Fiabe russe di A. Afanas'ev: Le mele della giovinezza e l'acqua della vita.

(testo annotato e tradotto da me e distribuito con licenza CC 3.0 Italia. Per favore, vedasi note a pié di pagina.)

picture

("Apples of Youth and Live Water", arte Vintage anni'50 circa. Di Nikolai Kochergin. Tratta dal sito dana-mad.ru. Passaci sopra il puntatore del mouse per ingrandirla.)

Da: «Narodnye russkie skazki», 1855-'64

libro animato

In un certo reame, in una certa terra, viveva uno zar con i suoi tre figli: Fedor (il maggiore), Vasilii (il mezzano) e Ivan (il minore) [1]. Lo zar aveva ormai una certa età, e non ci vedeva quasi più, e aveva sentito dire che oltre la trentanovesima terra, nel trentesimo regno, c'era un frutteto in cui crescevano le mele della giovinezza e dove sgorgava la sorgente dell'acqua della vita. Se l'anziano avesse potuto mangiare una di quelle mele sarebbe ritornato giovane, e se si fosse potuto lavare gli occhi con quell'acqua avrebbe riacquistato la vista. Dunque, lo zar fece preparare una gran festa a cui furono invitati tutti i principi e i boiari del mondo, e disse loro: «Chi fra di voi, miei fedeli nobiluomini, si offre come volontario per un viaggio in direzione del trentesimo regno, oltre la trentanovesima terra? Colui che mi riporterà qualcuna delle mele della giovinezza e una caraffa con l'acqua della vita, riceverà in dono metà del mio regno.» Ma siccome il coraggio è un dono di pochi, e nessuno volle farsi avanti, ecco che intervenne il principe Fedor e disse: «Non è il caso di rischiare che una parte del regno finisca in mano ad un estraneo. M'imbarcherò io in quest'impresa.» Fedor andò nelle scuderie e prese un cavallo non ancora domato e gli attaccò delle briglie nuove di zecca, poi si munì di un frustino nuovo di zecca [2], e per rafforzare la sella, la legò con tredici cinghie (una in più del solito). Fatto ciò, partì, più veloce della luce [3].

Cavalcò e cavalcò: se tanto, se poco, se attraverso le montagne, oppure giù per le pianure, questo non lo sappiamo; di certo si sa che viaggiò per tutto il giorno. A un certo punto arrivò a un crocevia di tre strade, al cui centro sorgeva una pietra con incise le seguenti istruzioni [4]:

"Se andate a destra, salverete voi stessi ma perderete il cavallo.
Se andate a sinistra, salverete il cavallo ma perderete la via.
Se cercate una moglie, andate dritto."

E Fedor pensò: "Mi conviene andare andare a prendermi la moglie." E tirò dritto. Continuò a cavalcare fino a quando giunse nei pressi di un grande castello dal tetto d'oro; una bella ragazza gli corse incontro e gli disse: «Mio caro principe, lasciate che vi aiuti a smontare da cavallo e venite con me a godere della mia ospitalità [5].» «Vi ringrazio, bella fanciulla, ma non ho fame e non posso fermarmi.» «Vi prego, mio principe, restate con me, e divertiamoci insieme.» Al che, la giovane donna lo aiutò a scendere da cavallo e lo condusse nel suo castello, lo ristorò e lo dissetò, e infine lo condusse in camera; e non appena il principe Fedor si fu coricato, la donna capovolse il letto e il giovane precipitò in una buia cantina che si trovava nel fondo di una segreta sotterranea.

Qualche tempo dopo (tanto o poco non si sa), lo zar fece preparare dei nuovi festeggiamenti, a cui furono invitati tutti i principi e i boiari del mondo, ed egli chiese loro: «Chi fra di voi, miei fedeli nobiluomini, si offre come volontario per un viaggio in direzione del trentesimo regno, oltre la trentanovesima terra? Colui che mi riporterà qualcuna delle mele della giovinezza e una caraffa colma dell'acqua della vita, riceverà in dono metà del mio regno.» Ma anche questa volta la codardia prese il sopravvento, e nessuno si fece avanti, sicché il principe Vasilii disse: «Padre, non è il caso di cedere i nostri averi a degli estranei. Partirò io, e vi riporterò le mele della giovinezza e una caraffa piena d'acqua della vita.» Andò nelle scuderie, si scelse un cavallo non ancora domato e gli attaccò delle briglie nuove di zecca, poi si munì di un frustino nuovo di zecca, e per rafforzare la sella, la legò con tredici cinghie (una in più del solito). Fatto ciò, partì, più veloce della luce. Cavalcò e si allontanò: se tanto, se poco, se cavalcò su per le montagne, oppure giù per le pianure, questo non lo sappiamo; di sicuro cavalcò per tutto il giorno finché arrivò al solito crocevia con la famosa pietra con incise le solite istruzioni:

"Se andate a destra, salverete voi stessi ma perderete il cavallo.
Se andate a sinistra, salverete il cavallo ma perderete la via.
Se cercate una moglie, andate dritto."

