Fiabe Classiche e Popolari Italiane - G.Zanazzo: Le tre melangole d'amore (Roma)

(testo tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

illustrazione fiaba

(immagine illustrativa: by Helen Stratton, 1903 [P.D.] via: Surlalunefairytales.com)

«Novelle, favole e leggende romanesche», 1907

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C'era una volta un figlio di re che se ne andava sempre a caccia. Un giorno successe che, mentre sparò un colpo, ammazzò la gallina di una vecchietta. Quella, cieca dalla rabbia, gli disse tutta inviperita: "Che ti possa innamorare delle tre melangole d'amore." Infatti, da quel giorno in poi, il figlio del re non vide altro che le tre melangole d'amore, e non pensava ad altro, tanto che alla fine gli toccò piantare tutto in asso per andare alla ricerca delle tre melangole. Cammina, cammina, strada facendo incontrò un vecchio che gli disse: "Figlio mio, dove te ne vai?" "Alla ricerca delle tre melangole d'amore", rispose lui. "Troppo dovrai tirare il collo, prima di trovarle!" gli disse il vecchio; "e poi dovrai stare bene attento, perché dove stanno queste tre melangolè, lì ci troverai pure l'orco, e se Dio non voglia, ti sente, ti mangerà. Ma io voglio proprio aiutarti, sentimi bene: quando avrai camminato tanto a lungo, ti troverai di fronte a un cancello tutto arrugginito, che, se farai per aprirlo, strillerà, e mentre sarai in mezzo al passaggio, quello si richiuderà all'improvviso, e ti schiaccerà. Ma se tu lo ungerai bene bene di sugna, vedrai che ti lascerà passare senza dirti niente. Appena avrai oltrepassato il cancello, ti verranno incontro tanti cani per sbranarti, ma tu gli butterai tanto pane per sfamarli e quelli ti faranno passare senza molestarti. Dopo, troverai tante donne che tirano sù l'acqua del pozzo con le trecce: tu allora dà loro queste corde, per fargli tirar su l'acqua. Non te ne scordare, altrimenti quelle t'ammazzano, poiché tu fatichi meno di loro. Più avanti troverai delle donne che scopano il forno con le tette, e quanto tu ci passerai davanti, loro ti vorranno buttare dentro al forno, ma tu le darai le scopette e quelle ti faranno passare senza dirti niente. Poi, cammina avanti ancora un pochetto, e troverai la casa dell'orco; sulla finestra troverai le tre melangole d'amore, tu pigliale piano piano e portatele via, ma bada di non scordarti niente di tutto quello che ti ho spiegato, altrimenti, pagherai cara la pelle." "Non dubitate, nonnetto mio" rispose il figlio del re, "farò puntualmente come mi avete detto. Bontà vostra." Gli regalò una borsa di quattrini e si lasciarono, dopo di che, il figlio del re fece una bella provvista di tutto quello che gli serviva, e si rimise in viaggio. Cammina, cammina, finalmente arrivò a quel grande cancello; prima di aprirlo lo unse bene bene con la sugna, e quando l'ebbe unto, il cancello si spalancò da sé, lasciandolo passare. Non aveva fatto che pochi passi che eccoti venirgli incontro un branco di cani che lo volevano sbranare: ma lui gli buttò i sacchi di pane, e se ne andò per conto suo. Quand'ecco che arrivò all'esatto punto che gli aveva detto il vecchietto, dove c'erano le donne che tiravano su l'acqua con i capelli: lui lanciò loro le corde, e proseguì. Ecco poi che trovò le donne che scopavano il forno con le tette; lui buttò loro le scopette, ed esse lo fecero passare senza fargli difficoltà. Poi si mise a camminare in punta di piedi, e, adagio adagio, arrivò proprio alla casa dell'orco, e lì, lo trovò che dormiva davanti alla finestra. S'arrampicò piano piano su per la finestra, afferrò le tre melangole d'amore, rimontò in sella, e scappò via. Ma il rumore del cavallo che trottava svegliò il mago, che, appena sveglio, vedendo il ragazzo che fuggiva, si mise a strillare tutto inferocito: "Donne che scopate il forno, buttatecelo dentro e fatelo arrostire!" Ma quelle risposero: "No, perché in tanto tempo che siamo state qui, tu ci hai fatto scopare il forno con le tette, mentre quello che è appena venuto, ci ha regalato le scopette." E intanto il figlio del re, dai e dai, correva come un fulmine, mentre l'orco strillava: "Donne che pompate l'acqua, buttatelo nel pozzo!" "No," risposero quelle, "perché lui ci ha dato le corde per tirar su l'acqua, mentre tu, in tutto 'sto tempo, ci hai fatto usar le trecce." E intanto il fuggitivo trottava che era una bellezza. E l'orco strillava: "Cani che state a guardia della casa, sbranate quell'uomo!" E quelli: "No, perché in tanti anni che siamo qui tu non ci hai mai dato un tozzo di pane, mentre lui appena è venuto ci ha sfamato." Intanto il principe si avvicinava al cancello, e stava per oltrepassarlo, quando l'orco gli gridò: "Cancello, cancello, fallo a pezzi mentre passa!" Ma quello rispose: "No, perché in tanti anni che ti faccio da porta a casa tua, tu non mi hai dato mai neanche un unghia di sugna; questo invece, m'ha unto tutto appena è arrivato." Così, il figlio del re fu raggiunse la pubblica via, e se la svignò con le tre melangole d'amore. Dopo aver trottato per un bel pezzo, gli venne un'irresistibile curiosità di vedere cosa diamine ci fosse dentro alle melangole; ne aprì una, ed ecco che si fece avanti una bella ragazza, ch'era uscita dalla melangola, e gli disse: "Ho sete, ho sete, dammi da bere." E lui: "Acqua non ne ho." E quella sparì. Allora, il principe cominciò a pensare: 'Chi lo sa se pure dentro alle altre due ci sarà una donna? Quasi quasi ne apro un altro.. ma no, è meglio aspettare.' E invece, non aveva fatto neanche un altro miglio di strada che gli riprese la smania, e aprì la seconda. Ed ecco che fuoriscì una fanciulla più bella della prima, che gli disse: "Ho sete, ho sete, dammi da bere." E lui: "Acqua non ne ho." E sparì pure quella. Il figlio del re disse: "Bon, la terza non la apro finché arriverò a un qualche albergo." E si rimise in viaggio. Cammina, cammina, ecco che per strada incrociò un albergo. Chiamò l'oste, si fece assegnare una camera, si fa portare una bottiglia d'acqua e di vino, e poi ruppe l'ultima melangola, e, meraviglia! Ne uscì una ragazza cento volte più bella di quella di prima, che gli disse: "Ho sete, ho sete, c'è da bere?" "Sì." E le diede da bere; allora lei gli si sedette accanto, e cominciarono ad attaccar bottone. Da cosa nasce cosa, e, siccome lei era tutta nuda, il principe le disse: "Senti, siccome alla corte di mio padre, non ti ci posso portare in queste condizioni, sai cosa facciamo? Io vado a casa, ti prendo degli abiti, spiego a mio padre che tu mi stai aspettando qui, e così veniamo qui insieme con tutto il seguito, a prenderti, e ti portiamo al nostro paese." Così dicendo, le lasciò il mantello per coprirla, la salutò e partì. La mattina, appena alzata, aprì la finestra e s'affacciò. Proprio lì sotto, c'era una bella fontana, e l'acqua era tanto limpida e chiara, che poteva specchiarvisi dall'alto. Il padrone dell'albergo aveva una serva brutta, tanto brutta, che la chiamavano la mora saracina. Ecco che 'sta serva tanto brutta andò alla fontana per riempire una brocca d'acqua, e, mentre la riempiva, vide riflesso nell'acqua il viso di quella splendida fanciulla, e, credendo che fosse il suo, si mise a gridare tutta contenta:

