Fiabe Classiche - Grimm: Il gatto fa società con il topo (Katze und Maus in Gesellschaft)

(testo esaminato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

immagine fiaba

(Immagine illustrativa: By Arthur Rackham, 1909)

«Kinder und Hausmärchen», (dal 1812 al 1822) (n.56)

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Un gatto aveva fatto la conoscenza di un topo, e gli aveva tanto sottolineato la grande amicizia e l'affetto che sentiva per lui, che alla fine il topolino decise che dovevano andare a vivere insieme; ma il gatto disse: "Dobbiamo fare scorta di cibo per l'inverno, o patiremo la fame, e tu, topolino mio, non potrai certo avventurarti a caccia, o rischierai di finire in qualche trappola." Il topo pensò che fosse un buon consiglio, e insieme comprarono un barattolo di strutto, ma non sapevano dove conservarlo; alla fine, dopo molte considerazioni, il gatto disse: "Non conosco un posto migliore della chiesa. Nessuno oserebbe rubare, lì, perciò, lo metteremo sotto all'altare, e non lo toccheremo fino a quando ne avremo bisogno." Così, il barattolo fu messo da parte, ma dopo pochissimo tempo il gatto cominciò a smaniare per riaverlo, e disse al topo: "volevo dirti, caro topolino, che mia cugina ha partorito un cucciolo, e ha chiesto a me di fargli da padrino. E' bianco con delle macchioline marroni, e dovrò tenerlo a battesimo, perciò, lasciami uscire oggi, e resta tu a badare alla casa." "Non preoccuparti," rispose il topo, "vai pure tranquillo, e se trovi qualcosa di buono da mangiare, ricordati di me. Vorrei bere una goccia di vino rosso anch'io." Ma quanto aveva raccontato il gatto, era falso: non aveva nessuna cugina, e non doveva fare da padrino a nessuno; corse, invece, in chiesa, per tirare fuori il barattolo di strutto, poi, cominciò a leccarlo, e a forza di leccare, leccò via tutta la parte superiore. Poi si concesse una piacevole passeggiatina per i tetti della città, guardandosi intorno in cerca di opportunità; poi si spaparanzò al sole, leccandosi i baffi al pensiero del strutto che aveva consumato. Tornò a casa solo a sera. "Finalmente sei tornato" disse il topo, "te la sarai spassata." "E' andato tutto ottimamente" rispose il gatto. "Che nome hanno dato al piccolo?" chiese il topo; "Leccato Via" disse freddamente il gatto. "Leccato Via?" esclamò il topo, "è un nome piuttosto insolito. C'è forse qualcuno nella tua famiglia che si chiama così?" "Che importa?" rispose il gatto, "non è più strano di Ladro di Briciole", come si chiamano i tuoi figliocci." E così finì. Ma passò poco tempo, che al gatto tornò la gola, e disse al topo: "Devi farmi un favore, ancora una volta prenditi tu cura della casa per un giorno: mi è stato chiesto di nuovo di fare da padrino, e dal momento che il cucciolo ha un anello bianco intorno al collo, non posso proprio rifiutarmi." Il buon topolino acconsentì, e il gatto andò dritto di filato in chiesa, e divorò mezzo barattolo di strutto; "niente ha più sapore di un cibo mangiato da soli" disse, soddisfatto per come gli era andata la giornata. Arrivato a casa, il topo gli chiese: "Con quale nome è stato battezzato il tuo figlioccio?" "Mezzo Andato" rispose il gatto; "Mezzo Andato? Ma che razza di nome è? Non ho mai sentito nessuno chiamarsi così: scommetto che non è neanche sul calendario." Poco tempo dopo, il gatto ricominciò ad avere l'aquolina in bocca, e disse al topo: "Ogni cosa deve capitare almeno tre volte; devo fare di nuovo da padrino, stavolta a un cucciolo tutto nero con le zampe bianche: per il resto, non ha un solo pelo bianco sul corpo. Per fortuna che questi avvenimenti capitano solo una volta ogni tanto. Mi lasci andare, vero?" "Leccato Via, Mezzo Andato" rispose il topo, "sono dei nomi così strani, che mi danno da pensare." "Tu te ne stai qui a casa con il tuo bel pelo grigio e la lunga coda a intrecciare fantasie. Questo succede perché non esci mai durante il giorno." Durante l'assenza del gatto, il topo pulì la casa e mise tutto in ordine, mentre il gatto fece fuori quanto restava del strutto. "Ci si può mettere l'animo in pace solo quando si vede il fondo del piatto", disse il gatto. Poi, ben ristorato e rimpinzato, fece ritorno a casa solo a mezzanotte. Il topo volle sapere il nome dato al terzo cucciolo. "Non ti piacerà" rispose il gatto, "si chiama Fatto Fuori". "Fatto Fuori?" proruppe il topo. "E' il nome più brutto che abbia mai sentito in vita mia. Fatto Fuori? Che cosa mai significherà?" Poi scosse la testa, si accovacciò su se stesso, e si mise a dormire.

Da quel momento più nessuno invitò il gatto ad un battesimo, e quando venne l'inverno e fuori non si trovava più niente da mangiare, al topolino tornò in mente il barattolo di strutto, e disse: "Vieni, gatto, andiamo a prendere il cibo che ci siamo conservati; ora avrà un sapore anche migliore." "Sì" rispose il gatto, "sono sicuro che lo gradirai moltissimo." Uscirono di casa, e quando arrivarono trovarono il barattolo al suo posto, ma vuoto. "Ahimè!" esclamò il povero topolino, "adesso capisco tutto! Ora è tutto chiaro, e tu sei proprio un vero amico. Te lo sei pappato tutto con la scusa di fare da padrino. Testa Fuori, Mezzo Andato, poi.." "Sta' zitto!" gridò il gatto, "Un'altra sola parola, e mi mangio anche te." "Fatto Fuori" disse il topolino a fior di labbra; non ebbe ancora terminato la parola che il gatto gli saltò addosso e lo divorò.

Ecco, vedete? Così va il mondo.

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Questa fiaba è stata da me annotata, esaminata e tradotta in italiano. La fonte della mia disamina è l'edizione in lingua inglese curata dal Professor D. L. Ashliman, ex-docente dell'Università di Pittsburgh, e reperibile a questo link. Chi desiderasse cimentarsi con il testo originale tedesco, può trovarlo a questo link.. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato il 28 ottobre 2011)