Fiabe Classiche - Grimm: L'uccello d'oro (Der goldene Vogel)

(testo revisionato, esaminato, e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

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(Immagine illustrativa: By Arthur Rackham, 1909 [P.D.] via: Larista Live Journal. Passa il mouse sull'immagine per ingrandirla.)

«Kinder und Hausmärchen», (dal 1812 al 1822) (n.57)

libro animato

Tanto tempo fa c'era un re, che dietro al suo palazzo aveva un bellissimo giardino delle delizie, in cui c'era un albero che produceva mele d'oro. Quando le mele raggiunssero la maturazione, il ne re comandò la conta, ma appena il mattino dopo, i servi s'accorsero che ne mancava una; il fatto fu riferito al sovrano, il quale ordinò che tutte le notti l'albero fosse sorvegliato da qualcuno. Ora, egli aveva tre figli, e perciò, decise di mandare subito il maggiore a fare la guardia; ma quando fu mezzanotte al principe venne un gran sonno e s'addormentò, e la mattina dopo videro che mancava una mela. La seconda notte il re affidò il compito al figlio mezzano, ma le cose non andarono meglio, poiché anche lui s'addormentò appena l'orologio batté la mezzanotte, e il mattino seguente constatarono che un'altra mela era andata persa. Venne il turno del figlio minore; egli si sentiva all'altezza, ma il re non aveva molta fiducia in lui, e pensava che fosse un buono a nulla anche peggiore dei suoi fratelli. Comunque, alla fine, lasciò che andasse a fare la guardia. Il giovane si sedette ai piedi dell'albero e resistette al sonno; non s'addormentò, e quando venne la mezzanotte, vide arrivare in volo un uccello dalle sfavillanti ali d'oro; la bestia si era già deposta sull'albero, e stava per staccare un'altra mela, quando il principe lo colpì con una freccia. Allora l'uccello scappò via, ma la freccia lo aveva ferito nel piumaggio, sicché una delle piume d'oro cadde a terra; il principe la raccolse, e il mattino dopo andò a raccontare tutto al padre. Il re si consultò con i suoi consiglieri di corte, e quelli asserirono che una piuma come quella valeva tanto quanto il suo intero regno; allora il re disse: "se questa piuma è davvero così preziosa, allora una sola non mi basta: voglio tutto l'uccello!" Il re mandò allora il figlio maggiore all'avventura. Quest'ultimo pensava che avrebbe trovato facilmente l'uccello d'oro. Quando fece un po' di strada, scorse una volpe sul margine del bosco, e subito sguainò la pistola, deciso a spararle, ma la bestiola esclamò: "Non mi uccidere! In cambio, ti darò un buon consiglio, ascolta. Io so che sei alla ricerca dell'uccello d'oro, e questa sera arriverai a un villaggio in cui si trovano due locande, una di fronte all'altra. Una delle due è riccamente illuminata, e attira moltissimi clienti; tu però non ci andare, va', invece, a quell'altra, anche se ti sembra poco accogliente." 'Come fa una stupida bestia a sapere queste cose?' si domandò il principe, premendo il grilletto; ma lo sparo mancò la volpe, che distese la coda e corse svelta svelta a nascondersi nel bosco. Il figlio del re andò avanti per i fatti suoi, e a sera arrivò al villaggio dove c'erano le due locande; in quella ricca gli ospiti ballavano e cantavano, mentre l'altra aveva un aspetto misero e decadente. "Sarei uno stupido" disse il principe, "se andassi in quella baracca diroccata, quando potrei soggiornare in quest'altra lussuosa." Così, decise di entrare in quella di lusso, e lì prese a gozzovigliare e a divertirsi, dimenticandosi dell'uccello, di suo padre, e dei buoni propositi. Quando furono passati mesi e mesi senza che il figlio maggiore desse notizie di sé, il re decise di mandare anche il suo secondogenito alla ricerca dell'uccello d'oro. Anche lui s'imbatté nella stessa volpe che aveva incontrato il fratello, e anche a lui la volpe diede i buoni consigli, ma inutilmente. Arrivato al villaggio, si fermò davanti alla finestra della locanda più lussuosa, da dove uscivano suoni e grida allegre; il principe non resistette alla tentazione ed entrò, e lì pensò soltanto a spassarsela, dimenticandosi di tutto il resto. Passò altro tempo, e anche l'ultimo principe volle partire alla ricerca dell'uccello d'oro, ma il re non glielo permise, e pensò: 'sarebbe inutile lasciarlo andare: se nemmeno i suoi fratelli sono riusciti nell'impresa, tantomeno può riuscirci lui, e se si trovasse nei guai non saprebbe neanche come uscirne. Non vale di certo più degli altri due." Ma il figlio gli