H.C.Andersen: La regina delle Nevi

libro animato

Terza storia, Il giardino fiorito della donna che sapeva compiere magie


Ma come si sentì la piccola Gerda quando Kay non tornò più indietro? Dov'era finito? Nessuno lo sapeva, nessuno sapeva dare informazioni. I ragazzi raccontarono solo che lo avevano visto legare il suo slittino a una magnifica slitta che era passata per quella piazza e era poi uscita dalla porta della città. Nessuno sapeva dove fosse, molte lacrime scorsero, la piccola Gerda pianse profondamente e a lungo, poi dissero che era morto, che era affogato nel fiume che passava vicino alla città oh, furono proprio lunghi scuri giorni d'inverno. Poi venne la primavera con il sole caldo. "Kay è morto, è sparito" disse la piccola Gerda "No, non lo credo!" rispose il sole. "È morto, è sparito" lei diceva alle rondini. "Non lo crediamo!" rispondevano loro, e alla fine non lo credette più nemmeno la piccola Gerda. "Mi metterò le mie nuove scarpette rosse" disse una mattina "quelle che Kay non hai mai visto, e poi andrò al fiume a chiedere di lui." Era molto presto, lei baciò la vecchia nonna che ancora dormiva, si mise le scarpette rosse e si diresse tutta sola fuori dalla città verso il fiume. "È vero che hai preso il mio piccolo compagno di giochi? Ti regalerò le mie scarpette rosse se me lo renderai di nuovo." Le sembrò che le onde facessero dei cenni molto strani; allora prese le scarpette rosse, quelle che le erano più care, e le gettò nel fiume, ma caddero vicino alla riva e le onde le riportarono immediatamente a terra. Sembrava che il fiume non volesse prendere la cosa più cara a Gerda, poiché non poteva restituirle il piccolo Kay; lei invece credette di non aver gettato le scarpe abbastanza al largo, così salì su una barchetta che si trovava tra le canne, avanzò fino alla prua, e da lì gettò le scarpette, ma la barca non era legata bene e per quel movimento che lei fece si allontanò da terra; Gerda lo capì e subito cercò di scendere, ma prima che fosse tornata indietro la barca era già lontana più di un braccio dalla riva e ora galleggiava sempre più veloce. La piccola Gerda si spaventò terribilmente e si mise a piangere; nessuno la udì eccetto i passeri, ma questi non la potevano riportare a terra; comunque volarono lungo la sponda e cantarono, come per consolarla: "Siamo qui! Siamo qui!". La barca seguiva la corrente; la piccola Gerda se ne stava seduta scalza: le sue scarpette rosse galleggiavano dietro la barca, ma non riuscivano a raggiungerla perché quella correva più veloce. Le due sponde erano belle, con splendidi fiori, vecchi alberi e i pendii pieni di pecore e di mucche, ma non si vedeva neppure un uomo. ' Forse il fiume mi porterà dal piccolo Kay' pensò Gerda e così le tornò il buonumore, si alzò e guardò per molte ore le due belle rive verdi; poi giunse a un grande giardino di ciliegi dove si trovava una casetta con strane finestre rosse e blu e il tetto di paglia; due soldati di legno presentavano le armi a quanti passavano di lì in barca. Gerda gridò verso di loro, credeva fossero vivi, ma loro naturalmente non risposero. Gli passò molto vicino, e il fiume spingeva la barchetta proprio verso terra. Gerda gridò ancora più forte, così uscì dalla casa una donna vecchissima che si appoggiava a un bastone ricurvo; aveva in testa un grande cappello di paglia su cui erano dipinti i fiori più belli. "Oh, povera bambina" esclamò la vecchia "come hai fatto a essere presa da questa forte corrente e venir trascinata così lontano nel vasto mondo!" e intanto entrava in acqua; afferrò col bastone ricurvo la barca, la portò a riva e sollevò la piccola Gerda. Gerda era contenta di trovarsi all'asciutto, ma aveva un pò paura di quella vecchia sconosciuta. "Vieni, raccontami chi sei e come sei arrivata qui" le disse la vecchia. Gerda le raccontò ogni cosa e la vecchia scuoteva il capo e diceva: "Uhm! Uhm!". Quando Gerda, dopo aver narrato tutto, le chiese se per caso non aveva visto il piccolo Kay, la donna rispose che non era ancora passato di lì ma che sarebbe senz'altro venuto; quindi lei non doveva essere così triste, ma doveva assaggiare le sue ciliege e guardare i fiori che erano molto più belli di quelli dei libri illustrati, perché ognuno di loro sapeva raccontare un'intera storia.

Prese Gerda per mano e entrarono nella casetta, e la vecchia chiuse la porta a chiave. Le finestre erano molto alte e i vetri erano rossi, blu e gialli; la luce del giorno splendeva strana lì dentro con tutti i colori ma sul tavolo c'erano ciliege bellissime e Gerda ne mangiò quante volle, perché lì non aveva nessuna paura. Mentre lei mangiava, la vecchia le pettinava i capelli con un pettine d'oro, e i capelli si arricciavano e splendevano di un oro delizioso intorno al grazioso visino, che era rotondo e sembrava una rosa. "Da tanto tempo desideravo una bambina così dolce!" esclamò la vecchia. "Vedrai come staremo bene insieme noi due" e mentre pettinava i capelli della piccola Gerda la bambina dimenticava sempre più Kay, il suo compagno di giochi, perché la vecchia sapeva fare magie, ma non era una maga cattiva, faceva magie solo per il suo divertimento, e ora voleva semplicemente trattenere presso di sé la piccola Gerda. Per questo uscì in giardino, tese il bastone ricurvo verso tutti i rosai che erano splendidamente fioriti, e questi sparirono tutti quanti nella terra nera e non si poté più capire dove stavano prima. La vecchia infatti temeva che Gerda, vedendo le rose, potesse pensare alle sue, e quindi ricordare il piccolo Kay e fuggire. La vecchia condusse poi Gerda nel giardino fiorito. Che profumo, e che splendore! Tutti i fiori immaginabili, di ogni stagione, si trovavano lì, e tutti in fiore; nessun libro illustrato poteva essere più bello e più colorato. Gerda saltò di gioia e giocò finché il sole non scese dietro i grandi alberi di ciliegi, allora ebbe un delizioso lettino con le coperte di seta rossa, ricamate a violette azzurre; dormì e sognò beatamente, come nessuna regina avrebbe fatto neppure il giorno del suo matrimonio.

