Fiabe Classiche - Asbjørnsen e Moe: Kari, Veste di legno

(fiaba presente anche nei «Fairy Books» di Andrew Lang. Testo esaminato, e tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

il toro e Kari

(Immagine illustrativa: by Henry J.Ford in: «The Red Fairy Book»)

«Norske Folkeeventyr», 1842-1870

libro animato

C'era una volta un re vedovo. Dalla moglie aveva avuto una figlia, che era la più bella e intelligente ragazza del mondo. Il re patì il lutto dell'amata consorte per lungo tempo, finché alla fine si stancò di vivere da solo e si risposò con un'altra regina, che era anch'essa vedova, con una figlia. Ma al contrario della defunta regina, questa era perfida e brutta. La matrigna e sua figlia erano gelose della  principessa, perché era bella e gentile, ma davanti al re non osavano maltrattarla, così fingevano di volerle bene.

Tempo dopo, accadde che il re fece la guerra a un altro regnante, e dovette partire; così la matrigna cattiva pensò che finalmente poteva fare come voleva, e cominciò a picchiare e affamare la figliastra, e la cacciava da ogni stanza e angolo della casa. Alla fine pensò che le comodità della casa erano più di quanto meritasse, così la mandò fuori tra il bestiame. Da quel giorno la poverina se ne stava tutto il tempo a pascolare la mandria nei boschi e sulle alture. Le dava molto poco da mangiare, perciò la ragazza crebbe magra e pallida, ed era sempre triste e mesta. Ma tra il bestiame c'era anche un grosso toro grigio, dal pelo liscio e lucente, che un giorno le venne vicino e le chiese come mai se ne stava sempre triste e addolorata: lei non rispose, ma continuò a piangere. “Anche se non mi racconti nulla, io so già tutto; tu piangi perché la matrigna è cattiva con te, e perché vuole farti morir di fame. Ma d'ora in poi il cibo non ti mancherà più: guarda nel mio orecchio sinistro, vi troverai un panno, prendilo e agitalo, e vedrai comparire tutte le pietanze che vuoi.” Ella fece così, e all'improvviso davanti a lei furono i più ricchi manicaretti, e anche vino, carne e dolci. Ben presto ella riacquistò un colorito roseo e crebbe tanto bella, forte, e florida, che la regina invidiosa e la sua orribile figlia divennero rosse dalla rabbia. La regina non riusciva a capire come la fanciulla avesse fatto a riprendersi così in fretta, così ordinò a una delle serve di andarle dietro quando si recava con la mandria nel bosco, per spiarla e vedere cosa succedeva, perché sospettava che qualcuno della servitù le portasse da mangiare. La serva seguì la principessa e vide che ella tirava fuori dall'orecchio sinistro del toro un panno, che agitava al vento, per fare apparire d'incanto le più sostanziose pietanze, così da fare tutti i giorni un ricco banchetto. Tornata a casa, la serva raccontò tutto alla padrona.

Accadde poi che il re vinse la guerra e finalmente un giorno tornò a casa. Il suo ritorno fu motivo di grande e immensa gioia fra tutti nel palazzo, ma ancora più grande fu la felicità di sua figlia. Ma la perfida moglie si finse malata, e pagò lautamente il medico perché dichiarasse al marito che sarebbe guarita soltanto se avesse mangiato un po' di carne di toro. Allora sia la principessa che la servitù chiesero al dottore se nessun altro rimedio fosse possibile per giovare alla salute della regina, e tutti pregarono di salvare la vita al povero toro, a cui tutti volevano bene, dichiarando che nessun altro toro al mondo valeva quanto lui. Ma tutte le preghiere erano inutili, il toro doveva essere sacrificato, e nessuno avrebbe potuto impedirlo.

Quando la povera principessa venne a sapere il nefasto annuncio di morte del toro, ne fu molto addolorata, e si rifugiò nella stalla a piangere sulla testa del suo caro amico. “Perché mai piangi, adesso?” chiese il toro. Allora ella gli spiegò tutto quello che stava accadendo, dal ritorno a casa di suo padre, e che presto esso sarebbe stato sacrificato per salvare la vita della matrigna. “Se riescono a uccidermi,” disse il toro, “ahimè, morirai anche tu. Se sei d'accordo, partiamo, scappiamo insieme stanotte.”