diede talmente il tormento, che alla fine il padre dovette lasciarlo andare. Anche questa volta la volpe stava seduta nei pressi del bosco, e quando s'incontrarono, lo supplicò di lasciarla in vita, in cambio di alcuni buoni consigli. Il giovane figlio di re era buono di cuore e disse: "sta' tranquilla, mia piccola amica, non ti farò alcun male." "Non te ne pentirai" rispose la volpe, "e perché tu possa andare più veloce, saltami in groppa." Il principe si era appena seduto, che la volpe cominciò a correre veloce come un fulmine per boschi e prati, tanto che al principe fischiavano i capelli per il vento. Arrivati al villaggio, il principe scese a terra, e seguendo il buon consiglio della volpe, senza neanche guardarsi indietro, andò dritto verso la locanda fatiscente, e lì trascorse tranquillamente la notte. Il mattino dopo, quano si trovò in aperta campagna, la volpe era già lì ad aspettarlo, e gli disse: "Adesso ti spiegherò per filo e per segno cosa devi fare. Continua dritto per la tua strada, finché arriverai ad un castello circondato da un reggimento di soldati: tu non preoccuparti di loro, poiché dormiranno profondamente. Tu passa avanti, e vai dritto all'entrata. Dovrai attraversare tutte le stanze, finché finalmente arriverai a una sala dove troverai l'uccello d'oro chiuso in una comune gabbia di legno. Lì a fianco troverai, invece, una magnifica gabbia d'oro, vuota, che è lì per bellezza. Ma bada bene di non tirare fuori l'uccello dalla sua gabbia per metterlo in quella d'oro, altrimenti, male te ne incoglierà." Detto questo, la volpe stese di nuovo la coda; il principe vi montò a cavalcioni e via a tutta velocità con i capelli che fischiavano al vento. Quando arrivarono al castello, trovò tutto come lo aveva descritto la volpe. Entrò, e si diresse verso la stanza dove l'uccello d'oro dimorava; lo trovò dentro alla gabbietta di legno, e lì vicino c'era anche quella d'oro. E in quella stanza ritrovò anche le tre mele d'oro del re. Ma il principe pensò: 'sarebbe assurdo se lasciassi questa magnifica bestia in questa brutta gabbia.' Così, aprì lo sportello, prese l'uccello e lo depose nella gabbia d'oro, ma in quello stesso istante la bestia lanciò un terribile acuto che svegliò le guardie, le quali accorsero nella stanza e misero il figlio del re in prigione. La mattina seguente fu portato a giudizio; il poveretto confessò il malfatto e per ciò fu condannato a morte. Ma all'ultimo, il re disse che lo avrebbe graziato, a una sola condizione, ossia che gli portasse il cavallo d'oro, che correva più veloce del vento. Non soltanto: qualora il condannato avesse reso al re quel servigio, avrebbe avuto in premio, oltre la vita, anche l'uccello d'oro. Il giovane principe partì all'avventura, ma era triste e scoraggiato, poiché non aveva la minima idea di dove si trovasse il cavallo d'oro. Ma subito incontrò la buona volpe che lo aspettava sulla strada. "Visto cosa ti è successo per non avermi dato ascolto? Comunque, abbi coraggio e vedrai che con il mio aiuto ce la farai. Ti spiego subito cosa devi fare per prendere il cavallo d'oro. Cammina dritto avanti a te, finché arriverai a un castello; nelle scuderie troverai il cavallo d'oro, e lì ci sono anche gli stallieri che dormono e russano, perciò tu potrai portarti via il cavallo d'oro in tutta tranquillità. Ma a una cosa dovrai fare bene attenzione: mettegli soltanto la sella di legno e cuoio, non quella bella tutta d'oro che è appesa lì vicino, altrimenti per te saranno guai." Detto questo, la volpe distese nuovamente la coda, e il principe le salì in groppa, e poi via a tutta velocità con i capelli che fischiavano al vento. Tutto andò come la volpe aveva detto; il principe entrò nella stalla dov'era riparato il cavallo d'oro; ma proprio mentre stava per mettergli la sella di cuoio, gli venne in mente la bella sella d'oro e pensò: 'sarebbe una vergogna per questa bella bestia, costringerlo an indossare quella brutta sella di cuoio, quando potrebbe avere quella magnifica sella d'oro.' Ma appena la sella d'oro lo sfiorò, il cavallo cominciò a nitrire rumorosamente, facendo svegliare gli stallieri, i quali arrestarono il giovane e lo portarono in prigione. Il mattino dopo lo portarono davanti alla corte, dove fu giudicato e condannato a morte. Tuttavia, il re gli promise la grazia, e in più, il cavallo d'oro, se fosse riuscito a riportargli la bella principessa del castello d'oro. Con l'animo pesante il giovane si mise