E Vasilii disse a se stesso: «Mi conviene andare a prendermi 'sta moglie.» E tirò dritto; cavalcò fino a quando arrivò al solito castello con i tetti d'oro, e subito la bella ragazza corse ad accoglierlo: «Mio bel principe, lascia che ti aiuti a smontare da cavallo e seguimi nel mio castello, e vieni a godere della mia ospitalità.» «Non posso, signorina. Non desidero cenare, e inoltre, non posso perdere del tempo prezioso. Mi dispiace, ma devo proprio continuare.» Ma quella insistette: «Ma no, lasciate perdere tutto! Non vorrete perdere l'occasione di godere dei privilegi che vi offro..» Così dicendo, lo fece scendere dal cavallo e lo condusse in casa; gli servì un lauto pasto, gli porse del buon vino, e poi lo mise a letto. Ma non appena Vasilii si coricò, la donna capovolse il letto e quegli precipitò in una buia cantina che si trovava nel fondo di una segreta sotterranea, e mentre cadeva, udì una voce a lui famigliare: «Chi è che cade?» «Il principe Vasilii. Chi c'è laggiù?» «Il principe Fedor.» «Bhè, fratello, è proprio il caso di dire che ci siamo cascati tutti e due!»

Altro tempo dopo, tanto o poco non si sa, lo zar diede ordine di avviare dei nuovi festeggiamenti, e furono riuniti tutti i principi e i boiari del mondo, ed egli disse: «Chi fra di voi, miei fedeli nobiluomini, si offre come volontario per un viaggio in direzione del trentesimo regno, oltre la trentanovesima terra? Colui che mi riporterà qualcuna delle mele della giovinezza e una caraffa colma dell'acqua della vita, riceverà in dono metà del mio regno.» Ma anche questa volta non si fece avanti nessuno, e finalmente intervenne il principe Ivan e disse: «Padre, dammi la tua benedizione, perché voglio partire io per andare alla ricerca delle mele della giovinezza e dell'acqua della vita, e anche per trovare i miei fratelli.» Lo zar gli diede la benedizione. Ivan andò alle scuderie a cercare il cavallo più valoroso per la sua grande impresa, ma ne era rimasto soltanto uno e tremava tutto, e quando cercò di spronarlo, il quadrupede gli crollò ai piedi. Non avendo potuto trovare il cavallo ideale, il povero Ivan lasciò le scuderie tutto demoralizzato. Ma ecco che apparve una vecchia che gli chiese: «Buon giorno, Ivan zarevic! Perché sei così abbattuto, figliolo?» «E come non potrei, bàbushka [6]? Devo partire e non riesco a trovare un cavallo adeguato alla mia impresa.» «Tutto qui? Bastava che venissi da me! Sappi che il cavallo perfetto per te esiste, e si trova proprio giù nelle segrete: esso à legato con una catena di ferro. Prendi quello, è un'ottima bestia.» Il principe Ivan andò nei sotterranei, e rimosse una lastra di ferro che ne bloccava l'apertura; corse dal cavallo che gli aveva consigliato la vecchia, e mentre lui alzò gli arti per appoggiarli sulle sue spalle, il principe non si mosse. Allora il cavallo strappò la catena che lo imprigionava, prese Ivan su di sé e scattò fuori più veloce di un fulmine. Poi Ivan munì la bestia di briglie nuove di zecca, e di una sella nuova di zecca; e per rafforzarla (non lo fece certo per bellezza), la legò con tredici cinghie, ossia, una in più del solito.

Partì per la sua impresa, e ben presto raggiunse il crocevia. Lesse l'incisione e si fermò a riflettere: "Se vado a destra, perderò il mio cavallo: e come potrei fare, poi? Se vado dritto, potrei trovare una moglie, ma non è quella la ragione del mio viaggio. Ma se invece vado a sinistra, salverò il cavallo. Sì, è questa la via giusta." E imboccò la via a sinistra che gli avrebbe permesso di preservare il cavallo. Cavalcò ancora, per tanto o per poco non si sa, come non sappiamo se viaggiò su per montagne rocciose o su sentieri pianeggianti; di certo cavalcò per tutto il giorno, fino a quando arrivò davanti a una piccola izba appoggiata su due zampe di gallina. C'era solo una finestra.

