Fiabe Classiche - Grimm: La ragazza delle oche (Die Gänsemagd)

(testo esaminato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

immagine fiaba

(immagine illustrativa: by Anne Anderson, «Grimms Fairy Tales»,1922. [P.D.] via ArtPassions.net)

«Kinder und Hausmärchen» (n.89)

libro animato

C'era una volta un'anziana regina che era vedova già da molti anni e aveva una bella figlia; quando crebbe, fu promessa in sposa a un principe che viveva lontano. Quando fu pronta per sposarsi e dovette partire per il lungo viaggio, siccome amava immensamente la sua bambina, la regina preparò per lei molte suppellettili di valore, utensili d'oro e d'argento, ninnoli anch'essi d'oro e d'argento, coppe e gioielli; in breve, un corredo degno d'una principessa; inoltre, perché la figlia non viaggiasse da sola, la fece scortare di una damigella che l'accompagnasse fino a destinazione. Alla fantesca fu assegnato un cavallo comune, ma quello della principessa si chiamava Falada e sapeva parlare. Venne il momento della partenza, e l'anziana madre andò nel suo gabinetto, e con un ago si punse un dito e fece cadere tre gocce di sangue su un pezzo di stoffa bianca; lo regalò alla figlia dicendo: "Abbine molta cura, ti servirà durante il viaggio." La fanciulla serbò il telo nel petto, poi, con grande dolore si congedò da sua madre, montò a cavallo e partì. Dopo aver cavalcato per un breve tratto, le venne una gran sete, e disse alla fantesca: "Smonta da cavallo, prendi quella coppa e attingi l'acqua da quel ruscello, perché ho sete." "Se avete sete," rispose la fantesca, "scendete da cavallo e andate voi stessa a bere nel ruscello: io non sono la vostra schiava." Non potendo resistere più dalla sete, la principessa scese da cavallo e si chinò sul ruscello e bevve direttamente alla fonte, poiché la fantesca si rifiutò di passarle la coppa d'oro, e disse: "Oh, Signore!", mentre le tre gocce di sangue commentavano: "Se tua madre vedesse, le si spezzerebbe il cuore." Ma la principessa era umile, e tacque: rimontò in sella e proseguirono il cammino. Cavalcarono qualche altro miglio, ma faceva assai caldo, il sole picchiava, e così la principessa ebbe sete di nuovo; appena vide un ruscello, di nuovo chiamò la fantesca e le ordinò: "Scendi da cavallo, e attingi un po' d'acqua nella coppa d'oro", come se niente fosse, perché aveva già dimenticato l'insolenza della serva. Ma quella le rispose ancora più altezzosamente: "Se volete bere, arrangiatevi da sola, io non vi servirò." Presa dall'arsura, la principessa smontò da cavallo, si chinò per bere e, piangendo, diceva: "Oh, Signore!" e le tre gocce di sangue risposero: "Se tua madre vedesse, le si spezzerebbe il cuore." Ma mentre stava chinata sulla fonte, tutta intenta a bere, non s'avvide che il telo con le tre gocce di sangue le scivolò dal petto e fu trascinato via dalla corrente. Ciò non passò inosservato agli occhi della fantesca, la quale, raggiante, pensò di aver così conquistato tutto il potere su di lei e di averla in pugno; quando la principessa stette per rimontare sul cavallo Falada, la fantesca disse: "Eh, no! Falada lo cavalcherò io, tu prenderai il mio ronzino." E la fanciulla dovette ubbidire; poi, con parole d'acciaio la perfida fantesca ordinò alla principessa di togliersi gli abiti regali per indossare i suoi stracci, e alla fine dovette giurare su Dio che, una volta giunte a destinazione, avrebbe taciuto su tutta la faccenda, pena la morte. Falada vide tutto e tenne tutto a mente; la falsa principessa salì in groppa al cavallo fatato, mentre alla vera sposa toccò il ronzino, poi ripresero il cammino. Cavalcarono ancora a lungo, finché finalmente giunsero al palazzo reale; furono accolte con grande goia e il principe corse loro incontro, e poi condusse in casa sua la fantesca, credendo che fosse la sua fidanzata, mentre la vera principessa restava ad aspettare nel cortile; ma il vecchio re, osservandola dalla finestra, notò quanto fosse bella, raffinata e delicata, e subito si recò nell'appartamento reale, e domandò alla fantesca chi fosse quella fanciulla che era giunta con lei. E la fantesca rispose: "L'ho portata con me per compagnia; fatela lavorare, così non starà in ozio." Purtroppo, il vecchio re non sapeva cosa farle fare, e disse: "Ho al mio servizio un ragazzo che pascola le oche, potrebbe aiutarlo." Il ragazzo si chiamava Corradino, e la vera sposa dovette accompagnarlo mentre portava fuori le oche. Ma passò poco tempo, che la falsa principessa chiese al principe: "Caro marito, ti prego di concedermi un favore." Ed egli rispose: "Certamente." "Ti prego, dunque, di chiamare un mattatore, affinché tagli subito la testa al mio cavallo, perché durante il viaggio mi ha mandata in collera." In realtà, quella temeva che il cavallo potesse raccontare a qualcuno la verità, e così, il fedele Falada fu ucciso. Quando la vera principessa venne a saperlo, pregò il beccaio di farle un piccolo servizio, in cambio di una certa quantità d'oro. In città c'era un grande arco, per il quale doveva transitare ogni mattina e ogni sera con le oche, e il favore consisteva nel legare la testa del cavallo sotto l'arco, perché desiderava vederlo tutti i giorni. Il beccaio acconsentì, tagliò la testa e la legò stretta alla porta. Così, la mattina seguente, quando la ragazza passò con Corradino e con le oche, disse: "Ahimè, cavallo mio che pendi lassù!" E la testa rispose:

