Fiabe Classiche - Asbjørnsen e Moe: Perché il mare è salato.

(testo tradotto da me e distribuito con licenza CC 3.0 Italia. Per favore, vedasi note a pié di pagina.)

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(illustrazione per la fiaba popolare norvegese reperita sul sito: Ndla.no. Passaci sopra il mouse per ingrandirla.)

«Norske Folkeeventyr», 1842-1870

libro animato

C'erano una volta, ma tanto, tanto tempo fa, due fratelli: uno ricco e uno povero. Un anno, alla Vigilia di Natale, al fratello povero non erano rimaste che poche briciole di cibo (pane o carne che fosse), così, andò dal fratello ricco a supplicarlo che gli desse qualcosa da portare a casa, in nome di Dio; non era la prima volta che il poveretto si vedeva costretto a chiedere aiuto, e perciò al ricco non fece affatto piacere ritrovarsi davanti il povero di nuovo, e così gli disse: «Se farai come ti dico, ti darò una grossa porzione di pancetta.» Il povero, riconoscente, rispose, naturalmente, che era disposto a tutto, e pertanto il ricco gli disse: «Bene, ora tieniti stretta la tua pancetta e vattene al diavolo.» «Ho dato la mia parola e ora devo mantenerla» rispose l'altro; prese la sua pancetta e se ne andò. Camminò per tutto il giorno, e all'imbrunire giunse ad un palazzo da cui brillava una bella luce. «Forse è qui che abita il Diavolo» disse a se stesso il povero; si voltò indietro, e subito vide un uomo piuttosto vecchio, con una lunga barba bianca, che stava in piedi sull'uscio, tutto impegnato a spaccar legna per la sera di Natale. «Salve!» disse il poveretto; «Salve a voi. Dove ve ne andate a quest'ora?» rispose il vecchio. «Oh, andrei al Diavolo, se solo conoscessi la strada!» rispose il poveretto; «Oh, bhè, non ci siete andato lontano» rispose il vecchio, «siete all'Inferno: appena entrerete, sappiate che cercheranno in ogni modo di comprare la vostra pancetta, poiché la carne è merce rara da queste parti: ma voi tenete duro e non vendetela a nessuno, a meno che non troviate il macinino che sta dietro alla porta. Quando uscirete, vi spiegherò io come usarlo, poiché serve a per macinare quasi tutto.»

Così, il poveraccio ringraziò di cuore il vecchio per i buoni consigli, e bussò vigorosamente alla porta del Diavolo. Entrò, e tutto si svolse esattamente come il vecchio aveva illustrato; tutti i demoni, grandi e piccoli, lo accerchiarono come mosche al miele, e tutti si contesero l'un l'altro la fetta di lardo del povero. «Per Bacco!» esclamò, «suppongo che dovrei tenere per me e per la mia signora questa pancetta: dopotutto, è la sera di Natale, ne ho diritto.. ma dal momento che ormai ci avete messo tutti gli occhi sopra, penso che ve lo cederò, ma in cambio voglio quel macinino che sta lì dietro alla porta.» Lì per lì il Diavolo non volle saperne di fare scambi, e mercanteggiò a lungo con l'uomo, ma alla fine cedette e fecero lo scambio. Quando poi l'uomo uscì all'esterno, chiese al vecchio taglialegna cosa doveva farne del macinino, e dopo che quello gli spiegò ben bene cosa fare e come usarlo, il povero ringraziò di cuore il vecchio e se ne andò per la sua strada camminando più veloce che poteva, ma quando fu finalmente di ritorno, la mezzanotte era già suonata, ed era già arrivato il Natale. «Dove diamine sei stato?» lo rimproverò sua moglie, «sono stata qui seduta ad aspettarti per ore intere, senza neanche un po' di legna per il fuoco, e senza niente da mettere sotto i denti.»