«Izba, izba piccina,
gira verso di me la tua faccina
e lasciami aprir la tua porticina.»

A quelle parole, la capanna voltò le spalle alla foresta e si girò verso il principe Ivan; egli entrò e dentro vide che c'era una Baba Jaga Gamba d'Osso, con le spalle che si estendevano in ogni angolo della casa, e con un naso lungo lungo che arrivava fino al soffitto. «Oh, oh, sento odor di ossa russe! Non vedo un russo da tantissimo tempo, e ora eccone qua uno. Sei alla ricerca di qualcosa, o sei in fuga da qualcosa?» «Che modi sono, Baba Jaga? Mi interroghi prima ancora di salutarmi? Non mi offriresti una buona cena e del buon vino, prima, e un buon letto per la notte? Dopo ti racconterò tutto quanto.» La Baba Jaga gli servì la cena e lo mise a letto; poi, si sedette al suo fianco e gli chiese: «Ebbene, ora mi dici chi sei e da dove vieni, bravo giovane? Chi sono i tuoi genitori?» «Nonna, io vengo dal regno così e così, dalla terra così e così. Sono il principe Ivan e sono il figlio minore dello zar. Devo raggiungere la trentanovesima terra, oltre il trentesimo regno [7], per prendere le mele della giovinezza e una brocca dell'acqua della vita.» «Mio caro ragazzo, temo che sia un'impresa impossibile.. le mele della giovinezza e l'acqua della vita appartengono a mia nipote [8] Sineglazka, una valorosa eroina guerriera [9]. Non so davvero come riuscirai a sottrarle i suoi averi..» «Ti prego, Nonnina, appoggiami la testa sulle spalle e spiegami tu come devo fare.» «Bhè, molti giovanotti sono capitati da queste parti, ma pochi sono stati così cortesi. D'accordo, ti aiuterò: prendi il mio cavallo, ragazzo, poiché corre più velocemente degli altri. Ti condurrà dalla mia sorella mezzana: lei saprà come consigliarti.» Il mattino seguente Ivan si svegliò di buon'ora; ringraziò la Baba Jaga per l'ospitalità e partì a bordo del nuovo cavallo, ma all'improvviso esclamò: «Fermati! Ho perso il mio guanto!» E il cavallo rispose: «Mentre tu parlavi, io ho già percorso più di 130 miglia!»

Il principe Ivan cavalcò lontano, o forse vicino, insomma, quanto, non si sa; ma viaggiò tutto il giorno, finché vide un'altra piccola izba che poggiava su gambe di gallina, e con una sola finestra.

«Izba, izba piccina,
gira verso di me la tua faccina
e lasciami aprir la tua porticina.»

La capanna si diede le spalle alla foresta e si girò verso Ivan. Improvvisamente, un altro cavallo nitrì e quello di Ivan rispose con un altro nitrito. I cavalli, si sa, sono tutti fratelli. Dall'interno dell'izba la Baba Jaga (che era ancora più vecchia dell'altra) udì i cavalli e disse: «Sembra che sia venuta a trovarmi mia sorella.» Aprì la porta e uscì sulla veranda e disse: «Oh, oh, non si vedeva più un osso russo da un bel pezzo, e adesso eccone qui uno! Sei in cerca di qualcosa, o sei in fuga?» «Che fai, Baba Jaga, mi riempi di domande senza neanche salutarmi? Prima offrimi un piatto caldo e un letto per la notte, e poi ti spiegherò ogni cosa.» La Baba Jaga fece così: servì da mangiare e da bere a Ivan, lo mise a letto, gli si sedette accanto, e gli chiese: «Ebbene, caro giovane, da che terra provieni? Chi sono i tuoi genitori?» E Ivan: «Cara Nonnina, io vengo dalla terra tal dei tali, dal regno tal dei tali, sono il principe Ivan e sono il figlio minore dello zar. Devo arrivare al trentesimo regno, oltre la trentanovesima terra: là si trova la dimora della guerriera Sineglaza, e a me servono le mele della giovinezza e l'acqua della vita che si trovano nel suo palazzo.» «Ma caro figliolo, non so davvero se riuscirai a ottenere quel che cerchi: la strada è impervia, e non è facile raggiungere la dimora di Sineglazka.» «E tu, Nonnina, non vorresti appoggiarmi la testa sulla spalla e spiegarmi come fare?» «Tanti giovani sono capitati da queste parti, ma pochi si sono rivolti a me con gentilezza come hai fatto tu; ebbene, ti aiuterò. Prendi il mio cavallo che corre più veloce degli altri, lui ti porterà dalla mia sorella maggiore: forse lei saprà dirti cosa fare.» Il mattino dopo Ivan si alzò presto, ringraziò la Baba Jaga per l'ospitalità e saltò sul cavallo di lei. Ma poco dopo disse alla bestia: «Fermati! Ho perso il mio guanto!» «Caro principe, mentre tu parlavi, io ho già percorso quasi 200 miglia!»