Come potete ben immaginare, alla principessa piangeva il cuore all'idea di lasciare suo padre, tuttavia, non poteva restare nella stessa casa con la perfida matrigna che probabilmente voleva morta anche lei, e diede la parola al toro che sarebbe partita con lui. Quando calarono le tenebre, mentre erano tutti a dormire, la principessa uscì dal palazzo, scese nella stalla, salì in groppa al toro e insieme si incamminarono via più veloce che potevano. Quando il mattino dopo all'alba tutto fu pronto per l'esecuzione del toro, esso non fu trovato nella stalla, e quando il re si alzò e mandò a chiamare la figlia, neanche lei fu trovata nel suo letto. Così capirono che erano entrambi fuggiti, e mandarono dei messaggeri a cercarli in ogni dove, in ogni corte o paese, ma nessuno li aveva visti. Mentre erano inseguiti, il toro e la principessa in groppa attraversarono vaste colline a pianure, finché un giorno giunsero in un grande bosco di rame, tutto ricoperto di alberi, foglie, fiori ed erba di rame. Ma prima di addentrarvisi, il toro raccomandò alla principessa, “Ascoltami bene, ora che stiamo entrando in questo bosco di rame, cerca di non toccare niente, non portare via niente, altrimenti è finita per tutti e due, perché qui dimora un pericoloso troll con tre teste, ed è padrone di tutto.”

La principessa promise che sarebbe stata attenta, e che non avrebbe toccato niente, e infatti ella fu molto attenta durante l'attraversamento a non urtare i rami degli alberi, o a sfiorarli con delicatezza, ma il bosco era veramente molto fitto, ed era molto difficile da attraversare. Così la principessa si demoralizzò, e così, inavvertitamente, strappò una foglia da un ramo, la quale si andò a depositarle tra le mani. “Noooooo! Che cos'hai fatto?!” esclamò il toro, “adesso devo per forza affrontare a duello il troll, e sperando di uscirne vivo. Tu però conserva bene quella foglia, e non perderla.” Poco dopo arrivarono alla fine del bosco, dove il troll con le tre teste li aspettava, e vedendoli, corse minacciosamente verso di loro.
“Chi è che ha toccato il mio bosco?” gridò. “Il bosco è anche mio” disse il toro, sbuffando, pronto alla lotta, dicendo: “ti sfido a duello!” “D'accordo!” rispose il troll.

Così dicendo, si corsero incontro con aria di sfida e combatterono, il toro con le corna contro il troll, con tutta la forza che aveva in corpo. Anche il troll era molto forte, così, lo scontro fu molto violento e durò tutto il giorno, e quando alla fine il povero toro ne uscì, era gravemente ferito e sfinito che non poteva più alzare un dito. Furono costretti a rimanere sul posto un giorno più del previsto, e il toro disse alla principessa di cospargerlo con un unguento magico contenuto in un corno che il troll portava alla cintura, e subito egli guarì, e il giorno dopo poterono ripartire. Viaggiarono ancora per molti e molti giorni finché giunsero a una foresta d'argento tutta ricoperta di alberi, foglie, fiori ed erba d'argento.

