Fiabe Classiche - F.lli Grimm: Biancaneve e i sette nani (Prima Stesura del 1812).

(testo annotato e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

(Di seguito riportiamo la Prima Stesura della fiaba, compilata nell'anno 1812, e poi sostituita nelle successive riedizioni delle «Märchen» dai fratelli Grimm a partire dal 1819.)

Biancaneve e la merciaia

(Immagine illustrativa: By Leutemann or Offterdinger, photo by Harke [Public domain], via Wikimedia Commons.)

«Kinder und Hausmärchen», (dal 1812 al 1822) (n.53)

libro animato

C'era una volta, nel pieno dell'inverno, quando soffici fiocchi di neve cadevano come piume dal cielo, una regina che cuciva seduta presso una finestra dalla cornice nera di legno d'ebano. Mentre cuciva, guardava la neve e si punse un dito con l'ago; così, tre gocce di sangue caddero sulla neve, e, il rosso sul bianco risultò così bello ch'ella pensò: 'Ah, se solo avessi una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue, e bruna come l'ebano di questa finestra!' Poco tempo dopo, le nacque una figlia che era bianca come la neve, rossa come il sangue, e bruna come l'ebano, così, la chiamarono la loro Piccola Biancaneve. Ora, la regina era la più bella donna di tutto il regno, ed ella ne era assai orgogliosa. Aveva uno specchio, il quale rifletteva la sua immagine ogni giorno, e al quale ella domandava:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

E lo specchio rispondeva sempre:

"Tu, mia regina, sei la più bella."

E così era sicura che nessun'altra al mondo era più bella di lei, finché, Biancaneve crebbe, e quando ebbe sette anni, fu così bella, da superare in beltà la stessa regina. Un giorno la regina domandò allo specchio:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

E lo specchio rispose:

"Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma ormai,
la piccola Biancaneve lo è mille volte di più."