Ahimè, mia giovane regina,
se tua madre ti vedesse
il suo cuore si spezzerebbe.

Poi, la piccola comitiva preseguiva il suo cammino e usciva dalla città, per recarsi in campagna; e quando furono sulla prateria, la fanciulla si sedette sull'erba, e si sciolse le chiome che erano bionde come l'oro. Corradino, nel vederle, rimase incantato, e cercò di strapparle qualche ciocca; allora la principessa disse:

Vento, mio vento, soffia vicino
e porta via il cappello a Corradino.
Fa sì che lo rincorra
Affinché i capelli mi possa intrecciare
E di nuovo appuntare.

E poi un vento fortissimo venne e soffiò via il cappello di Corradino, che dovette correre a lungo tra i campi per riacchiapparlo; quando tornò trovò la principessa che aveva già finito di pettinarsi e di legarsi i capelli, così non poté strappargliene. Allora Corradino andò in collera e non le rivolse più la parola fino a quando fu l'ora di tornare a casa. Il mattino dopo, passando sotto la porta ad arco, la fanciulla disse di nuovo: "Ahimè, cavallo mio che pendi lassù!" E la testa rispose:

Ahimè, mia giovane regina,
se tua madre ti vedesse
il suo cuore si spezzerebbe.

Arrivati al pascolo, sedette sull'erba e cominciò a pettinarsi, e quando Corradino cercò di strappargliene qualcuno, subito disse:

Vento, mio vento, soffia vicino
e porta via il cappello a Corradino.
Fa sì che lo rincorra
Affinché i capelli mi possa intrecciare
E di nuovo appuntare.

E il vento venne di nuovo, e, soffiando forte, portò via il cappello di Corradino; il ragazzo dovette rincorrerlo e quando tornò non poté strappare neanche un capello alla principessa perché lei aveva già finito di pettinarsi. Quella sera, quando tornarono a casa, Corradino andò dal vecchio re e gli disse: "Maestà, non voglio più andare a pascolare le oche con quella ragazza." "E perché mai?" rispose il re. "Perché mi fa arrabbiare tutto il giorno." Allora il re gli ordinò di spiegare per filo e per segno che cosa gli faceva, e Corradino disse: "Al mattino, quando passiamo sotto la porta ad arco con il gregge, ella dice a una testa di cavallo appesa alla parete: «Ahimè, cavallo mio che pendi lassù!» e quella le risponde:

«Ahimè, mia giovane regina,
se tua madre ti vedesse
il suo cuore si spezzerebbe.»