Prima di addentrarsi nella foresta, il toro raccomandò alla principessa: “Mi raccomando, questa volta stai attenta a non toccare niente e non strappare niente, neanche una foglia, altrimenti sono guai seri per tutti e due, perché il padrone di questa foresta è un grosso troll con sei teste, e questa volta non credo proprio che sarei in grado di batterlo.” “Non ti preoccupare, starò attenta”, promise la principessa. Ma quando in fine attraversarono il folto bosco, che era molto più fitto dell'altro, facevano molta fatica a camminare. La principessa cercò di fare più attenzione che poteva, ma era difficilissimo scostare i rami che erano così tanti che aumentavano di minuto in minuto, e alla fine senza volere, ella strappò una foglia. “Noooooo! Che cos'hai fatto?!” esclamò il toro, “adesso devo per forza affrontare a duello il troll dalle sei teste, e stavolta non credo di uscirne vivo, perché è due volte più forte dell'altro; ma d'altra parte non ho scelta. Tu però conserva bene quella foglia, e non perderla.” Ciò detto, ecco comparire il terribile troll, gridare minacciosamente: “Chi è che ha toccato il mio bosco?” gridò. “Il bosco è anche mio” disse il toro, sbuffando, pronto alla lotta, dicendo: “ti sfido a duello!” “D'accordo!” rispose il troll. Così cominciò l'aspro combattimento, e il toro si batté coraggiosamente e con grande forza, sferzando al troll una terribile incornata, ma il suo avversario era veramente temibile, e ci vollero tre lunghi giorni prima che il toro riuscisse a vincerlo. Alla fine, era anche lui distrutto e ferito, mentre sanguinava visibilmente. Allora egli disse alla principessa di Furono costretti a rimanere sul posto un giorno più del previsto, e il toro disse alla principessa di cospargerlo con un unguento magico contenuto in un corno che il troll portava alla cintura, e subito egli guarì, ma dovettero restare lì a riposare una settimana, prima che il toro potesse recuperare le forze sufficienti per rimettersi in piedi. Finalmente ripresero il cammino, e viaggiarono ancora per molti e molti giorni, andando al principio più piano perché il toro era ancora stanco; così per non affaticarlo troppo, la principessa disse che era abbastanza giovane e in salute da poter benissimo camminare da sola, ma il toro non volle, ella doveva continuare a stargli in groppa. Allora, viaggiarono ancora per parecchio tempo, e la principessa si chiedeva continuamente dove fossero diretti, finché giunsero presso una foresta tutta d'oro puro. Era una tal magnificenza, che l'oro colava da ogni angolo e da ogni foglia.

Il toro fece le stesse raccomandazioni delle volte precedenti alla principessa, ossia di non toccare niente, perché lì il padrone di tutto era un ferocissimo troll da nove teste, che era così grosso e massiccio, da fare con il suo corpo due dei troll precedenti, e che veramente, questa volta, il toro non avrebbe potuto sconfiggere. La principessa si disse sicura che non sarebbe successo nulla, questa volta, ma la foresta d'oro era in assoluto la più fitta e folta di tutte, e diventava a ogni passo sempre più impossibile da attraversare senza rimanervi intrappolati. La principessa era bloccata dalla paura di toccare inavvertitamente qualche foglia. Così resto ferma e immobile, disperandosi per un po', finché cercò di nuovo, con molti sforzi, di farsi strada separando delicatamente i rami con le mani, ma i rami le si sfregavano davanti al viso continuamente, ostruendole la vista, e prima che lei potesse aprir bocca, si ritrovò con una mela d'oro in mano. Allora fu così triste e disperata che pianse a dirotto e voleva gettare via la mela, ma il toro le raccomandò invece di conservarla con cura e cercò di confortarla come meglio poteva, anche se dentro di se era molto preoccupato, poiché sapeva che per lui questa volta sarebbe stata durissima.
Presto saltò fuori il terribile troll dalle nove teste, ed era così brutto, che la povera principessa osava a malapena guardarlo. “Chi ha osato toccare il mio bosco?” ruggì. “Questo bosco è anche mio” rispose il toro. “Ah si? Questo è da vedere!” tuonò il troll. “Bene. Non mi tiro indietro.” rispose coraggiosamente il toro, e così dicendo iniziò il combattimento, e fu una vista così dura, che la principessa per poco non svenì. Il toro incornò il troll negli occhi, e sferzò con le corna colpi su colpi contro il corpo del troll, finché piano piano gli squarciò le viscere; ma il troll resistette e combatté coraggiosamente, e quando il toro gli strappò via una testa, subito un'altra ne rispuntava, e così, il combattimento fu lunghissimo, e al toro gli ci volle ben una settimana intera prima di riuscire ad annientare tutte le teste in una volta sola. Alla fine si accasciò stremato al suolo, e come le altre volte, la principessa gli spalmò su tutto il corpo esanime l'unguento magico, finché poco a poco, faticosamente e lentamente cominciò a riprendersi, ma furono necessarie tre settimane per recuperare le forze sufficienti per rimettersi in viaggio. Quando finalmente ripartirono, proseguirono a passo d'uomo, ciò nonostante, attraversarono molte alte colline e fitte boscaglie. Dopo un po', salirono su una montagna e si guardarono intorno. “Vedi qualcosa?” chiese il toro. “No, a parte il cielo blu e alte rocce.” rispose la principessa. Allora salirono più su, finché il panorama era più chiaro e si vedeva più lontano. “Adesso vedi qualcosa?” “Si, intravedo in lontananza un castello, molto molto lontano, però..” rispose la principessa. “Buona notizia.” disse il toro.