in viaggio; per fortuna incontrò subito la fedele volpe, la quale lo rimproverò: "dovrei abbandonarti al tuo destino, ma ho pietà di te, e ti aiuterò anche questa volta. Dunque, questa strada ti porterà dritto al castello d'oro; entro stasera ci arriverai. Stanotte, quando tutti dormiranno, la bella principessa si recherà ai bagni per fare un bagno caldo. Tu fatti trovare nella stanza da bagno, poi corri da lei e baciala, così lei ti seguirà e tu la potrai portar via con te; però, mi raccomando, vietale a tutti i costi di congedarsi dai suoi genitori, o per te saranno guai." Poi la volpe distese di nuovo la coda, il principe vi montò a cavalcioni e via a tutta velocità con i capelli che fischiavano al vento. Quando arrivò al castello d'oro, trovò tutto esattamente come la volpe aveva previsto. Attese fino a mezzanotte che tutti dormissero, e poi la principessa si diresse verso la sala da bagno; il principe corse da lei e le diede un bacio. La bella fanciulla gli disse che acconsentiva a seguirlo, ma lo supplicò in lacrime di lasciarle prima dire addio ai suoi genitori. Inizialmente egli disse di no, ma la principessa pianse tanto e gli si buttò ai piedi supplicandolo, e alla fine lui cedette. Ma appena la fanciulla s'avvicinò al letto dei genitori, tutta la corte si svegliò di colpo, e il giovane principe fu subito scoperto e arrestato. Il mattino dopo il re gli disse: "Non meriteresti altro che la morte, ma se mi renderai un servizio, allora io ti grazierò. Dovrai spianarmi la montagna che si trova di fronte al mio palazzo e che mi oscura la vista. Ti dò tempo otto giorni: se ci riuscirai, sarai libero e avrai mia figlia in sposa." Il principe si mise a scavare e a spalare senza tregua, ma quando dopo sette giorni si accorse che aveva fatto ben poco e che il suo grande lavoro non aveva reso pressoché nulla, fu preso da un profondo scoramento e la speranza di riuscire lo abbandonò. Alla sera del settimo giorno comparve la volpe e disse: "Non meriti proprio che io mi occupi di te, ma va pure a dormire, che il tuo lavoro lo svolgerò io". Il mattino dopo, quando il giovane si svegliò e guardò fuori dalla finestra, il monte non c'era più. Corse pieno di gioia dal re e gli annunciò che il lavoro era concluso, ed egli, volente o nolente, dovette mantenere la parola e dargli la figlia in sposa. I due partirono insieme, e poco dopo, incontrarono la fedele volpe che gli disse: "Hai conquistato il premio migliore, ma sappi che alla principessa del castello d'oro appartiene anche il cavallo d'oro." "E cosa dovrei fare per ottenerlo?" chiese il principe. "Ora te lo spiego" rispose la volpe; "per prima cosa, dovrai condurre la bella fanciulla al re che ti mandò al castello d'oro. Là ti accoglieranno a braccia aperte, e il re sarà felice di donarti il cavallo d'oro come ti aveva promesso. Allora tu monta subito in sella, dai la mano a tutti in segno di saluto, per ultimo dalla alla bella fanciulla, e quando le hai afferrato la mano, con uno strattone tirala in sella e parti a briglia sciolta, e nessuno potrà raggiungerti, perché il cavallo d'oro galoppa più veloce del vento." Tutto andò a gonfie vele e il figlio del re portò via la bella fanciulla sul cavallo d'oro. Ma la volpe non abbandonò il principe, e gli disse: "Adesso ti aiuterò a prendere anche l'uccello d'oro. Quando sarai nei pressi del castello, fai scendere la principessa e lasciala alle mie cure; poi con il cavallo d'oro entra nel cortile. Lì sarai accolto festosamente, e ti porteranno l'uccello d'oro. Appena avrai la gabbia tra le mani, galoppa a tutta velocità nel bosco, e lì troverai me e la tua sposa. Rimettitela in groppa e fuggi via." A cose fatte, il figlio del re decise di rimettersi in viaggio per tornare con la sua sposa e i suoi tesori al castello di suo padre, ma per la via incontrò di nuovo la volpe, e quella gli disse: "ora mostrami la tua gratitudine per l'aiuto che ti ho dato." "Volentieri, che cosa posso fare?" "Torna nella foresta, sparami e tranciami la testa e le zampe." "Ma sarebbe un gesto di grave ingratitudine, se lo facessi! Non potrei mai farlo." La volpe disse: "Allora devo lasciarti, ma prima di andarmene voglio darti ancora un consiglio. Stai attento a due cose: non comprare mai carne di forca, e non sederti mai sul giaciglio di un pozzo." Detto questo, sparì nella foresta. Il principe pensò: 'che bestia prodigiosa! Però ha delle idee stravaganti. Chi mai comprerebbe carne di forca? E non