Fiabe Classiche - F.lli Grimm: Fratellino e Sorellina (Brüderchen und Schwesterchen).

(testo esaminato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

immagine illustrativa

(Immagine illustrativa: By Arthur Rackham, 1917)

«Kinder und Hausmärchen», (dal 1812 al 1822) (n.11)

libro animato

Il fratellino prese la sua sorellina per mano e disse: "da quando nostra madre è morta non abbiamo più avuto una sola ora di bene; la matrigna ci picchia ogni giorno e ci prende a calci appena ci avviciniamo. Ai pasti ci lasciano solo croste di pane, persino il cane mangia più di noi, e infatti a lui arriva di tanto in tanto qualche boccone dalla tavola. Se lo sapesse nostra madre! Che Dio abbia pietà di noi. Vieni, andiamocene via per il mondo." Così, vagarono tutto il giorno attraverso campi, praterie e strade sassose, e quando piovve, la sorellina disse: "Dio e i nostri cuori piangono insieme!" Verso sera giunsero a una grande foresta, ed erano così affamati ed esausti dalla gran tristezza e dal tanto camminare, che si fermarono a riposare dentro a un albero cavo, e lì si addormentarono. Quando si svegliarono, il giorno dopo, il sole era già alto nel cielo e i caldi raggi filtravano tra i rami dell'albero; allora il fratellino disse, "Sorellina, ho sete. Se ci fosse un ruscello nei paraggi, andrei subito a bere. Penso proprio di udire il rumore di un ruscello." Così dicendo, il fratello si alzò, prese per mano la sorella e cercò una sorgente. Ma la cattiva matrigna, che era pure una strega, vide i bambini mentre scappavano, e li aveva seguiti di nascosto come fanno le streghe, e aveva stregato tutte le sorgenti del bosco. Trovarono una ruscello che scorreva scintillante tra le rocce, e il fratellino si era già curvato per bere, quando la sorella udì uno strano mormorio che diceva: "Chi berrà la mia acqua diventerà una tigre. Chi berrà la mia acqua diventerà una tigre." Allora fermò il fratello, gridando: "No, fratellino, fermati! Non la bere, o diventerai un animale selvatico e mi spezzerai il cuore." Il fratellino non bevve anche se aveva una gran sete e disse: "Aspetterò la prossima occasione." Quando giunsero alla seconda sorgente, la sorellina udì un fruscio che mormorava: "Chi mi berrà, si trasformerà in un lupo. Chi mi berrà, si trasformerà in un lupo." La sorella esclamò: "Fermati, fratellino, non la bere, o diventerai un lupo e mi divorerai!" Lui allora non bevve, e disse: "Aspetterò la prossima sorgente per bere, ma poi berrò; non importa ciò che dirai, berrò perché ho troppa sete." Quando giunsero al terzo ruscello, di nuovo la sorellina udì uno strano fruscio nell'acqua che diceva: "Chi mi berrà diventerà un capriolo. Ci mi berrà diventerà un capriolo." "Fratellino, non la bere, o diventerai un capriolo e fuggirai via" implorò la sorellina; ma il fratello si era già chinato sulla sorgente per bere, e bastarono poche gocce che subito si trasformò in un capriolo. Quanto pianse la sorellina per il suo povero fratellino stregato! Ed anche lui piangeva, accucciato accanto a lei. Poi la fanciulla disse: "Non preoccuparti, capriolino mio, io non ti lascerò mai." Si sciolse la giarrettiera d'oro e la mise al collo del capriolo, poi raccolse dei giunchi e li intrecciò in un modo da creare un laccio morbido che allacciò intorno al collo del suo capriolo e infine ripresero il cammino, addentrandosi sempre più nel profondo della foresta. Dopo aver camminato per un bel pezzo, finalmente videro una casetta; la sorellina diede un'occhiata dentro, e vedendo che era disabitata, pensò: 'potremmo restare a vivere qui.' Trovò poi del muschio e delle foglie, e con quelli attrezzò un giaciglio soffice per il capriolo; ogni mattina usciva di casa e andava a raccogliere radici, bacche e noci per se stessa, ed erba tenera per il capriolo, il quale mangiava direttamente dalla sua mano, ed era felice e giocoso. La sera, quando la sorella era stanca e recitava le preghiere, appoggiava delicatamente la testa sul fianco del capriolo e si addormentava su quel morbido cuscino. Se soltanto il suo fratellino avesse riacquistato la sua forma umana, sarebbe stata una vita perfetta. Per un certo periodo vissero da soli in quel luogo sperduto, ma un giorno accadde che il re di quella terra organizzò una