Proseguirono per un altro lunghissimo tratto arrivarono a una grande cava dove c'era uno sperone che nascondeva una ripida salita. “Ora vedi qualcosa?” “Si, adesso il castello lo vedo più vicino.” disse la principessa, “e molto molto più grande.” “E' lì che tu andrai” disse il toro, “sotto al castello c'è un porcile, dove potrai dimorare. Là ci troverai una veste di legno a strisce. Mettitelo, poi vai al palazzo e dì che ti chiami Kari Veste di legno, e chiedi un lavoro e un posto dove stare. Ma prima di andare, prendi il coltellino e tagliami la testa. Quando mi avrai ucciso, scuoiami, arrotola bene la mia pelle e nascondila sotto questa grande pietra, insieme alla foglia di rame, alla foglia d'argento, e alla mela d'oro. Là, su quelle alte rocce c'è un bastone; ogni volta che ti servirà qualcosa, dovrai soltanto battere il bastone sulla roccia.”

La ragazza non voleva assolutamente fare del male al suo caro amico che tanto aveva fatto per lei, ma quando egli le disse che quello che le aveva detto di fare era il miglior ringraziamento per averla aiutata fino a quel momento, la ragazza suo malgrado ubbidì. Con la morte nel cuore, tagliò la testa al suo toro e fece tutto come egli le aveva spiegato nei minimi dettagli, poi si recò al porcile, piangendo addolorata, e indossò la veste di legno come il toro aveva predetto, e così vestita andò a palazzo. Quando fu nelle cucine, chiese un lavoro per mantenersi, e disse di chiamarsi Kari Veste di legno. Le fu accordato un posto di sguattera in cucina, e le fu dato un posto nel retro, dove dormire. Le dissero che poteva andarsene nel momento in cui fosse stata stanca di quella vita, ma ella assicurò che non sarebbe successo mai. Così iniziò per lei una nuova e scomoda vita, lontana dagli agi, e sommersa di faccende faticose.

La domenica successiva furono annunciati ospiti al palazzo, per cui Kari domandò se per caso dovesse portare l'acqua per il bagno al principe. Ma per tutta risposta le risero in faccia e le dissero: “E che cosa pensi di fare, tu, piccola sguattera, al cospetto del principe? Non penserai mica che egli possa trovarti interessante!” Ma ella non vi fece caso, e continuò a pregare e a chiedere il permesso. Alla fine la lasciarono andare; salì le scale, e il suo involucro di legno cigolava e faceva talmente tanto rumore, che fece accorrere il principe, che si affacciò e chiese: “Chi va là? Chi siete?” “Maestà, vengo a portarvi l'acqua per il bagno.” rispose Kari. “Sai che ci faccio io adesso con quell'acqua?” rispose il principe, e così dicendo, le gettò l'acqua addosso. Così la poverina dovette rinunciare a compiacere il principe. Poi però chiese il permesso di andare in chiesa, e il permesso le fu accordato, perché la chiesa era appena fuori del palazzo. Prima di andare, la principessa salì alla roccia, e batté un colpo con il bastone, come il toro le aveva detto, e subito comparì un vecchio, che le chiese: “Qual'è il vostro desiderio?” La principessa rispose che voleva andare in chiesa ad assistere alla messa, ma non aveva nessun vestito adatto, ed egli le portò una veste, che era luminosa e brillante come la foresta di rame, e le fu portato anche un cavallo e una sella. Quando giunse in chiesa, era così bella ed elegante, che tutti si chiesero chi fosse quella bellissima dama, e furono tutti distratti dal suo fascino, intenti com'erano a rimirarla, incantati. Alla messa c'era anche il principe, il quale come la vide se ne innamorò perdutamente, che non poté staccarle gli occhi di dosso un momento.

Quando la messa fu finita ed ella corse fuori, il principe la inseguì, e lasciò il portone della chiesa aperto per lei, e afferrò uno dei suoi guanti, che erano rimasti impigliati. Ella montò sul suo cavallo e corse via, ma il principe riuscì a raggiungerla e le chiese da dove venisse. “Io? Vengo da Bagno” rispose Kari, e mentre il principe le porse il guanto, ella aggiunse:

“Cielo chiaro e cielo scuro,
col vento vengono le nubi
e il sentiero percorso dal mio baldo destriero
è ciò che al principe è celato.”

