Fiabe moderne - Il soffione (di Claudio Rinaldi)

libro animato

C'era una volta un soffione che si librava nel cielo di primavera di un campo dove germogliavano dei fiori allegri, dei meravigliosi alberi da frutto e dei rigogliosi ciuffi d'erba. Il soffione aveva accettato le lusinghe del vento: «Vieni con me. Potrai volare e vedere degli altri luoghi.» Un lieve sorriso dipinse il volto del soffione, mentre il vento incominciò a spirare più forte. Dopo un giorno di viaggio giunsero in un grande prato Di montagna. Notarono che la maggior parte dei fiori era mesta e silenziosa. I ciuffi d'erba sembravano stinti e malconci,mentre gli alberi erano ricurvi. Il soffione chiese al vento di portarlo vicino ad una genziana. «Perché sei così triste?» domandò il soffione. «In questo prato I fiori più grandi sono prepotenti e non siamo liberi nemmeno di parlare tra di noi. Ci sono, poi, dei fiori che non tendono un petalo per aiutare gli altri fiori che sono in pericolo perché non accettano questa tirannia», rispose la genziana con fievole voce. Il soffione, dopo aver ascoltato quelle parole, chiese al vento di condurlo vicino ad un ciuffo d'erba. «Per quale motivo sei ridotto così?» Il ciuffo d'erba timidamente rispose: «Molti animali di questo prato strappano I miei fili. Alcune malvagie farfalle, invece, coprono una parte del mio corpo al solo scopo di non poter essere accarezzato dai raggi del sole.» Il soffione respirò lentamente. «Adesso portami da quell'albero con la gobbaraquo;, pregò il vento. «Sei molto ammalato per essere ricurvo in questo modo?» L'albero annuì. Trascorse qualche minuto e, replicò alla domanda del soffione. «Una volta ero un maestoso albero. Un giorno, tra queste montagne, è arrivata una perfida e forte corrente d'aria gelida che ha piegato il mio fusto, e quello degli altri alberi, affinché perdessimo la nostra regalità.»

Il soffione comprese l'infinita tristezza di ognuno di loro. Allora sibilò alcune parole al vento che lo adagiò Su di una nuvola bassa. Il soffione respirò di nuovo, ma questa volta con più forza. Si schiarì la voce ed iniziò a parlare. «Non c'è vita dove non c'è libertà. La libertà è il primo valore dell'esistenza di ogni creatura della natura anche della più piccola ed indifesa. La mancanza di libertà è un'asfissia lenta e dolorosa. Anche il rifiuto di afferrare il petalo di un fiore, per aiutarlo, significa vivere senza La vita. Il soffione riprese fiato: «Per essere veramente felici è necessario che, tutti voi, siate uguali e, non devono esistere delle diversità di grandezza e di forza. Ogni abitante, di questo prato di montagna, deve rispettare l'altro come se rispettasse se stesso.» La nuvola, su cui era adagiato il soffione, si abbassò fino a lambire le foglie di quei poveri e gibbosi alberi. Il soffione continuò a parlare: «Affinché la pace regni in questo prato è indispensabile che i prepotenti assaporino la dolcezza dell'umiltà, i malvagi intingano, i loro cuori, nei colori dell'arcobaleno della bontà e, la solidarietà si sostituisca all'egoismo. Non è possibile che, a differenza del campo da cui provengo, dei fiori, dei ciuffi d'erba e degli alberi non possano vivere in pace per la crudeltà delle altre creature della natura.» All'improvviso il soffione ascoltò la forte voce delle genziane che erano libere di parlare tra di loro. Osservò dei petali di un fiore che abbracciavano il gambo di un altro fiore, una farfalla che conversava con un ciuffo d'erba illuminato dal sole, ed una fresca brezza accarezzava il fusto dritto di un albero...