grande battuta di caccia proprio in quei boschi. Il piccolo capriolo udì l'abbiare dei cani, il suono del corno e le grida allegre dei cacciatori che eccheggiavano tra gli alberi, e subito desiderò di stare in mezzo a loro. "Sorellina," la pregò, "per favore, lasciami andare a caccia con loro, sento che non posso più resistere." E la supplicò tanto a lungo che alla fine lei lo lasciò andare. "Ma promettimi che la sera tornerai a casa" disse, "e siccome dovrò chiudermi a chiave per tenere lontani i cacciatori, per farmi capire che sei tu alla porta, bussa e di': 'sorellina, aprimi.' Se non lo farai, non ti aprirò." Il capriolo promise e corse via. Si sentiva perfettamente a suo agio all'aria aperta, stava bene ed era felice. Il re e gli altri cacciatori quando videro quello splendido animale lo inseguirono, senza mai riuscire ad acchiapparlo; ogni volta che stavano per prenderlo, egli saltellava via rifugiandosi tra i cespugli e spariva. Quando si fece buio il capriolo corse a casa, bussò, e disse: "sorellina, aprimi." Balzò dentro e si accucciò sul suo soffice lettino, e dormì beato tutta la notte. Il giorno dopo, ricominciò la caccia, e di nuovo udì il latrato dei cani, il suono del corno e le grida allegre dei cacciatori e non resistette dal desiderio di uscire, così, pregò ancora la sorella di lasciarlo andare; e lei gli rispose: "va bene, vai, ma ricordati di tornare anche stasera e di dire la parola d'ordine." Quando il re e i cacciatori lo videro di nuovo, e videro lo strano collare d'oro, gli diedero la caccia instancabilmente, ma la bestiola correva sempre più veloce di loro e non si faceva prendere. Gli diedero la caccia per tutto il giorno e finalmente a sera riuscirono ad accerchiarlo, e uno di loro lo ferì leggermente a una zampa, così dovette tornare a casa zoppicando. Ma uno dei cacciatori lo seguì fino alla casetta e lo sentì dire: "sorellina, aprimi", e vide aprirsi la porta che immediatamente si richiuse. Il cacciatore, che aveva osservato tutta la scena, andò a riferire il fatto al re, il quale disse: "Domani riprenderemo la nostra caccia." Nel frattempo, la sorellina si spaventò terribilmente nel vedere il suo giovane capriolo ferito; gli ripulì la ferita, la disinfettò con delle erbe mediche e disse: "ora vai a riposare, mio caro capriolino, così domani starai meglio." La ferita era così superficiale che il mattino dopo non gli doleva più, e quando la bestiola sentì il suono festoso della caccia, si precipitò verso la porta e disse: "non ce la faccio a resistere, devo uscire. Lasciami andare, vedrai che non mi farò beccare." Ma la sorellina, disperata, rispose: "questa volta ti uccideranno, e io resterò sola e abbandonata da tutti in questo bosco. Non ti lascio andare." "In tal caso morirò dal dolore" rispose il capriolo, "quando sento il suono del corno non posso fare a meno di saltare." La sorellina provò allora una gran pietà, e, seppur col cuore pesante, gli aprì la porta, e il capriolo corse fuori allegro e felice; quando il re lo vide, disse ai suoi cacciatori: "inseguitelo tutto il giorno fino a notte, ma che nessuno gli faccia del male." Quando il sole tramontò, il re disse al cacciatore: "portami alla casetta"; arrivarono davanti alla porta, bussò e disse: "cara sorellina, fammi entrare." La portà si aprì; il re entrò, e lì vide la più bella fanciulla che avesse mai visto. Ella si spaventò quando vide che non era il suo caro fratellino, ma uno sconosciuto con una corona d'oro in testa. Il re la guardò con gentilezza, le allungò la mano e disse: "vuoi venire con me al mio castello e diventare mia moglie?" "Sì," rispose la ragazza, "ma il mio capriolino deve venire via con me, perché da solo non lo lascio." E il re rispose: "Potrà restare con te anche tutta la vita, e non gli mancherà mai nulla." In quel mentre il capriolo rientrò trotterellando, e la sorellina gli allacciò di nuovo il collare, poi lo prese per mano e uscì dalla casetta con lui; il re fece montare la bella fanciulla sul suo cavallo e se la portò al suo palazzo, dove celebrarono le nozze con grande fasto. Così, la sorellina diventò regina e tutti insieme vissero felicemente a lungo. Il capriolo fu accudito e nutrito, e da quel giorno scorazzò allegramente nei giardini del castello.