Quando la regina udì quelle parole, divenne pallida dall'invidia, e da quel momento, prese ad odiare Biancaneve; ogni volta che la vedeva, pensava che la fanciulla fosse da biasimare poiché a causa sua ella non era più la donna più bella del mondo, e questo sconvolse il suo cuore. La gelosia non le diede più pace, e finalmente, un giorno, convocò un cacciatore e gli disse: "Prendi Biancaneve e portala in qualche angolo remoto della foresta, e trafiggila a morte con un pugnale. E come prova della sua morte, portami i polmoni e il fegato; io li cuocerò con il sale e me li mangerò." Il cacciatore portò Biancaneve nella foresta. Quando fu sul punto di accoltellarla, essa cominciò a piangere, supplicandolo di risparmiarla, e gli promise di scappare via nel bosco e di non fare più ritorno. Il cacciatore ebbe pietà di lei perché era bella e pensò, 'le bestie selvatiche la divoreranno in ogni caso, ma io sono lieto di non aver dovuto ucciderla', e, in quel mentre, passò di lì un cinghialetto; il cacciatore lo ammazzò, e alla regina portò i polmoni e il fegato, come prova della morte di Biancaneve, ed ella lì cucinò con il sale e li mangiò, convinta di mangiare il fegato e i polmoni di Biancaneve, la quale, nel frattempo, si ritrovò sola nella grande foresta. Ebbe terribilmente paura, e cominciò a correre, e e corse per tutto il giorno fra le spine e le pietre aguzze. Finalmente, al tramonto, arrivò a una casetta. Era la casa dei sette nani, che di giorno lavoravano in una miniera, ed erano assenti. Biancaneve entrò e vide che tutto era molto piccolo, ma pulito e ordinato. C'era una tovaglia su un tavolo apparecchiato per sette persone, con sette piattini, e in ogni piatto c'era un cucchiaio, e sette coltelli e sette forchettine, e altrettante tazzine. Contro la parete c'erano sette lettini, tutti rifatti da poco. Biancaneve era affamata e assetata, perciò mangiò un po' di verdura e del pane da ogni piatto; e da ogni tazza bevve una goccia di vino, e siccome era stanca morta, voleva coricarsi e dormire; testò tutti e sette i lettini, li provò uno dopo l'altro, ma su nessuno di questi si sentì comoda, fino a che giunse all'ultimo, e lì restò coricata e si addormentò. Quando scese la notte, i sette nani rientrarono dal lavoro, e accesero le loro sette candeline, e subito s'accorsero che qualcuno era stato in casa. Il primo disse: "Chi si è seduto sulla mia seggiolina?" Il secondo: "Chi ha mangiato dal mio piattino?" Il terzo: "Chi ha mangiato il mio panino?" Il quarto: "Chi ha mangiato la mia verdurina?" Il quinto: "Chi ha usato la mia forchettina?" Il sesto: "Chi ha tagliato con il mio coltellino?" E il settimo: "Chi ha bevuto dalla mia tazzina?" Poi il primo disse: "Chi è stato sul mio lettino?" E il secondo: "E qualcuno si è sdraiato sul mio letto." E così via, fino al settimo, e quando videro il letto, vi trovarono Biancaneve distesa che dormiva profondamente. Tutti e sette i nani corsero a vedere, e rimasero a bocca aperta per lo stupore. Portarono le sette candeline e osservarono Biancaneve: "Giusto cielo, giusto cielo!" gridarono. "Oh, com'è bella!" E subito la trovarono deliziosa. Decisero di non svegliarla, e di lasciarla dormire in quel letto, perciò, il settimo nano dovette dormire con gli altri, un'ora con ognuno tutta la notte. Quando Biancaneve si svegliò, i nani le chiesero chi fosse e com'era giunta a casa loro, ed ella raccontò che sua madre aveva tentato di ucciderla, ma che per fortuna, il buon cacciatore le aveva risparmiato la vita, e, pertanto, aveva vagato tutto il giorno nella foresta, fino a quando aveva trovato la loro casa. I nani provarono pietà per la fanciulla e dissero: "Se terrai in ordine la casa, se vorrai cucinare, rifare i letti, lavare, cucire e ricamare, e tenere tutto in ordine e pulito, allora potrai restare qui con noi e noi provvederemo a te. Noi stiamo fuori tutto il giorno a scavare la roccia per estrarre oro dalla miniera, e quando rientriamo la cena deve essere pronta. Perciò durante il giorno sarai sola, quindi, guardati bene dalla regina, e non fare entrare nessuno in casa." Nel frattempo, la regina pensò di essere di nuovo la donna più bella della terra, e il mattino seguente, davanti allo specchio, domandò:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

Lo specchio rispose ancora una volta:

"Grande è la tua beltà, oh mia regina,
ma la piccola Biancaneve, lassù, oltre le sette montagne,
lo è mille volte di più."

La regina inorridì, e capì di essere stata ingannata dal cacciatore, il quale non aveva ucciso Biancaneve, e siccome sapeva che soltanto i sette nani abitavano tra le sette montagne, comprese immediatamente che essi l'avevano salvata e tenuta lì con loro. Perciò, cominciò subito a pianificare un modo per ucciderla, perché non avrebbe avuto pace fino a quando lo specchio non fosse tornato a dire che era lei la donna più bella della terra. Alla fine le venne un'idea: si travestì da vecchia ambulante e si scurì il viso, in modo da non farsi riconoscere da nessuno, e andò a casa dei sette nani. Bussò alla porta e gridò: "Aprite, aprite. Sono una vecchia ambulante con tante belle cose da vendere." Biancaneve si affacciò dalla finestra: "Che cosa avete?" "Nastri da vita, cara bambina" rispose la vecchia, mostrandogliene uno intrecciato di seta gialla, rossa, e blu. "Vi piace questo?" "Oh, sì" rispose Biancaneve pensando, 'questa vecchia signora posso anche farla entrare: sembra innocua.' Aprì la porta e contrattò il prezzo per i nastri. "Non l'hai allacciato bene," disse la vecchia, "vieni qui, che te lo sistemo io." Biancaneve si avvicinò, e quella prese il nastro e lo strinse tanto forte da farla soffocare, così, cadde a terra come morta. A quel punto la vecchia fu soddisfatta, e se ne andò. Quando fu notte, e i nani tornarono a casa, rimasero inorriditi di fronte a Biancaneve che giaceva per terra priva di sensi, come morta. La sollevarono, e videro che era allacciata troppo stretta in vita, così, tagliarono il nastro in due, e Biancaneve tornò a respirare, e in breve tempo si riebbe. "E' stata certamente opera della regina, che ha cercato di ucciderti" dissero i nani, "devi stare più attenta e non far più entrare nessuno." Tornata a casa, la regina chiese allo specchio:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