Poi Corradino raccontò quel che accadeva al pascolo, spiegando del vento che gli portava via il cappello. Il re ordinò al ragazzo di fare finta di niente e di portare ancora una volta le oche al pascolo. Il giorno dopo si sedette dietro alla porta ad arco e sentì quello che la fanciulla disse alla testa di Falada; poi la seguì ai campi, e si nascose dietro a un cespuglio, e lì, vide con i suoi occhi la guardiana e il guardiano delle oche al pascolo; e dopo un po' vide la fanciulla sedersi sull'erba e sciogliersi i capelli, che brillavano sotto il sole. E di lì a poco la sentì dire:

Vento, mio vento, soffia vicino
e porta via il cappello a Corradino.
Fa sì che lo rincorra
Affinché i capelli mi possa intrecciare
E di nuovo appuntare.

E vide che dopo pochi istanti si alzò il vento e portò via il cappello a Corradino, e che mentre quest'ultimo correva dietro al cappello, ella aveva tutto il tempo di ravviarsi i capelli. Dopo aver osservato tutta la scena, senza farsi vedere andò via, e quando, a sera, la ragazza delle oche fu di ritorno, la chiamò da parte e la interrogò. "Non sono autorizzata a raccontarvi nulla. Non posso rivelare a nessuno le mie pene, perché ho giurato in nome di Dio di serbare il silenzio, altrimenti sarò uccisa." Il re insistette per sapere cosa c'era sotto, e la bombardò di domande, ma ella continuò a tacere. Alla fine il vecchio re disse: "Se non vuoi parlare con me, racconta tutto almeno alla stufa" e uscì dalla stanza. La principessa si rincantucciò accanto alla stufa e cominciò a gemere di dolore, e piangendo, aprì il suo cuore e disse: "Eccomi qui, abbandonata dal mondo intero, sebbene io sia figlia di un re, e tutto perché una fantesca infedele mi ha obbligata a spogliarmi dei miei vestiti e della mia identità, usurpando il mio posto accanto al mio sposo. Ora io dovrò tornare al mio umile lavoro di guardiana d'oche, ma se lo sapesse mia madre, le si spezzerebbe il cuore." Ma il vecchio re, nascosto dietro ai tubi della stufa, aveva sentito tutto, e subito, tornò indietro, invitandola calorosamente ad alzarsi. Poi ordinò che la vestissero immediatamente dei suoi abiti regali, e finalmente ella tornò ad essere la stupenda principessa che era. Dopo che la verità venne a galla, il re radunò a sé il figlio e gli rivelò che quella che aveva creduto fino ad allora la sua sposa, era in realtà una serva usurpatrice, e che, al contrario, la vera sposa era in realtà la fanciulla che era stata relegata a guardia delle oche. Allora il principe se ne rallegrò infinitamente, perché vide che era bella e piena di virtù. Un giorno fu organizzato un gran banchetto a cui invitarono tutto il popolo e gli amici più cari. A capotavola sedeva lo sposo con la vera sposa da un lato, e la fantesca dall'altro; ma la fantesca non riconobbe la sua signora, perché era vestita come si conviene a una nobildonna del suo rango. Dopo che ebbero mangiato e bevuto, mentre erano piacevolmente riuniti, il re padre fece un indovinello alla falsa nuora, e le chiese: "Che punizione merita una serva che ha tradito la sua signora così e così?" E raccontò davanti a tutti come si era svolta la faccenda. E la falsa nuora rispose: "Merita solo di essere rinchiusa nuda come un verme in barile irto di chiodi, e di essere attaccata a due cavalli bianchi che la trascinino di strada in strada finché muoia." "Tu sei quella," rispose il re, "e hai pronunciato tu stessa la tua condanna, che sarà presto eseguita."

E dopo che fu giustiziata, il principe sposò la sua vera fidanzata, ed insieme regnarono in pace e prosperità.

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Testo da me annotato e tradotto in italiano. La fonte della mia disamina è l'edizione in lingua inglese, curata e tradotta dal tedesco, dal Professor D. L. Ashliman, ex-docente dell'Università di Pittsburgh, e reperibile a questo link. Chi desiderasse cimentarsi con il testo originale in lingua tedesca, può trovarlo a questo indirizzo. Chiunque desideri questa mia traduzione per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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(Documento creato ex-novo il 21 ottobre 2011)