mi è mai balenato di sedermi sui giacigli dei pozzi.' Riprese il cammino con la sua sposa, finché capitò nel villaggio in cui si erano fermati i suoi fratelli. C'era un gran clamore e molta confusione, e quando domandò che cosa stesse succedendo, gli risposero che stavano per impiccare due uomini, e quando s'avvicinò al patibolo, vide che si trattava dei suoi fratelli, i quali avevano sperperato i loro capitali e combinato parecchi imbrogli e furfanterie. Allora volle liberarli; chiese come poteva fare, e gli risposero: "dovreste pagare per loro, ma non vale la pena che buttiate al vento il vostro denaro per due malandrini come quelli." Egli, però, non ci pensò su due volte e si precipitò a pagare per la loro liberazione, e quando i due furono scagionati, se ne andarono via con lui. Cammina, cammina, arrivarono al bosco dove avevano incontrato la volpe la prima volta, e siccome faceva un gran caldo e nel bosco l'aria era fresca, i due fratelli dissero: "Riposiamoci un po' accanto al pozzo, e mangiamo qualcosa." Il fratello minore si disse d'accordo, e mentre quelli parlavano, si dimenticò del consiglio ricevuto dalla volpe, e si sedette con loro presso il pozzo, pensando che non ci fosse nulla di male. Ma i due furfanti lo buttarono dentro, poi si presero la principessa, il cavallo, e l'uccello, e tornarono a casa del padre. E gli dissero: "non solo vi abbiamo portato l'uccello d'oro, ma anche il cavallo d'oro e in più, la principessa del castello d'oro." Allora tutti furono felici, tranne il cavallo che non mangiava, l'uccello che non cantava, e la principessa che piangeva disperata. Ma il giovane principe non era morto: per sua fortuna quel pozzo era in secca, ed egli atterrò su del muschio soffice e non si fece alcun male. Soltanto, non poteva più uscire dal pozzo. Ma anche questa volta la buona volpe venne a soccorrerlo; saltò giù vicino a lui e lo sgridò ben bene, perché s'era scordato dei suoi consigli. "Eppure", disse, "non me la sento di abbandonarti al tuo destino." Gli disse di afferrare la sua coda e di tenersi forte e lo tirò su. "Però non sei fuori pericolo", gli disse, "i tuoi fratelli non erano certi della tua morte e hanno circondato il bosco di sentinelle con l'ordine d'ucciderti se ti fai vedere." Ma il caso volle che, seduto a un angolo della strada, ci fosse un poveraccio vestito di stracci: il principe scambiò i suoi vestiti con gli stracci di quel poveretto, e così mascherato si diresse al palazzo di suo padre. Nessuno lo riconobbe, eppure l'uccello d'oro ricominciò a cantare, il cavallo riprese a mangiare, e la bella principessa smise di piangere. Il re, attonito, le chiese: "che cosa significa tutto ciò?" Ed ella rispose, "non lo so, ma prima mi sentivo così triste, mentre ora sono felice! Mi sento come se il mio vero sposo fosse tornato a casa." Al che, raccontò tutta quanta la storia al re, nonostante i fratelli l'avessero minacciata di tacere, pena la morte. Il re ordinò che tutta la gente che era nel castello fosse condotta davanti a lui, e tra la folla c'era anche il giovane principe nei suoi stracci da mendicante, ma la fanciulla lo riconobbe subito e gli buttò le braccia al collo. Allora i perfidi fratelli vennero presi e impiccati, ed egli sposò la fanciulla e fu nominato erede al trono.

E la povera volpe, che fine fece? Molto tempo dopo il principe si recò nel bosco e incontrò la sua antica amica che gli disse: "Ora hai tutto ciò che puoi desiderare, ma alla mia infelicità non c'è fine. Tu invece hai il potere di liberarmi: ti prego, salvami." E di nuovo lo supplicò di ucciderla e di tagliarle la testa e le zampe. Allora lui lo fece e non aveva nemmeno finito di farlo che la volpe si tramutò in un uomo che altri non era se non il fratello della sua bella sposa, finalmente liberato dall'incantesimo che gli era stato scagliato. E così più nulla mancò alla loro felicità, e vissero a lungo felici e contenti.

(Traduzione dall'inglese di Valentina Vetere)

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Questa fiaba è stata da me annotata, esaminata e tradotta in italiano. La fonte della mia traduzione è l'edizione in lingua inglese curata da Margaret Hunt in «Household Tales» (1884-1892) e reperibile a questo link. Chi desiderasse cimentarsi con la lettura del testo originale tedesco, può collegarsi a questa pagina. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento totalmente revisionato e creato ex novo il 16 novembre 2011)