Il principe però non volle perdere di vista la bella fanciulla e cercò di seguirla, percorrendo miglia e miglia, chiedendo a tutti quelli che incontrava cosa sapevano di lei, ma nessuno seppe rispondergli, perché nessuno aveva mai sentito un paese di nome ' Bagno '.

La domenica seguente qualcuno della servitù doveva portare un asciugamano al principe. “Posso portarglielo io?” chiese Kari. “A che pro? Non ti ricordi come ti ha trattata l'ultima volta?” le risposero. Ma Kari non si arrese, e continuò a chiedere il permesso di andare, finché lo ottenne. Salì dunque le scale, e come la volta precedente, il suo involucro di legno fece molto rumore, e accorse il principe a vedere cosa fosse, e quando vide che era Kari, le strappò l'asciugamano dalle mani e glielo gettò in faccia. “Chiuditi dentro a un sacco, brutto troll” strillò, “pensi forse che io voglia asciugarmi con un panno che esca dalle tue luride manacce?”

Dopo un po' il principe si recò in chiesa, e Kari chiese il permesso di andarci anche lei. Le chiesero che cosa mai dovesse farci in chiesa, lei che era solo una piccola e sporca sguattera senza vestiti all'infuori di quel goffo involucro di legno, che oltretutto era brutto e nero. Ma Kari rispose che ci teneva molto ad ascoltare il sermone del prete, che era molto bravo, e che le aveva fatto molto bene alla coscienza. Così dicendo, le fu accordato il permesso, e come l'altra volta, prima di andare salì alla roccia, dove batté un colpo con il bastone, e ricomparve il vecchietto, che le fece indossare un vestito ancora più bello del precedente, tutto ricoperto di gemme d'argento, e brillava come il bosco d'argento del secondo troll. Salì in groppa a un baldo destriero, anch'esso tutto ricoperto d'argento da capo a piedi, e con esso Kari fu scortata in chiesa.

Quando arrivò in chiesa, i fedeli erano ancora tutti in piedi, e tutti continuavano a chiedersi chi lei fosse, e il principe, che era già lì sul posto, venne e voleva tenerle il cavallo mentre era li, ma lei disse che non ce n'era bisogno. Poi andarono tutti in chiesa, ma nessuno prestava attenzione al prete, perché erano tutti intenti ad osservarla, ed era meravigliosamente bella, che il principe si innamorò ancora di più di lei. Alla fine del sermone ella s'avviò verso il cavallo per andare via, quando il principe la raggiunse di nuovo, e di nuovo le chiese da dove venisse. ““Io? Vengo da Towel City” rispose Kari, e così dicendo, salì sul cavallo, prese in mano le briglie, che le sfuggirono di mano, e il principe si chinò per raccoglierle, e lei aggiunse:

“Cielo chiaro e cielo scuro,
col vento vengono le nubi
e il sentiero percorso dal mio baldo destriero
è ciò che al principe è celato.”

Detto questo, sparì, e il principe non ebbe più traccia di lei. Allora girovagò per ogni dove in cerca di lei, chiedendo dove si trovasse Towel City, ma nessuno lo sapeva.

La domenica seguente, il principe ordinò che gli si portasse un pettine, e Kari voleva andare, ma la servitù glielo sconsigliò, dicendole di ricordarsi di come era andata le altre volte, ma insistette tanto che alla fine la lasciarono andare a portare il pettine al principe. Ma salendo le scale, il suo involucro di legno diede tanto fastidio al principe, che le buttò addosso il pettine, e se ne andò. Allora ella chiese di poter andare ancora in chiesa, e gli altri vollero sapere che cosa mai dovesse farci lei in chiesa, lei che era sporca e senza vestiti. Avevano anche paura che il principe la vedesse con loro, e temevano così di essere presi in giro. Ma Kari disse che avevano il sermone da ascoltare, invece che perdere tempo a guardare lei, e alla fine ebbe il permesso.

