto mi spezza il cuore, e vorrei averti incontrata prima." Dopo che la strega se ne andò, quella notte la principessa, facendo molta attenzione a non svegliare lo sposo, fece come la strega le aveva indicato, e legò bene con il filo il piede sinistro di lui, con il cuore che le batteva forte in petto. Ma quando fu il momento di fare il nodo, il filo fece cric! e si strappò. Il tramestio svegliò il marito di soprassalto, che le disse: "Donna infelice, cos'hai fatto? Se avessi aspettato altri tre giorni, questo disgraziato incantesimo si sarebbe rotto naturalmente, e noi due avremmo potuto essere felici per sempre. Invece adesso dovrò restare per chissà quanto tempo con questa disgustosa pelle porcina! Devo partire subito, e non ci rivedremo finché tu avrai consumato tre paia di scarpe di ferro, e avrai ammorbidito, logorandola, una corazza di ferro per tutta la durata della tua ricerca di me." Così dicendo, sparì, lasciando la principessa sola e in lacrime. La poveretta piangeva e singhiozzava, che avrebbe fatto pena anche ai sassi; ma quando capì che disperarsi non serviva a niente, si rialzò, decisa ad andare in capo al mondo pur di recuperare il suo sposo.

Cammina, cammina, arrivò in una cittadina; lì, la prima cosa che fece, fu di ordinare tre paia di sandali di ferro e un'armatura d'acciaio, e, fatti tutti i preparativi, si mise in cerca del marito. Vagò in lungo e in largo, per giorni e giorni, passando attraverso nove mari e nove continenti; attraversò foreste, le cui piante tanto spesse e folte formavano delle barriere quasi impenetrabili; difatti, arrancava con enorme fatica e spesso inciampava, ricadendo contro quei rigidi fusti, ma poi, con la forza d'animo sorretta dal desiderio, puntualmente si rialzava e proseguiva la sua strada, tra i folti rami che le sfregavano il volto, e con i tronchi che le tagliavano continuamente le mani; ma andò sempre avanti, e non si volse indietro mai. Alla fine, esausta per il lungo e logorante viaggio, esaurita e sopraffatta dal dolore (ma tenacemente in piedi con il cuore gonfio di speranza), raggiunse una casa. Ora, dove credete che sia arrivata? Alla casa della Luna. La principessa bussò alla porta, e pregò di essere ospitata per potersi riposare un po'. La madre della luna, nel vederla mortalmente triste e deperita, sentì per la poveretta una grande compassione e la fece entrare. Si prese cura di lei, e in quel breve tempo la principessa partorì un figlio. Un giorno la madre della Luna le chiese: "Come hai fatto, tu che sei una comune mortale, a raggiungere la casa della Luna?" E la povera principessa le raccontò tutte le sue sventure, e aggiunse: "Sarò sempre grata al Signore per avermi condotta fino a qui, e grata a voi che avete avuto pietà di me e del mio bambino, ed è solo grazie a voi se siamo ancora vivi. Ora vi chiedo un ultimo favore: potrebbe, vostra figlia, la Luna, dirmi dove si trova adesso mio marito?" "Temo che mia figlia non lo sappia, bambina mia," rispose la buona donna, "ma, se sei disposta a viaggiare fino ad est, fino a che raggiungerai la casa del Sole, ci sono buone possibilità che lui lo sappia." Detto questo, la buona donna diede alla principessa un pollo arrosto da mangiare, e le raccomandò di stare molto attenta a non perdere gli ossi, perché le sarebbero stati molto utili in seguito. La principessa ringraziò ancora la sua benefattrice per l'ospitalità e per i buoni consigli, e buttò via il primo paio di scarpe consumate, e se ne mise delle altre, ripose gli ossi di pollo in un involto, e, con il suo bambino in braccio e le sue cose in mano, riprese il suo viaggio. Sul lungo cammino incontrò lunghe e sabbiose spiagge deserte, marciò su strade pesanti di vita, che ad ogni passo avanti, la respingevano indietro, eppure ella resistette tenacemente, fino a quando ebbe percorso tre lande aride e desolate; poi, su su per le montagne rocciose, da dirupo a dirupo, da vetta a vetta. Qualche volta si fermò a riposare su qualche montagna, ma poi riprendeva sempre e sempre, continuando instancabilmente. Attraverso le paludi e poi in alto fino alle vette di rocce silicee; presto ebbe piedi, gomiti e ginocchia lacerati e sanguinanti, e in qualche occasione il cammino le veniva sbarrato da un precipizio insormontabile, così che doveva trascinarsi strisciando mani e ginocchia, facendo attenzione a non perdere i suoi averi. Finalmente, più morta che viva, giunse al palazzo del Sole; bussò e chiese ospitalità. Le aprì la madre del Sole, la quale rimase strabiliata di ritrovarsi davanti una comune mortale, che era stata capace di arrivare dove nessuno aveva mai osato, e, commossa da tanta impresa, si mosse a compassione per quella disgraziata, vedendo com'era ridotta e sapendo tutto quello che aveva dovuto affrontare fino a quel momento. Poi, dopo