"Sbattete, brocche e brocchette,
che la mora saracina
s'è fatta delle sette bellezze."

La fanciulla che stava alla finestra, capendo che quella scorfana aveva preso fischi per fiaschi, scoppiò a ridere. La saracina sentì, alzò la testa, e nel vedersi burlare da quella bella ragazza, le disse: "Figlia mia, quanto siete bella! Perché ve ne state così, tutta spettinata?" "Aspetto lo sposo mio che mi venga a prendere." rispose lei. E la mora: "E perché, intanto che aspettate, non vi date una bella sistemata ai capelli?" "Perché da me non son capace." "Se volete, vengo su io da voi a pettinarvi" disse la mora. E la bella fanciulla rispose: "Mi fareste un gran piacere." La mora saracina salì in camera sua, e cominciò a pettinarla; ma mentre stava sistemato le forcine, prese uno spillone e glielo conficcò in un orecchio, e quella, in un istante, si trasformò in colomba e volò via. Allora la mora si spogliò, si mise addosso il mantello del re, e si mise ad aspettarlo alla finestra. Quando il principe arrivò, vedendo quel mostro da natura, rimase di stucco, e disse: "E com'è che ti sei fatta così brutta? Che t'è successo?" "Stamattina, per stare ad aspettarti, mi sono messa alla finestra e il sole mi ha annerito la pelle." E il figlio di re disse: "Oh, poveretto me! Avevo detto a tutti quanti che eri un sole, e adesso che diranno, nel vederti?" Lei allora cominciò a piangere, e a dire che perché era successa quella disgrazia da niente, lui non le voleva più bene.. ma il principe, che era bello fuori e anche dentro, ebbe compassione di lei e se la portò al paese, nonostante la sua bruttezza. Il giorno dopo alla reggia ci fu un gran pranzo di matrimonio, e il principe sposò l'impostora; quel giorno si doveva fare grande baldoria. Al banchetto erano stati invitati signoroni con le loro signore, i più grandi generali, e i più ricchi del paese. Figuratevi che gran daffare che ebbe il cuoco! Chi attizzava il fuoco, chi buttava nel calderone i maccheroni, chi doveva sorvegliare l'arrosto sullo spiedo, chi lo faceva girare, chi assaggiava il sugo nella casseruola per sentire se era cotto. Quando i piatti furono pronti per essere serviti, ecco che una bella colomba si posò sulla finestra della cucina e cominciò a dire:

"Cuoco, cuoco della mia cucina,
che fa il re con la mora saracina?
Che tu ti possa addormentare,
e tutto l'arrosto bruciare."

E difatti il cuoco s'addormentò, e gli si bruciò tutto il mangiare. Figuratevi le paturnie che vennero al re! Dovette mandare tutti gli invitati a casa, invitandoli di nuovo per l'indomani, e fece preparare un pranzo ancora più sontuoso del precedente; ma, mentre il cuoco stava cucinando, ritornò la colombella e gli disse:

"Cuoco, cuoco della mia cucina,
che fa il re con la mora saracina?
Che tu ti possa addormentare,
e tutto l'arrosto bruciare."

E il cuoco si addormentò di nuovo, facendo ribruciare tutto il mangiare. Il re non ci vide più dalla rabbia! Mandò a chiamare il cuoco per sapere cosa c'era sotto, e quello, tutto intimorito, gli si presentò davanti e disse: "Sacra Maestà, succede così e così. Son due giorni che mentre sto cucinando, mi appare dalla finestra una colomba e mi dice così e così: allora mi viene un sonno che non riesco a resistere, e perciò mi si brucia tutto." "Va bene" disse il re, "domani daremo un altro banchetto. Cercate di non addormentarvi, e quando viene 'sta palombella, cercate di acchiapparla che la voglio vedere." Infatti, il giorno dopo, mentre la palombella entrò dalla finestra per la terza volta, un servitore che le faceva la posta sul tetto, l'agguantò e la portò al re. La mora saracina, come la vide, incominciò a dire: "Portatela via, portatela via! Non voglio vedere questa brutta bestia." E intanto gli altri invitati dissero: "Quant'è cara, quant'è bella!" E il re: "Mettetela in mezzo alla tavola." E così fecero. Allora, tra un discorso e l'altro, tutti gli invitati cominciarono a raccontare la storia della loro vita; chi ne raccontava una, chi un'altra, finché venne il turno della mora saracina: "Che volete che vi racconti? La mia storia la sapete tutti." Allora la colomba cominciò a dire: "Adesso vi racconto io la mia." Tutti risposero: "Sì, sì." E lei: "Mi è successo questo e quello, così e così." E spiegò di come si trovava dentro alla melangola che era proprietà dell'orco, e che il figlio del re l'aveva salvata, che l'aveva portata in un albergo, dove l'aveva lasciata temporaneamente, e dove incontrò la mora saracina che le diede il ben servito infilandole uno spuntone nell'orecchio. A quelle parole, gli invitati fecero a gara per torglierlo, ma la moraccia cominciò a vociare: "Portate via quella bestiaccia, che mi fa male a vederla!" Ma il re disse: "Fermi tutti! Portatela qui a me." La prese, le passò due o tre volte la mano sul capo, e come sentì lo spillone glielo estrasse dall'orecchio, ed ecco che la colombella tornò a trasformarsi in quella splendida bellezza che era prima. Allora il re si rivolse agli invitati e disse: "Ditemi un po', come si potrebbe punire la mora saracina?" E tutti a strillare: "Mettile addosso una camicia di pece e dalle fuoco!" Così, fecero preparare una camicia di pece, gliela fecero indossare, e fu bruciata nella pubblica piazza. Il figlio del re si sposò con quella bellissima fanciulla della melangola d'amore, e vissero tutti e due felici e contenti.

Con un tozzo di pane,
e una gallina verminosa,
viva la sposa!

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Questa fiaba è stata esaminata, tradotta e riadattata da me stessa in italiano moderno. Chiunque desideri questa traduzione per le proprie pagine web, può prelevarla liberamente, purché ne citi cortesemente la fonte, in segno di rispetto per il mio lavoro. Grazie. Vale76

(Documento creato il 23 ottobre 2011.)