Lo specchio rispose ancora una volta:

"Grande è la tua beltà, oh mia regina,
ma la piccola Biancaneve, lassù, tra i sette nani,
lo è mille volte di più."

La regina rimase pietrificata dall'orrore e le si gelò il sangue nelle vene, perché seppe che Biancaneve era ancora viva; così, per tutto il giorno e per tutta la notte, architettò un secondo piano per ucciderla. Creò un pettine avvelenato, si travestì diversamente, e uscì di casa. Bussò alla porta, ma Biancaneve rispose: "Non posso lasciare entrare nessuno." Allora ella tirò fuori il pettine, e quando la fanciulla vide come brillava, aprì la porta alla completa sconosciuta, e comprò il pettine. "Vieni, lascia che ti pettini io," disse l'ambulante; appena ebbe infilato il pettine tra i capelli di Biancaneve, la fanciulla svenne e cadde a terra morta. "E così resterai" disse la regina, tornandosene a casa con il cuore più leggero. I nani tornarono a casa giusto in tempo: videro quanto era successo, e tolsero il pettine avvelenato dai capelli di Biancaneve, la quale, aprì gli occhi e rinvenne. Poi, promise loro che non avrebbe più aperto a nessuno. La regina andò allo specchio e disse:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

Lo specchio rispose:

"Grande è la tua beltà, oh mia regina,
ma la piccola Biancaneve, lassù, tra i sette nani,
lo è mille volte di più."

Quando la regina sentì quelle parole, tremò di rabbia ed esclamò: "Biancaneve morirà, dovesse costarmi la vita!" Poi, si recò nella sua stanza segreta, dove nessuno poteva entrare, e creò una mela adulterata con un veleno estremamente potente; dall'esterno, era rossa e bella, da invogliare chiunque a mangiarla, ma anche un solo morso avrebbe causato morte certa. Poi, si travestì da contadina, e si recò a casa dei sette nani e bussò alla porta. Biancaneve mise fuori il capo e disse: "Non sono autorizzata a farvi entrare. I nani me lo hanno strettamente proibito." "Se non volete, non posso obbligarvi," rispose lei, "io vendo queste belle mele, e vorrei farvene assaggiare una." "No, non posso accettare nulla. I nani non vogliono." "Se avete paura, allora, taglierò questa mela in due e ne mangerò metà; ecco, mangiatela voi, la parte più bella, quella rossa." Ora, bisogna sapere che la mela era fatta con tanta arte, che soltanto la parte rossa era avvelenata, e quando Biancaneve vide che la contadina stava mangiando l'altra metà, la sua voglia crebbe tanto che accettò la metà avvelenata e la vecchia gliela passò dalla finestra. Diede un morso, ma subito cadde a terra, morta. La regina fu felice, tornò a casa, e chiese allo specchio:

"Specchio, specchio delle mie brame,
chi è la donna più bella del reame?"

E quello rispose: "Tu, mia regina, sei la più bella."