averle promesso che avrebbe interrogato il figlio, il Sole, riguardo a suo marito, la nascose opportunamente in cantina, perché il Sole era spesso di cattivo umore quando tornava a casa a notte fonda, perciò ritenne opportuno ch'egli non sapesse nulla della sua presenza in casa. Il giorno dopo, la principessa ebbe timore che le cose per lei non si mettessero bene, perché il Sole si era accorto che qualcuno che proveniva dal mondo terreno era stato in casa sua, ma sua madre l'aveva addolcito con parole tenere, assicurandogli che non era vero. Così, la principessa, rassicurata dai modi affettuosi e gentili della vecchia, si fece coraggio e chiese: "Ma com'è possibile che il Sole si adiri? Egli appare così maestoso agli occhi dei mortali." "Purtroppo è così, figlia mia," rispose la madre del Sole; "quando al mattino si trova davanti ai cancelli del paradiso egli è felice, e sorride a tutto il mondo, ma durante il giorno s'infuria, nell'assistere alle tante cattive azioni degli Uomini, ed è per questo che comincia a scottare: e ora di sera, quando ormai si trova davanti ai cancelli della morte, ecco che si fa triste e affamato, da lì fa il suo rientro a casa; e così, ogni giorno." Spiegò poi alla principessa che aveva chiesto le informazioni per lei al figlio, ma sfortunatamente, questi non ne sapeva nulla. A questo punto, alla fanciulla non restava altro che rivolgersi al Vento. Quando fu pronta per ripartire, anche la madre del Sole le diede un pollo arrosto, e anch'ella le consigliò di conservare con estrema cura gli ossi; ella li mise insieme agli altri, poi, buttò via il secondo paio di scarpe, ormai consunte, e con il suo bimbo in braccio e con il resto in mano, riprese il cammino, diretta verso la casa del Vento. Durante questo nuovo percorso, il viaggio si fece ancora più arduo di prima, poiché dovette scalare montagne di selce, una dopo l'altra, dalle quali si dipanavano minacciose lingue di fuoco; attraversò foreste mai solcate da piede umano, e dovette camminare su lastre di ghiaccio, e difendersi da mortali valanghe di neve. La povera donna sopravvisse a stento a tali situazioni, ma il suo cuore coraggioso non le consentì di arrendersi mai, e alla fine giunse a un enorme cava su un lato di una montagna, e lì era la casa del Vento. Trovò una porticina circondata da un cancelletto, proprio di fronte alla cava, bussò e chiese ospitalità. La madre del Vento ebbe pietà di lei e la fece entrare per riposare un po'. Anche lì dovette nascondersi per non farsi vedere dal Vento. La mattina dopo, la madre del Vento le disse che suo marito viveva in una folta boscaglia, così spessa da essere risultata impenetrabile a chiunque; laggiù egli aveva eretto una capanna con i tronchi d'albero, allacciati stretti stretti con dei vimini, e lì da solo abitava, solingo. Dopo che la madre del Vento ebbe dato alla principessa un pollo da mangiare, le consigliò di conservare al sicuro gli ossi, e le suggerì di seguire la Via Lattea, la quale di notte attraversa il cielo, e proseguire avanti fino a destinazione. La principessa ringraziò la buona vecchia per il bene ricevuto, poi, si rimise in cammino; fu di nuovo un lunghissimo viaggio, ma ella non si riposò un momento, continuò per la sua strada notte e giorno, tanto grande era il desiderio di rivedere suo marito. Camminò e camminò, fino a che l'ultimo paio di scarpe si lacerarono in mille pezzi. Allora, le buttò via e continuò a camminare scalza, senza preoccuparsi né di sentieri acquitrinosi, né delle piante spinose che le tagliavano le mani, e neanche delle rocce che le facevano male. Finalmente giunse presso a una ridente pianura ai piedi di una foresta; si rallegrò moltissimo alla vista dei fiori e dell'erba soffice, così decise di fermarsi per riposare un po'. Ma il dolce canto degli uccellini tra i rami degli alberi le misero tanta malinconia nel ripensare al suo adorato sposo, e così, si lasciò andare alle amare lacrime, e per consolarsi, strinse forte al petto il suo bambino, poi, raccolti gli ossi di pollo e tutte le sue cose, si addentrò nella foresta. Per tre giorni e tre notti vagò per la cupa e fitta boscaglia, senza riuscire ad orientarsi. Affranta e distrutta dalla fame e dalla stanchezza, si sentì completamente esaurita, e cominciò a non poterne più; ormai più niente la confortava, e quasi tutti i suoi averi erano consumati. Fu proprio sul punto di perdere ogni speranza, ma poi decise di fare un ultimo sforzo, e, ritrovatasi nel mezzo di un roveto, vide davanti a sé una capanna che era proprio come la madre del Vento l'aveva descritta. Non c'erano finestre alle pareti, e la porta dava sul tetto. Girò intorno all'abitazione, in cerca di qualcuno, ma non c'era anima viva. Cosa poteva fare? Come avrebbe fatto ad entrare? Pensa e ripensa, cercò, in