Nelle fiabe è presto detto, ma un'impresa richiede tempo, e il principe Ivan cavalcò per tutto il giorno, dall'alba alla notte. Finalmente vide una piccola izba girata verso il bosco, dalle zampe di gallina e con una singola finestra.

«Izba, izba piccina,
gira verso di me la tua faccina
e lasciami aprir la tua porticina.»

L'izba si voltò verso di lui, ed improvvisamente si udì il nitrito di un cavallo, ed il cavallo del principe rispose nitrendo a sua volta. La terza Baba Jaga uscì sulla veranda, ed era ancora più vecchia della seconda. Osservò il cavallo, e vide che era quello di sua sorella, ma il forestiero non lo conosceva; vide però che era un bel giovanotto. Egli s'inchinò in segno di rispetto, e le chiese ospitalità, e la Baba Jaga non poté negargliela, poiché era dovuta a qualsiasi viandante, sia a chi viaggiava a piedi o a cavallo, e tutti ne avevano diritto, che fossero ricchi oppure poveri. La Baba Jaga si prese subito cura di tutti e due: ricoverò il cavallo nella scuderia, e servì un pasto caldo a Ivan, e poi cominciò a fargli delle domande. «Dunque, mio bel fanciullo, ora vuoi dirmi chi sei e da dove vieni?» «Cara Nonnina, io sono Ivan, il figlio minore dello Zar di quel luogo così e così, e sono diretto lì e lì; sono stato ospite prima di tua sorella minore, e poi dalla tua sorella mezzana, la quale mi ha mandato qui da te. Devo andare oltre la trentanovesima terra, oltre il trentesimo regno, alla ricerca delle mele della giovinezza e dell'acqua della vita che appartengono alla potente eroina guerriera Sineglazka.» «Oh, figlio mio, non so davvero se sarai in grado di conquistare ciò che cerchi: la strada per il castello di Sineglazka à impervia e piena di difficoltà.» «Ebbene, Nonnina, non vorresti proprio posare il capo sulle mie spalle e darmi qualche buon suggerimento?» «Molti sono passati di qui, ma ben pochi sono così educati e cortesi: d'accordo, ti aiuterò. Sineglazka è mia nipote, ed è una potente e valorosa guerriera; il suo regno è circondato da mura larghe 1 piede e alte quasi 21 [10]. Al cancello c'è un reggimento di trentatre sentinelle, le quali non ti lasceranno nemmeno avvicinare. Quindi, dovrai andarci a notte fonda. Prendi il mio cavallo, è un'ottimo destriero. Non appena sarai ai piedi delle mura, spronerai il cavallo col frustino nuovo di zecca: in questo modo salterà dall'altra parte. Poi, legherai il cavallo e andrai in giardino: lì troverai il melo della giovinezza, e sotto il melo vedrai un pozzo. Prenderai tre mele soltanto, non una di più, poi andrai alla sorgente della vita a prendere l'acqua. Fallo mentre Sineglazka dorme, ma non andare per nessuno motivo nella sua camera. Torna a prendere il cavallo e frustalo con forza, e lui salterà giù.» Stavolta Ivan non si fermò a dormire all'izba, ma prese subito il cavallo della vecchia e galoppò tra paludi e pantani, attraversando fiumi e laghi.