Come le altre due volte, quando batté un colpo di bastone, ecco di nuovo il vecchio, portarle un grandioso vestito d'oro puro e intarsiato di diamanti. Questo vestito era il più bello di tutti. Quando arrivò in chiesa, tutti sembravano essere in attesa di lei. Il principe le corse incontro e voleva trattenerle il cavallo, ma ella rispose che non ce n'era bisogno. Allora tutti entrarono in chiesa, ma erano troppo distratti dalla sua vista per poter ascoltare il sermone, e non facevano altro che chiedersi chi mai fosse quella misteriosa fanciulla; il principe, sempre più innamorato pazzo, non aveva occhi e orecchie che per lei. Il sermone finì, ma questa volta il principe aveva fatto versare della pece sul pavimento del portico, ma Kari non se ne accorse, e mise un piede proprio nella pozza di pece, ma all'improvviso una delle sue scarpette d'oro rimase incollata per terra. Allora salì lo stesso sul suo cavallo, e venne il principe che le chiese al solito chi lei fosse e da dove venisse. “Vengo da Combland” disse Kari, e quando il principe volle darle la scarpetta d'oro, ella aggiunse:

“Cielo chiaro e cielo scuro,
col vento vengono le nubi
e il sentiero percorso dal mio baldo destriero
è ciò che al principe è celato.”

Così dicendo fuggì via, e il principe la cercò in ogni dove, chiedendo a chiunque incontrava, la strada per  ' Combland ', ma nessuno lo aveva mai sentito nominare. Così fece proclamare in tutto il regno che avrebbe sposato la fanciulla proprietaria della scarpetta d'oro.

Tantissime donne vennero a palazzo da ogni dove, per provare la scarpetta, belle o brutte che fossero, ma nessuna di loro aveva un piede abbastanza piccolo da entrare nella minuscola scarpetta. Passò tanto tempo, e alla fine si presentò anche la matrigna cattiva di Kari con la figlia, ed ella poté calzare la scarpetta, ma era talmente brutta e odiosa, che il principe pensò quasi di rimangiarsi la parola data. Quando venne il giorno delle nozze, la sorellastra di Kari fu agghindata e preparata per sposarsi, ma quando furono sulla carrozza, diretti verso la chiesa, un uccelletto si posò su un ramo e cantò:

“Un pezzetto di tallone
un pezzetto di piede
ma la scarpettina di Kari Veste di legno
tutta insanguinata ora si trova.”

A udir queste strane parole, tutti si guardarono fra di loro, e guardarono il piede della sposa, e videro che effettivamente l'uccellino aveva detto il vero, e un fiume di sangue fuoriusciva dalla scarpa. Allora fu chiaro l'imbroglio, e tutte le donne che si trovavano davanti alla chiesa dovettero rifare la prova della scarpa, ma a nessuna di loro calzava bene. Allora il principe chiese dove fosse Kari Veste di legno, ricordandosi il canto dell'uccelletto. “Proprio lei? La sguattera sporca con le gambe di legno?” dissero in tono canzonatorio i servi. “E' vero, ma dal momento che tutte le dame hanno provato la scarpa, deve provarla anche Kari.” rispose deciso il principe. Allora chiamò Kari a gran voce, e lei timidamente salì le scale, facendo un fragore terribile. “Kari, devi provare a indossare questa scarpetta, e fare la principessa.” dissero le altre serve in tono canzonatorio, ridendo di lei.

Kari non badò a loro, e indossò la scarpetta, che calzava a pennello; allora si tolse lo scomodo involucro di legno, ed ecco davanti a loro, la scintillante e meravigliosa dama con il vestito d'oro intarsiato di diamanti, dalle scarpette d'oro, che tanto aveva fatto girare la testa al principe.

Quando il principe riconobbe in lei la fanciulla che lo aveva affascinato, le corse incontro e le mise le braccia al collo, e la baciò; e quando lei spiegò che era figlia di re, egli fu ancora più contento, e prese la sua sposa per mano e la festa di nozze cominciò.

separatore grafico

Questa fiaba è stata tradotta da me dall'inglese. La fonte del mio lavoro è la traduzione in lingua inglese di Andrew Lang, e reperibile a questa pagina. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Qualora dovessi accorgermi che questa, o qualsiasi altra traduzione svolta di mio pugno, fosse presente in qualunque Sito senza espressivo riferimento a Paroledautore.net, potrei facilmente decidere di mandare un email al webmaster, amministratore, proprietario, o gestore del sito, con richiesta precisa di citazione della fonte, mentre per quanto riguarda un eventuale hot link sulle immagini presenti in questa pagina, potrei prevedibilmente optare per un cambiamento dell'indirizzo della stessa, o modifica del nome. Grazie. Vale76.