vano, di arrampicarsi verso la porta, quando d'improvviso si ricordò degli ossi di pollo che aveva conservato, e disse a se stessa: "Se si sono tanto raccomandate di conservare questi ossi, un motivo ci sarà. Chi lo sa che proprio ora che mi trovo nel bisogno, non mi siano utili." Così, li tirò fuori dall'involucro, e restò per un momento a pensare, non sapendo come usarli; poi, mise insieme i pezzi, e, con enorme sorpresa, vide che rimasero attaccati, e fece lo stesso con altri e altri ancora, finché ottenne due lunghi pali che, messi in piedi, raggiungevano l'altezza giusta per arrivare in cima alla porta della capanna. Aggiungendo altri ossicini tra le due pertiche, alla fine ottenne una scala. Appena fu terminato l'ultimo gradino, cominciò la salita, finché, passo dopo passo, arrivò quasi in cima, vicinissima alla porta. Ma quando mancò tanto così per arrivare a meta, si rese conto che non aveva più ossi per completare la scala. Cosa poteva fare? Senza l'ultimo gradino, la scala sarebbe stata inutile; probabilmente aveva perso qualche pezzo, quando finalmente ebbe un'idea: prese il coltello e si tranciò il dito mignolo, che usò come ultimo gradino per la scala, e infatti, quello si attaccò benissimo agli altri pezzi, e così la scala fu terminata, e, sempre tenendo stretto il bambino in vita, raggiunse la porta ed entrò nella capanna. Dentro, trovò tutto in perfetto ordine. Dopo essersi rifocillata, depose il bimbo in una culletta che era pronta, lì per terra, e si sdraiò per riposare.

Quando suo marito, il maiale, fu ai piedi della capanna, rimase quasi scioccato: inizialmente, non riusciva a credere ai suoi occhi, e osservò attentamente la scala fatta con gli ossi di pollo, e vide che al posto dell'ultimo gradino c'era un dito. Allora pensò che ci fosse sotto qualche stregoneria, e fu lì lì per scappare, spaventato, ma poi gli venne un'idea: si trasformò in colomba (in quel modo nessun incantesimo poteva avere effetto su di lui), e volò nella stanza senza toccare la scala. Lì, vi trovò una donna che cullava un bambino. Vedendola così cambiata, così provata da tutto quello che aveva passato, il suo cuore si riempì d'amore e tenerezza, e, grazie alla grande compassione che gli scaturì dal cuore, improvvisamente divenne un uomo. Nel vederlo, la principessa si alzò di scatto, con il cuore che le batteva dalla paura, nel vedere uno sconosciuto (poiché ancora non sapeva che si trattasse del marito). Ma appena egli le disse chi era, una grande e immensa gioia le riempì l'animo, e in un batter d'ali scordò tutte le sofferenze provate. Poi ella vide che suo marito era un uomo bellissimo, e forte come una roccia. Essi si sedettero uno accanto all'altra, e la moglie gli raccontò di tutte le sue avventure, e, nell'apprenderle, egli provò immensa pietà e pianse, poi, finalmente, fu il suo turno di raccontare tutta la storia. "Io sono un figlio di Re. Una volta mio padre stava combattendo contro certi draghi, che erano il flagello del suo regno. Io ammazzai il più giovane; sua madre, che era una strega, mi scagliò una maledizione e mi trasformò in maiale. E fu proprio lei, quel giorno, a passarti accanto apposta per poterti imbrogliare, suggerendoti di legarmi il piede sinistro, così, invece di tre giorni, in quel modo sono stato costretto a mantenere le sembianze di porco per altri tre anni. Ora che abbiamo tutti e due sofferto e faticato per ritrovarci, l'incantesimo è finalmente rotto e possiamo essere felici per sempre, dimenticandoci delle pene passate." Gioiosi e felici, si diedero un bacio, e, il mattino dopo, partirono molto presto per fare rientro al palazzo del padre di lui. Fu un tripudio tra la folla, che acclamò a gran voce il bentornato a lui e alla sua sposa. Suo padre e sua madre li abbracciarono entrambi, e il Re diede il via ai festeggiamenti che durarono tre giorni e tre notti. Dopo, partirono alla volta del regno del padre di lei, e il vecchio re fu fuori di sé dalla gioia nel rivedere finalmente sua figlia, e, quando seppe di tutte le sue disavventure, le disse: "Non ti avevo detto che ero quasi sicuro che quella creatura disgustosa che ti chiese in moglie, dopotutto non era un vero maiale? Vedi, bimba mia, che ho avuto ragione? E tu sei stata molto saggia ad ascoltarmi." E, dal momento che ormai il Re era vecchio e senza eredi, lasciò a loro due il regno e tutti i suoi averi. Ed essi regnarono a lungo, con la saggezza tipica delle persone che hanno sofferto, imparando a loro spese la durezza della vita.

E se per caso non sono ancora morti, vuol dire che sono ancora lì al loro posto, felici e contenti.

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Questa fiaba è stata da me tradotta dall'inglese. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato il 4 ottobre 2011)