Dopo aver cavalcato a lungo o per poco, attraverso alte montagne o basse pianure, il principe Ivan arrivò nel bel mezzo della notte ai piedi di una muro di cinta alto come una torre; a guardia del palazzo vide una trentina di sentinelle. Ivan spronò il cavallo con le gambe, e poi gli mise addosso il frustino nuovo di zecca; il cavallo si arrabbiò, e balzò in su, scavalcando la barriera. Poi Ivan smontò, andò in giardino, e vide un melo dalle foglie d'argento e carico di mele d'oro, e sotto l'albero, il pozzo. Colse tre mele e riempì la brocca, ma improvvisamente sentì il desiderio di vedere con i suoi occhi la potente e grande eroina guerriera, Sineglazka. Entrò allora nel palazzo. Erano tutti addormentati: da una parte le sei dame guerriere, dall'altra le altre sei, e nel mezzo, sdraiata sul letto, Sineglazka, che russava rumorosamente. Il principe Ivan non riuscì a resistere alla tentazione e la baciò, e poi uscì; montò di nuovo sul suo cavallo, ma quello gli disse con voce umana: «Hai fatto di testa tua, principe Ivan: sei entrato nel castello per vedere la bella Sineglazka, non è così? Per colpa tua, adesso io non sono più in grado di saltare.» Ma Ivan lo spronò col frustino nuovo di zecca e gridò: «Forza, vecchio brontolone! Muoviti, ronzino! Andiamo! Sacco di pulci, vuoi muoverti? Non possiamo restare qui tutta la notte, vuoi che ci taglino la testa!» A quelle parole il cavallo s'infuriò ancora di più e saltò, ma uno zoccolo gli rimase impigliato in cima alla parete, e ciò fece scattare gli allarmi e squillò la sirena, facendo vegliare Sineglazka. Quando vide di essere stata derubata, esclamò: «Allarme rosso! Siamo stati derubati!» Ordinò di sellare subito il suo cavallo da combattimento e insieme alle dodici compagne guerriere si lanciò all'inseguimento del principe Ivan, il quale, nel frattempo, stava correndo più veloce che poteva, ma Sineglazka stava quasi per raggiungerlo. Fece appena in tempo ad arrivare all'izba della Baba Jaga più anziana: ella aveva già preparato un altro cavallo per lui; fecero subito lo scambio e riprese a correre alla velocità della luce. Ma aveva già Sineglazka alle calcagna, la quale arrivò subito dopo e chiese alla Baba Jaga: «Nonna, per caso hai visto un animale passare di qui?» «No, figliola.» «Non hai visto un uomo a cavallo?» «No, figlia mia, ma già che sei qui, perché non resti a bere una bella tazza di latte? Ti farà bene, dopo aver corso tanto.» «Mi piacerebbe, nonna, ma ci vuole troppo tempo per mungere una vacca.» «Ma no, ci metterò solo un momento.» La Baba Jaga andò a mungere la mucca, e in questo modo prese tempo; la dama guerriera bevve la sua tazza di latte appena munto e poi ripartì all'inseguimento del principe Ivan, il quale, nel frattempo, era già giunto a casa della Baba Jaga mezzana, e, scambiati i cavalli, riprese la fuga. Subito arrivò Sineglazka. «Nonna, hai per caso visto uomo a cavallo passare di qui?» «No, bambina mia, ma senti, ti va di mangiare un po' dei miei bliny [11]? Avrai fame, dopo aver cavalcato così a lungo.» «Eh, ma ci vuole tempo per friggerli!» «Ma no, che ci vuole?» La Baba Jaga si mise a friggere una montagna di bliny, e ci mise un bel po'. Sineglazka li mangiò e poi, via, all'inseguimento di Ivan. Il principe arrivò infine dall'ultima Baba Jaga, smontò, e rimontò sul suo buon vecchio cavallo e corse via, ma Sineglazka era già lì e chiese alla vecchia se per caso avesse visto passare di lì un uomo a cavallo. Ed ella rispose: «No, ragazza mia, ma cosa ne diresti di fare un bel bagno caldo? Vedrai, ti sentirai molto meglio dopo.» «Oh, Nonna, ma ci vorrà un secolo per scaldare la capanna del bagno!» «Ma no, figliola, farò in un momento.» E la Baba Jaga preparò il bagno per la fanciulla. Sineglazka fece un bagno bollente, e poi riprese l'inseguimento, lanciando il cavallo al galoppo, arrampicandosi da una montagna all'altra, e attraversando fiumi e laghi, e ormai stava per riprenderlo. Ivan si vide inseguito dalle dodici dame guerriere comandate da Sineglazka. Le tredici cavallerizze erano ormai pronte ad accerchiarlo, e Ivan rallentò la corsa; Sineglazka lo raggiunse e gridò: «Ehi, tu, ladro, restituiscimi quello che mi hai rubato!» Ed egli rispose: «Misuriamoci in una gara di velocità e affrontiamoci faccia a faccia! Vedremo chi è il più forte!» Il principe Ivan e la guerriera Sineglazka lanciarono i cavalli ed estrassero le armi da combattimento: i machete, le lance e le sciabole affilatissime; fecero tre combattimenti, fino a quando i machete si ruppero, le lance si spezzarono, e le sciabole si smussarono. Eppure, nessuno dei due riusciva ancora a mandare al tappeto l'altro, così, visto che ormai era inutile proseguire la lotta dal dorso del cavallo, i due saltarono giù e combatterono a mani nude. Lottarono senza esclusioni di colpi per tutto il giorno fino al tramonto, finché le gambe di Ivan cedettero ed egli crollò a terra sconfitto. Sineglazka appose un piede sul suo petto bianco [12] in segno di vittoria ed estrasse la daga per finirlo, ma Ivan esclamò: «Non uccidermi, bella Sineglazka, prendimi per mano e aiutami a rialzarmi, e poi baciami dolcemente sulle labbra.» Allora la bella Sineglazka aiutò Ivan ad alzarsi e lo baciò sulle dolci labbra. Stesero un tendone, lì, in quell'aperta radura, sul bel prato verde, nel quale trascorsero insieme tre giorni e tre notti; si scambiarono gli anelli e si fidazarono. Poi, Sineglazka disse al principe: «Ora io tornerò a casa, e tu farai lo stesso, ma sta' attento: vai dritto per la tua strada senza fare deviazioni. Aspettami nel tuo regno. Ci rivedremo fra tre anni.» Montarono sui cavalli e si separarono.