«Oh!» rispose l'uomo, «non potevo tornare prima, perché ho dovuto recarmi prima in un posto molto lontano per un motivo, e poi in un altro. Ma adesso aspetta e vedrai!» Mise il macinino sulla tavola e ordinò prima di tutto un bal fuoco, una tovaglia, e poi, carne, birra, e così via, fino a quando ebbero ottenuto tutto il necessario per un gran Cenone di Natale: doveva soltanto pronunciare le parole magiche e il macinino esaudiva ogni suo desiderio. La vecchia moglie non sapeva più come ringraziare il cielo e le stelle, e continuò a tempestare di domande il marito, per sapere da dove fosse venuto fuori quell'oggetto miracoloso; ma egli non volle dirglielo. «Lo so io dove l'ho preso; ti basti vedere quanto bene funziona. Inoltre, la macina non gela mai, e questo è tutto.» Macinò in gran quantità carne, bevande, ed ogni genere di prelibatezze: in breve tempo ebbero una discreta scorta che sarebbe bastata per tutto il periodo natalizio, e così, il terzo giorno, l'uomo invitò parenti e amici a casa sua, e diede una grande festa. Ebbene, quando il ricco fratello vide quella tavola imbandita e la dispensa stipata, si fece ancora più astioso e maligno, poiché non sopportava l'idea di vedere suo fratello con tutto quel ben di Dio, e così, roso dall'invidia, disse a tutti: «Soltanto la Vigilia di Natale era così malridotto, che venne da me ad elemosinare un tozzo di pane, e adesso dà questo riceviento, manco fosse diventato un conte o un re.» Poi si volse verso suo fratello e disse: «Ma insomma, si può sapere dove diavolo hai preso tutto questo ben di Dio?» «Dietro la porta» rispose, noncurante delle conseguenze; ma più tardi, dopo che ebbe alzato un po' il gomito, si lasciò sfuggire di bocca il segreto, e disse: «Vuoi sapere come ho fatto a procurarmi tutto questo? Te lo faccio vedere.» Prese il macinino e cominciò a farlo macinare, e macinò un bene dopo l'altro. Quando il fratello vide quel prodigio, si ripropose di metterci le mani sopra ad ogni costo, così, cercò d'indurlo con mille moine a cederglielo; alla fine quello cedette per la cifra di ben trecento talleri, con la condizione, però, che l'avrebbe tenuto con sé ancora fino alla stagione della raccolta del fieno: in questo modo, pensò, avrebbe avuto tempo a sufficienza per macinare abbastanza scorte da durargli per diversi anni. E così fece, e il macinino non ebbe certo il tempo di arrugginirsi. Poi, quando venne il momento stabilito, ecco presentarsi il fratello ricco a reclamare il suo avere; ma l'altro, però, non gli spiegò affatto come doveva usarlo..

Era ormai sera quando il riccone tornò a casa con il macinino magico; il mattino dopo, disse a sua moglie di uscire e di andare nei campi di fieno a sorvegliare i falciatori, mentre lui sarebbe rimasto a casa a preparare la cena; quando fu ora di cena, mise il macinino sulla tavola di cucina e disse:

«Qui da me aringhe e zuppa,
macina in fretta e falla tutta.»

E il macinino cominciò a macinare senza fermarsi: dapprima riempì fino all'orlo piatti, pentole, tegami, e così, in breve tempo tutto il pavimento della cucina fu interamente ricoperto di zuppa. Allora l'uomo cominciò a piroettare e a roteare attorno al macinino per farlo smettere, ma inutilmente, perché quello continuò a macinare fino a quando tutta la stanza traboccava di zuppa, e l'uomo stava rischiando così di affogare; allora aprì la porta della cucina e si diresse verso il salotto, ma anche quello era stato ormai inondato da quel fiume di liquido, e rischiò nuovamente di affogare nel tentativo di riuscire ad arrivare al catenaccio che teneva chiusa la porta di casa; appena riuscì ad aprire la porta, si precipitò fuori, in strada, seguito da quella cascata di zuppa che stava ormai inondando tutta la fattoria.