Ora, la cattiva matrigna che aveva fatto scappare i bambini per il vasto mondo, pensò che ormai la fanciulla fosse stata divorata dalle belve della foresta e che il capriolo fosse stato ucciso dai cacciatori, perciò, quando venne a sapere che, al contrario, essi erano sopravvissuti e che vivevano felici, l'invidia e l'odio non le lasciarono più pace. E da quel giorno non fece altro che pensare a un modo per liberarsi definitivamente di loro. Essa aveva una figlia, che era brutta come il peccato e aveva un occhio solo. Un giorno si lamentò con la madre dicendo: "sono io quella che doveva diventare regina." "Sta' tranquilla, figlia mia, e lascia fare a me" rispose la vecchia, consolandola. Passò del tempo, e un giorno che il re era fuori a caccia, la regina partorì uno splendido pupo; allora la vecchia strega si trasformò in una fantesca ed entrò nella sua stanza e le disse: "venite, il bagno è pronto; vi farà bene, vi rinfrescherà e vi restituirà un po' di forze. Presto, che l'acqua si raffredda." La strega aveva portato con sé sua figlia; accompagnarono la regina ancora debole al bagno, la fecero sdraiare nella vasca, poi chiusero la porta e scapparono. Ma nella stanza avevano acceso un gran fuoco, così caldo che la giovane regina finì per morire soffocata. Allora la strega prese sua figlia, le mise una cuffia in testa e le diede l'aspetto della regina, poi, la mise nel letto al suo posto. Soltanto l'occhio singolo non le riuscì di sostituirlo, e così, per fare in modo che il re non si accorgesse dello scambio, la falsa sposa si coricò appoggiando sul cuscino il lato del volto che era senza occhio. Verso sera il re tornò a casa, e fu immensamente felice di sapere che gli era nato il figlioletto, e subito volle andare a vedere come stava sua moglie, ma la vecchia gli disse: "la regina è ancora debole e deve riposare, e lasciate chiuse le tende, perché ella non sopporta la luce del sole." Allora il re si ritirò senza potersi accorgere che nel letto c'era l'usurpatrice. A mezzanotte, quando tutti dormivano, la balia che sedeva accanto alla culla del bambino, ancora sveglia, vide la porta aprirsi ed entrare una donna; ella prese in braccio il bimbo e lo allattò. Terminata la poppata, sprimacciò il cuscinetto e depose il bimbo nella culla e lo coprì con la sua copertina. E pensò anche al capriolino: andò dove stava la sua cuccia e gli accarezzò la schiena. Poi uscì dalla stanza senza dire una parola. Il giorno dopo la balia chiese alla guardia se aveva visto qualcuno entrare nel castello durante la notte, ma quella le rispose che non si era visto nessuno. Le cose andarono avanti così per diverse altre notti; la balia vedeva quella strana figura entrare nella stanza del bambino, ma non osava parlarne con nessuno. Passò altro tempo, e finalmente una notte la regina cominciò a parlare, e nel buio chiedeva: "Dov'è il mio bambino? Dov'è il mio capriolino? Verrò altre due volte, poi non tornerò più." La balia non rispose, ma aspettò che la donna se ne fosse andata, poi andò subito a raccontare tutto al re. E il re disse: "Giusto cielo, chi sarà? Domani notte veglierò io nella stanza del bambino." La sera dopo si fermò nella stanza di suo figlio, e a mezzanotte ecco che ricomparve la regina e disse: "Dov'è il mio bambino? Dov'è il mio capriolino? Verrò ancora una volta, e poi non tornerò più." Allattò il bimbo come al solito, e poi sparì. Il re non aveva osato parlarle, ma la sera dopo fece di nuovo la guardia; e di nuovo ella disse: "Dov'è il mio bambino? Dov'è il mio capriolino? Stasera sono qui, ma domani non ternerò più." Allora il re non poté più resistere, e corse verso di lei, e le disse: "Tu puoi essere soltanto la mia carissima moglie." Ed ella rispose: "Sì, sono io" e in quello stesso istante, con la grazia di Dio, ritornò in vita, sana, salva e vigorosa. Poi raccontò al marito il crimine commesso dalla strega e da sua figlia. Allora il re ordinò che fossero condotte entrambe davanti alla corte, ed esse furono condannate a morte. La figlia della strega fu condotta nei boschi e sbranata dalle belve feroci, mentre la strega fu arsa sul rogo e finì in cenere; e nello stesso istante in cui finì di bruciare, il fratellino fu ritrasformato in uomo. Così, vissero finalmente tutti e quattro felici e contenti fino alla morte.

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Questa fiaba è stata da me tradotta in italiano. La fonte della mia disamina è l'edizione in lingua inglese curata dal Professor D. L. Ashliman, ex-docente dell'Università di Pittsburgh, e reperibile a questo link. Chi desiderasse cimentarsi con il testo originale in lingua tedesca, può trovarlo a questo indirizzo. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento totalmente revisionato e creato ex novo il 13 novembre 2011)