"Finalmente avò pace" disse, "perché ancora una volta sono io la donna più bella della terra. Questa volta Biancaneve non si salverà." Quella sera, i sette nani tornarono dalla miniera, e trovarono Biancaneve che giaceva a terra, ed era morta. Allora le slacciarono le stringhe, e cercarono il segno del veleno tra i capelli, ma inutilmente: non riuscirono a rianimarla, perciò, la deposero su un cataletto, e tutti e sette sedettero accanto a lei e piansero e ripiansero per tre giorni. Stavano per seppellirla, ma poi videro che il suo corpo era ancora fresco: non aveva l'aspetto tipico della morte, e le sue gote si erano conservate rosse. Costruirono una bara di cristallo, e la depositarono all'interno, così che, dall'esterno, potevano vederla; scrissero a lettere d'oro il suo nome e la sua discendenza, e da quel giorno fecero a turno la veglia. Biancaneve restò molto a lungo distesa, senza vita, nella bara, senza decomporsi. Dopo tanto tempo, era ancora bianca come la neve e rossa come il sangue, come se fosse ancora in grado di aprire gli occhi neri come l'ebano, e lì giaceva, ancora, come se dormisse. Un giorno capitò a casa dei sette nani un giovane principe, e chiese rifugio per la notte; quando entrò nel salotto e vide Biancaneve che giaceva nel feretro di cristallo, così poeticamente illuminato dalle sette candele, e rimase incantato dalla sua bellezza. Lesse l'iscrizione d'oro e seppe dunque che era figlia di un re. Chiese ai nani di vendergli la bara con il corpo di Biancaneve, ma essi non vollero per tutto l'oro del mondo. Allora egli supplicò che gliela regalassero, poiché non poteva più vivere senza poterla vedere, e garantì che l'avrebbe onorata e rispettata come il suo bene più prezioso. Alla fine i nani ebbero pietà di lui e gliela lasciarono portar via. Ora, il principe la fece portare al suo castello, e la fece collocare in una stanza dove egli restava seduto a vegliare per tutto il giorno, senza mai toglierle gli occhi di dosso, e, ogni volta che doveva assentarsi e non poteva avere la salma di Biancaneve vicino, s'intristiva, e non riusciva a mandare giù un solo boccone, fino a quando non aveva il feretro accanto a sé. Allora accadde che i servi, che dovevano continuamente portare la bara avanti e indietro, cominciarono a irritarsi per la situazione, e, una volta, uno di loro scoperchiò la cassa, e, sollevando Biancaneve, dissero: "Guardate qui, ci tocca questa corvée tutto il giorno, per colpa di una ragazza morta"; e così dicendo, le diedero un colpo di mano sulla schiena, e così, in quel mentre, il terribile pezzo di mela che aveva morso, le fuoriuscì dalla gola, e Biancaneve tornò in vita. Si alzò, si diresse verso il principe, che era fuori di sé dalla gioia di rivedere la sua amata viva. Si sedettero insieme in tavola e mangiarono con gioia. Le nozze furono fissate per l'indomani, e anche la cattiva mamma di Biancaneve fu invitata. Quel mattino, ella si presentò dinnanzi allo specchio e disse:

"Specchio, specchio, delle mie brame,
Chi è la più bella del reame?"

E lo specchio rispose:

"Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma
la giovane regina
lo è mille volte di più."

Nel sentire lo specchio risponderle così, rimase inorridita, e fu così sopraffatta dalla paura che non riuscì a dire parola. Ma, nuovamente gelosa di Biancaneve, decise di andare allo sposalizio a vedere la giovane regina, e quando arrivò, vide che si trattava di Biancaneve. Poi misero un paio di scarpe di ferro sul fuoco finché furono incandescenti, ed ella dovette indossarle e ballare con quelle scarpe ai piedi. I suoi piedi rimasero completamente arsi, ed ella non riuscì più a fermarsi fino a che ebbe consumato l'ultimo ballo e poi morì.

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Questa prima versione del 1812 è stata da me annotata, esaminata e tradotta in italiano. La fonte della mia disamina è l'edizione in lingua inglese curata dal Professor D. L. Ashliman, ex-docente dell'Università di Pittsburgh, e reperibile a questo link. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Qualora dovessi accorgermi che questa, o qualsiasi altra traduzione svolta di mio pugno, fosse presente in qualunque Sito senza espressivo riferimento a Paroledautore.net, potrei facilmente decidere di mandare un email al webmaster, amministratore, proprietario, o gestore del sito, con richiesta precisa di citazione della fonte, mentre per quanto riguarda un eventuale hot link sulle immagini presenti in questa pagina, potrei prevedibilmente optare per un cambiamento dell'indirizzo della stessa, o modifica del nome.

Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato il 10 ottobre 2011)