Dopo molto o poco tempo (a raccontare si fa presto, ma in realtà il tempo passa lento), il principe Ivan arrivò di nuovo al crocevia, e pensò: "Non è giusto che io possa tornare a casa, mentre i miei fratelli sono ancora dispersi." Così, invece di seguire le direttive di Sineglazka, imboccò la via che portava dalla dama misteriosa, e in breve tempo arrivò al castello dal tetto d'oro. Il cavallo di Ivan nitrì, e siccome i cavalli fra di loro sono tutti compagni, anche i cavalli dei suoi due fratelli emisero un nitrito di risposta. Ivan salì le scale passando dalla veranda e fece squillare così forte il campanello che i pinnacoli del tetto si scossero tutti e le cornici delle finestre scricchiolarono; una bella fanciulla venne ad aprire. «Oh, principe Ivan, è da una vita che ti aspetto! Vieni dentro a cenare con me, e resta qui stanotte.» Così dicendo, lo condusse in casa sua e gli offrì un banchetto da re, ma Ivan non mangiò e non bevve: buttò tutto il cibo e versò il vino sotto il tavolo; poi, la bella fanciulla lo accompagnò in camera da letto e gli disse: «Sdraiati, mio caro principe, e riposati.» Ma Ivan, invece, gettò lei sul letto, lo capovolse, ed ella precipitò giù nelle buie segrete. Poi Ivan si curvò sul passaggio e gridò: «C'à nessuno laggiù?» Ed essi risposero: «Siamo qui, siamo il principe Fedor e il principe Vasilii!» Allora, Ivan tirò fuori i fratelli dal cunicolo, e vide che avevano i volti sporchi ed erano quasi completamente ricoperti di muschio, allora li lavò con l'acqua della vita ed essi tornarono come prima. Montarono sui loro cavalli e se ne andarono via. Dopo poco o tanto, non si sa, giunsero di nuovo al crocevia, e Ivan disse ai fratelli: «Badate per favore al mio cavallo mentre io mi riposo un po'.» Si sdraiò sull'erba tenera e si addormentò profondamente. Nel frattempo, il principe Fedor disse a Vasilii: «Se torniamo in patria senza le mele della giovinezza e senza l'acqua della vita, sarà da sconfitti, e nostro padre ci manderà a pascolare le oche!» E Vasilii rispose: «Buttiamolo in un burrone, e rubiamogli l'acqua e le mele miracolose e portiamole a nostro padre al posto suo.» Frugarono nella borsa del fratello e rubarono il contenuto, e poi gettarono Ivan in un burrone profondissimo, attraverso cui il poveretto precipitò per tre giorni e tre notti prima di raggiungere il fondo. Alla fine, cadde su una spiaggia e cominciò a camminare, ma si rese conto che attorno a lui c'erano solo cielo e mare.

A un tratto s'accorse che sotto ad una quercia c'erano degli uccellini senza la madre che stridevano al mare, come se stessero avvertendo un pericolo. Allora Ivan si tolse il kaftan [13] e lo mise addosso agli uccelletti e poi andò a nascondersi sotto la quercia. Quando finalmente il tempo migliorò, ecco sopraggiungere il grande uccello Nagai e subito chiese ai suoi piccoli: «Bambini miei, come avete fatto a difendervi dalla tempesta?» «Non preoccuparti, mamma, è venuto un russo e ci ha coperto con il suo kaftan.» Allora Nagai chiese al principe Ivan: «Come mai ti trovi qui, buon uomo?» «I miei fratelli mi hanno buttato nel burrone per rubarmi le mele della giovinezza e l'acqua della vita che portavo con me.» «Tu hai protetto i miei piccoli, perciò, ora chiedi pure tutto quello che vuoi; ti darò qualsiasi cosa: oro, argento, o anche pietre preziose.» «Non voglio niente di tutto ciò, Nagai, ti ringrazio: vorrei solo poter tornare alla mia terra natia.» E l'uccello Nagai rispose: «Trova due barili, e riempili di trentacinque libbre [14] di carne per uno.» E il principe Ivan sparò ad alcuni cigni e ad altre oche che si trovavano sulla costa; mise le loro carni nei due barili e li legò sulle spalle di Nagai e poi si accovacciò sul dorso.

