Fiabe Classiche - J.Jacobs: Gobborn il Savio

(testo esaminato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

il principe scrive

(Immagine illustrativa: By John Dickson Batten - P.D.)

«More English Fairy Tales», 1894

libro animato

C'era un volta un uomo di nome Gobborn, chiamato il Savio, il quale aveva un figlo di nome Jack. Un giorno mandò il figlio a vendere della pelle di pecora, e gli disse: "Mi raccomando, riportami sia la pelle che l'incasso della vendita." E Jack andò, ma non riuscì a trovare nessuno che fosse disposto a pagargli la pelle senza poi prenderne possesso, così tornò a casa alquanto scoraggiato. Ma il padre gli disse: "Pazienza se non è andata al primo colpo, vorrà dire che ci riproverai domani." E infatti, all'indomani ritentò, ma nessuno era disposto a comprare la pelle a quelle condizioni. Quando tornò a casa, suo padre disse: "Devi riprovarci anche domani", ma anche il terzo giorno sembrava destinato a compiersi come i due precedenti. Per un momento, Jack pensò di non ritornare a casa affatto, per evitare le ire paterne.

Arrivando nei pressi di un ponte, vicino a Creek Road, si appoggiò alla ringhiera a riflettere sui suoi guai, pensando che forse, dopo tutto, era inutile e sciocco scappare di casa; sfortunatamente, però, non sapeva proprio cosa fare. All'improvviso vide una ragazza che sciacquava i panni sulla riva lì sotto. Ella guardò in su e disse: "Che cosa ti turba tanto, se posso chiederlo?" "Mio padre mi ha affidato questa pelle, affinché la venda e contemporaneamente gliela riporti indietro iniseme ai soldi della vendita." "Ah, tutto qui?" rispose quella, "dalla a me, e sarà detto e fatto." La ragazza lavò la pelle nel fiume, ne prese la lana, gliela pagò, e gli restituì ciò che ne restava. Gobborn fu molto contento della transazione, e disse a Jack: "Bene, bene, la ragazza è un tipo intelligente; andrebbe proprio bene come moglie per te. Pensi di riuscire a ritrovarla da qualche parte?" Jack disse di sì, e il padre lo mandò a cercarla al solito ponte, e se ci fosse stata, a invitarla a prendere un thè a casa loro. Jack la trovò, le riferì l'invito e le disse che il suo vecchio padre era ansioso di conoscerla, e che sarebbe stato molto lieto se lei avesse accettato. La ragazza lo ringraziò gentilmente, e disse che si sarebbe potuta recare da loro il giorno seguente; non subito poiché al momento era troppo occupata. ' Tanto meglio ' pensò Jack, ' così avrò modo di prepararmi. ' Il giorno dopo, quando Gobborn il Savio vide che era una ragazza sveglia, subito le chiese se era disposta a sposare suo figlio Jack. Lei rispose affermativamente, e i due si sposarono.

Non molto tempo dopo, il padre di Jack comandò al figlio di seguirlo, perché si doveva costruire il più bel castello che si fosse mai visto, per conto di un re che voleva far sfigurare i colleghi regnanti mettendo in mostra un palazzo meraviglioso. E quando furono sulla via che portava al punto dove dovevano depositare la prima pietra, Gobborn il Savio disse al figlio: "Senti, non potresti accorciarmi un pò la strada?" Ma Jack si guardò intorno e vide che davanti a loro c'era un lungo sentiero e rispose: "Padre, sinceramente, non vedo la maniera di toglierne via qualche pezzo." "Allora qui mi sei inutile, è meglio che tu te ne vada a casa" disse il padre. Così il povero Jack tornò indietro, e quando entrò in casa, sua moglie disse: "Ebbene, com'è che sei tornato da solo?" ed egli le raccontò quello che era successo. "Che stupido," disse ella, "se gli avessi raccontato una storia, gli avresti abbreviato la strada! Ora, ascoltami, ora io ti racconto una storia; tu stai bene attento, e poi ritorna da tuo padre e raccontagliela. A lui farà piacere ascoltarti, e per quando la storia sarà terminata, avrete gettato le fondamenta."

Così, Jack corse a raggiungere suo padre. Andò esattamente come la moglie di Jack aveva previsto: Gobborn il Savio lo ascoltò in silenzio, e il percorso fu abbreviato. Quando furono arrivati, cominciarono la costruzione di questo famoso castello che doveva far sfigurare tutti gli altri. Inoltre, la moglie di Jack aveva raccomandato loro di essere gentile con la servitù; così fecero, e, così era tutto un "buongiorno, buonasera".

Dopo dodici mesi, il saggio Gobborn aveva terminato la costruzione del castello, e migliaia di persone vennero ad ammirarlo, e il re disse: "Bene, ora che il castello è fatto, tornerò domani per pagarvi il compenso che vi devo. "In realtà, devo ancora ritoccare un soffitto di un corridoio al piano superiore," rispose Gobborn, "e poi sarà terminato del tutto."

Ma quando il re se ne fu andato, una governante mandò a chiamare Gobborn e suo figlio, per metterli in guardia: si mormorava, infatti, che il re temeva che, a causa della loro bravura, essi potessero mettersi al servizio di qualche altro re, e che quindi stava premeditando di ucciderli. Gobborn, però, incitò Jack ad avere calma e sangue freddo, che in qualche modo se la sarebbero cavata.

Quando il re tornò, Gobborn gli disse che non era stato in grado di terminare il lavoro a causa di un certo attrezzo che aveva dimenticato a casa, e che quindi avrebbe dovuto mandare suo figlio a prenderlo. "No, no" rispose il re, "non può farlo qualcun altro? Uno degli operai?" "No, perché non saprebbero cosa prendere," replicò il Savio, "mentre Jack sa perfettamente cosa cercare." Ma il re insistette: "No, voi e vostro figlio dovete assolutamente restare qui. Non va bene se mando mio figlio?" "Va bene." Allora Gobborn affidò al principe un messaggio per sua nuora, che diceva: «Dagli quello dritto e storto.»

Ebbene, bisogna sapere che nella parete c'era una piccola cavità in alto, e la moglie di Jack cercò di cavar fuori da un certo baule che si trovava lì dentro, proprio «quello dritto e storto», ma alla fine chiese al principe di aiutarla, perché egli aveva le braccia più lunghe; ma proprio nel momento in cui egli si incurvò nella fessura per aprire il baule, ella lo afferrò per i calcagni, lo buttò nel baule, e lo chiuse dentro. E così, ecco trovato quello che era «stretto e storto»! Allora il principe la supplicò di dargli carta e penna; lei lo accontentò, ma non gli permise di uscire, e nel contempo fece dei fori alla parete affinché egli potesse respirare. Quando al re giunse la lettera del figlio, in cui si minacciava che quest'ultimo sarebbe stato liberato soltanto a patto che Gobborn e Jack tornassero a casa sani e salvi, il re dovette lasciar perdere i suoi piani e lasciarli andare.

Sulla via del ritorno, Gobborn disse a Jack, che, ora che aveva già fatto un castello così prezioso per il re, poteva adesso costruirne un altro, che fosse cento volte superiore di valore, apposta per la sua astutissima moglie. Jack fece come gli disse il padre, e i due vissero a lungo felici e contenti.

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(Documento creato il 23 luglio 2008 e aggiornato il 3 novembre 2011.)