Nel frattempo, sua moglie, che stava nei campi a raccogliere il fieno, vide che era ormai ora di cena e disse: «Bhè, visto che nessuno che ci chiama, piantiamo qui tutto e torniamocene a casa. Magari non sarà in grado di mettere su la zuppa, e gli servirà il mio aiuto.» Anche gli altri erano d'accordo, e se ne ritornarono alle loro abitazioni; ma non appena ebbero fatto pochi passi su per la collina, furono raggiunti da quel marasma di zuppa e di pane che s'infrangeva impetuoso come una cascata, con in testa il padrone che fuggiva per salvarsi, e appena li vide, gridò: «Ehi, di laggiù!! Attenti a non farvi travolgere!!» E così dicendo corse via come una furia, come se fosse inseguito dal demonio, verso la casa di suo fratello, e lo supplicò di riprendersi il macinino all'istante; disse: «Se continua a macinare così, tra poco più di un'ora tutta la contea sarà sommersa dalla mia zuppa.» Ma quello non voleva riprenderselo, e così il ricco dovette pagargli altri trecento talleri per convincerlo. E così, il povero intascò il denaro e si riprese il macinino, e non passò molto tempo fino a che poté costruire un podere ancora più grande e più bello di quello del fratello, e grazie al macinino cominciò anche a macinare l'oro, e ne macinò così tanto che poté dare a sua moglie tanti piatti d'oro, e continuò a macinare fino a quando la sua casa fu tutta ricoperta d'oro; e siccome si trovava vicino al mare, risplendeva e scintillava tutta e brillava tanto da illuminare con la sua luce tutto il mare. Tutti coloro che viaggiavano per mare, ormeggiavano su quella spiaggia apposta per visitare il ricchissimo padrone di quella casa tutta d'oro, e per ammirare il macinino fatato, la cui fama si era ormai diffusa in tutto il mondo, tanto che ormai non c'era più nessuno sulla terra che non avesse sentito parlare almeno una volta del magico oggetto.

Un giorno approdò laggiù un marinaio e volle vedere il macinino, e subito chiese se fosse in grado di macinare sale; «Macinare il sale? Ma certo, io penso proprio che possa farlo. Questo macinino sa macinare qualsiasi cosa.» Allora il mariniaio chiese all'uomo di vendergli l'oggetto, dicendo che avrebbe pagato qualunque cifra; era stufo, infatti, di lunghi viaggi per mari tempestosi per trasportare il sale. Il proprietario, lì, per lì, non volle separarsene, ma il marinaio lo pregò ed insistette così a lungo che quello cedette, in cambio di una fortissima cifra di denaro. Pagata la somma, il marinaio prese con sé il macinino, e, temendo che il vecchio potesse cambiare idea e riprendersi l'oggetto, non si trattenne un momento in più del necessario, perciò non ebbe tempo di farsi spiegare bene come si usava il macinino. Tornò sulla sua nave più in fretta della luce e salpò. Dopo che si trovava in mare già da un bel po' di tempo, mise il macinino sul ponte, e gli ordinò:

«Macinino mio bello, fammi tanto sale,
fallo bene e fallo presto.»

Addio.. il macinino cominciò a macinare sale, e macina, macina, traboccava come un fiume in piena.. e quando la nave fu totalmente ricoperta di sale, il marinaio cercò in tutti i modi di arrestarlo, ma per quanti tentativi facesse, fu tutto inutile, perché il macinino continuò incessantemente a macinare, e i cumuli di sale continuarono a crescere a dismisura, fino a che la nave finì per affondare.

E ancora adesso che si trova con la nave in fondo al mare, continua ancora a macinare a macinare, ed ecco perché il mare è salato.

(Traduzione dall'inglese di Valentina Vetere)

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Questa fiaba è stata tradotta da me dall'inglese. La fonte del mio lavoro è la traduzione dal norvegese di George Webbe Dasent (1888), e reperibile a questa pagina. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, seguendo le medesime condizioni regolate dalla licenza Creative Commons 3.0 indicata a fondo pagina, in segno di rispetto per il mio lavoro. Grazie per l'attenzione.

(Documento creato il 10/10/2013.)

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