Cominciò a dare un po' di carne all'uccello e quello prese il volo. Volò sempre più in alto nel cielo, e mentre volava, Ivan lo alimentava. Non si sa di preciso per quanto tempo volarono, forse per tanto o per poco, e Ivan continuò ad attingere ai due barili di carne per alimentare Nagai, la quale ogni tanto girava il becco verso di lui per afferrare il cibo. Quando le scorte furono esaurite, Ivan tirò fuori il suo coltello e si tagliò un pezzo di coscia e lo diede a Nagai, ed ella continuò a volare sempre più lontano. Ma poi ebbe di nuovo fame e girò di nuovo il becco per prendere altro cibo, e allora egli si tagliò l'altra coscia e la diede al volatile. Erano quasi arrivati, ma Nagai voltò il becco per la terza volta, e Ivan dovette tagliarsi via un pezzo di petto per darlo all'uccello. Finalmente atterrarono sulle terre dello zar, e Nagai disse a Ivan: «Bravo, mi hai nutrito a sufficienza durante il volo, ma l'ultimo pezzo era il più prelibato di tutti. Non avevo mai mangiato una carne tanto deliziosa.» E Ivan le mostrò le ferite sanguinanti, allora Nagai rigurgitò la sua carne viva e disse: «Rimetti i pezzi al loro posto.» Ivan ubbidì, e subito la carne aderì al resto del corpo. «Smonta, ora, principe Ivan, e lasciami tornare a casa mia.» Nagai si alzò in volo e Ivan si diresse verso la capitale. All'arrivo, scoprì che i principi Fedor e Vasilii erano già tornati e che avevano portato al padre le mele della giovinezza e l'acqua della vita, così che lo Zar ne uscì rinvigorito: aveva recuperato completamente la vista e ora godeva di nuovo di ottima salute. Allora Ivan non tornò a casa, e preferì trascorrere il resto del suo tempo tra una bettola e l'altra, mischiandosi ai peggiori ubriaconi del paese.

Nel frattempo, nel trentesimo regno, oltre la trentanovesima terra, la grande e potente guerriera Sineglazka diede alla luce due figli maschi, i quali, a differenza dei comuni mortali, crebbero di ora in ora. Per farla breve, passarono tre anni, e finalmente Sineglazka prese i figli, radunò le armi, e si mise in cammino alla ricerca del principe Ivan. Quando arrivò nel regno dello zar, installò il suo bel tendone bianco in aperta campagna, sul prato verde, e tapezzò l'entrata con un drappo luminoso. Fatto questo, inviò un messaggero in città a riferire queste parole allo zar:

"Maestà, mandatemi vostro figlio. Se non lo farete, passerò con la mia armata sopra il vostro regno, lo incendierò, e vi farò prigioniero."

Lo zar spaventò non poco, e decise di inviarle il figlio maggiore, Fedor, il quale camminò sopra il bel drappo luminoso e quando arrivò all'entrata del tendone, ecco due bambini accorrere per vedere chi era, ed esclamarono: «Madre, madre, è forse nostro padre?» «No, figlioli, è vostro zio.» «Come lo dobbiamo ricevere, mamma?» «Trattatelo come merita, ragazzi.» Allora i due presero delle verghe e cominciarono a frustarlo per bene sulla schiena; gliene diedero tante, ch'egli alla fine riuscì a malapena a muoversi.

In seguito, Sineglazka inviò allo zar un altro messaggio tale e quale al precedente. Lo zar si terrorizzò ancora di più, e le mandò il principe Vasilii. quando quegli giunse in cima al tendone bianco, ecco sopraggiungere i due figli della dama e dissero: «Madre, madre, à forse nostro padre?» «No, figlioli, è l'altro vostro zio: trattatelo come merita.» Al che, i due ragazzini presero alcune verghe e giù, cominciarono a frustare Vasilii sulla schiena, e gliene diedero tante, che a malapena riuscì a muovere un passo.

Per finire, Sineglazka inviò un terzo messaggio allo zar:

"Mandate a cercare il vostro terzo figlio, il principe Ivan. Se non lo troverete, passerò con la mia armata sopra il vostro regno e lo incendierò."

In preda al panico, lo zar mandò a chiamare i figli maggiori e ordinò loro di andare subito alla ricerca del fratello, il principe Ivan; ma i due si buttarono ai suoi piedi e gli confessarono di avergli sottratto l'acqua della vita e le mele della giovinezza mentre dormiva, e di averlo poi buttato in un dirupo. A quelle parole, lo zar pianse amaramente. Nel frattempo, il principe Ivan decise di andare a cercare Sineglazka, e si portò dietro le sue spugne, e i beoni strapparono il drappo luminoso e lo gettarono al vento.

Il principe Ivan raggiunse la tenda bianca, ed ecco che i due fanciulli sbucarono fuori esclamando: «Mamma, mamma, sta arrivando un ubriacone con tanti altri beoni.» E Sineglazka rispose: «Prendetelo per mano e portatelo dentro, poiché egli è vostro padre e ha patito ingiustamente per tre lunghi anni!» E i due fanciulli afferrarono le mani bianche del principe e lo portarono dentro alla tenda, e Sineglazka lo lavò e gli pettinò i capelli, gli mise addosso dei panni puliti e lo mise a letto. Agli altri sbronzi diede del vino e quelli se ne andarono.

Il giorno dopo, il principe Ivan e Sineglazka si recarono al palazzo dello zar; fecero una grande festa e i due fidanzati si sposarono. Ma ai due fratelli cattivi di Ivan toccò ben poca gloria: furono espulsi dalla reggia e condannati a trascorrere una notte qui, un'altra là, e una terza dove non si sa..

Il principe Ivan non rimase nel suo regno, ma se andò via con sua moglie verso le terre di lei. E questa è la fine della storia.

(Traduzione dall'inglese di Valentina Vetere.)

separatore grafico

Note dal testo

[1] Fedor [in italiano: Teodoro] - Vasilii [in italiano: Basilio, o: Basile.] - Ivan: [in italiano: Giovanni]

[2] Usare oggetti mai usati prima, e quindi, "nuovi di zecca" è una formula tipica degli eroi del folklore russo.

[3] formulata molto usata nel folklore russo per enfatizzare le qualità umane dell'eroe/eroina.

[4] quello del bivio con le scelte da operare da parte del protagonista è un altro motivo ricorrente delle fiabe russe.

[5] espressione verbale che in russo sta a indicare letteralmente: "mangiamo pane e sale insieme." Deriva, tradizionalmente, dalla consuetudine di offrire all'ospite pane e sale.

[6] nonna, nonnina. Termine informale e cortese, usato per rivolgersi alla propria nonna, o, in genere, a una signora d'età. Talvolta può essere indirizzato specificamente alla Baba Jaga delle fiabe. Qui ho preferito riportarlo con la lettera maiuscola per fare capire bene che il termine è usato in senso lato.

[7] espressione verbale figurata, che significa letteralmente "lontano, lontanissimo".

[8] nella traduzione inglese dal russo a cui questo testo attinge, il terminte "nipote" è traduzione di "niece", che in inglese significa specificamente: "nipote femmina di zio, o di zia", da non confondersi con "grand-daughter", che indica, invece, una nipote di nonno/nonna.

[9] dal termine russo "bokatyrka", il femminile di bogatyr.

[10] misura britannica corrispondente a 1 "sahzen" russo, ossia, 1 piede, che a sua volta equivale a circa 30,48 cm.

[11] focaccine tradizionali della cucina russa, simili alle crêpes. Si differenziano da quest'ultime in quanto necessitano di lievitazione. Si servono in vari modi, sia con dolce che con il salto, e, tradizionalmente, con salmone affumicato o caviale, condito con panna acida.

[12] petto bianco, mani bianche, ecc.. nelle tradizioni russe, il bianco è sinonimo di valore e qualità.

[13] il termine kaftan (o "caffettano") indica, solitamente, un abito turco o persiano, di cotone o seta, da uomo, lungo fino alle ginocchia, tradizionalmente indossato dai sultani ottomani. In Russia, invece, il termine è usato per indicare una lunga veste maschile da esterno con maniche aderenti: una sorta di lungo soprabito largamente usato sia dalla classi sociali elevate, che da quelle inferiori. Caduto poi in disuso, attualmente rimane in uso soltanto in contesti religiosi.

[14] unità di misura britannica corrispondente a circa 453 grammi.

separatore grafico

Questa fiaba è stata tradotta da me dall'inglese. Chiunque desideri questo testo per le proprie pagine web, può prelevarlo liberamente, seguendo le medesime condizioni regolate dalla licenza Creative Commons 3.0 indicata in questa pagina, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Si ricorda, inoltre, di non fare hot link sulle immagini. Grazie per l'attenzione. Valentina.

Licenza Creative Commons

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia

.

(Documento creato ex-novo il 14/11/13.Ultimo aggiornamento: 08/11/2016.)