Il giorno dopo poté giocare ancora al sole, con i fiori, e così passarono molti giorni. Gerda conosceva ogni fiore, ma nonostante fossero molti, le sembrava che ne mancasse uno, però non sapeva quale. Un giorno si mise a guardare il vecchio cappello di paglia della donna, con tutti quei fiori disegnati, e il più bello di questi era una rosa. La vecchia aveva dimenticato di farla sparire dal cappello, quando aveva seppellito le altre nella terra. Eh, non si può pensare sempre a tutto! "Come!" esclamò Gerda "non c'è neppure una rosa?" Saltò tra le aiuole, cercò e cercò, ma non ne trovò nessuna, allora si sedette e cominciò a piangere, ma le sue calde lacrime caddero proprio dove un rosaio era stato seppellito. E quando quelle lacrime bagnarono la terra, il rosaio improvvisamente spuntò fuori, tutto in fiore proprio come quando era sprofondato, e Gerda lo abbracciò, baciò le rose e pensò a quelle splendide rose di casa sua e così pensò anche al piccolo Kay. "Oh, quanto tempo ho perso!" disse la bambina. "Devo trovare Kay! Voi non sapete dove si trova?" chiese alle rose "credete che sia morto?" "No, non è morto" risposero le rose. "Noi siamo state sotto terra, là si trovano tutti i morti, e Kay non c'era." "Grazie!" disse la piccola Gerda, dirigendosi verso gli altri fiori; guardò nei loro calici e chiese: "Voi non sapete dove si trova il piccolo Kay?". Ma ogni fiore si trovava al sole a sognare la sua favola o la sua storia, e la piccola Gerda ne sentì moltissime, ma nessuna le parlava di Kay. Che cosa disse il giglio rosso? "Senti il tamburo? bum! bum! ci sono solo due tonalità, sempre bum! bum! Senti il lamento di dolore delle donne? Senti il grido dei sacerdoti? Nel suo lungo mantello la donna indiana sta sul rogo, le fiamme avvolgono lei e il marito morto ma la donna indiana pensa a colui che vive, a colui i cui occhi bruciano il suo cuore più caldi delle fiamme che presto trasformeranno il suo corpo in cenere. Può la fiamma del cuore morire nella fiamma del rogo?" "Io non capisco niente!" disse la piccola Gerda. "È la mia storia!" disse il giglio rosso. "Che cosa dice il convolvolo?" "Là in fondo alla stretta strada di montagna si trova una antica rocca; la fitta edera verde cresce lungo i vecchi muri rossi, foglia dopo foglia, fino intorno al balcone, lì si trova una graziosa fanciulla che si affaccia oltre il parapetto e guarda verso la strada. Nessuna rosa che spunta tra i rami è più fresca di lei, nessun fiore di melo, che il vento porta via dall'albero, è più leggero di lei; come fruscia il suo magnifico mantello di seta!" "Eppure lui non arriva!" "È Kay che intendi?" chiese la piccola Gerda. "Che cosa racconta la piccola primula?" "Legata agli alberi con due corde pende una lunga asse, è un altalena; due graziose fanciulle con abiti bianchi come la neve e lunghi nastri di seta verde legati tra i capelli, si dondolano; il fratello, che è più grande di loro, sta in piedi sull'altalena e si regge alla corda con il braccio, perché in una mano ha una piccola bacinella e nell'altra una cannuccia di gesso, con cui soffia le bolle di sapone. L'altalena va, e le bolle volano splendide nei loro colori cangianti; l'ultima è ancora attaccata alla cannuccia e si piega al vento; l'altalena va. Il cagnolino nero, leggero come le bolle, si solleva sulle zampe posteriori e vuol salire anche lui sull'altalena, questa vola, il cane cade, abbaia e si arrabbia; rimane con un palmo di naso le bolle scoppiano. Un'asse che dondola, un'immagine fatta di schiuma che scoppia, questa è la mia canzone!" "Può darsi che sia bello quello che racconti, ma lo dici con una tale tristezza e non parli affatto di Kay." "Che cosa dicono i giacinti?" "C'erano una volta tre bellissime sorelle, pallide e sottili, una vestita di rosso, un'altra di blu e la terza di bianco, danzavano tenendosi per mano vicino al tranquillo laghetto al chiaro di luna. Non erano fanciulle degli elfi, erano figlie degli uomini. C'era un profumo così dolce, e le fanciulle sparirono nel bosco. Il profumo diventò sempre più intenso, tre bare in cui giacevano le graziose fanciulle si staccarono dal fitto del bosco verso il lago; le luminose lucciole volavano tutt'intorno, come piccole deboli luci. Dormono le fanciulle danzanti, o sono morte? Il profumo dei fiori dice che sono cadaveri; la campana della sera suona per i morti." "Mi rendi così triste!" disse la piccola Gerda. "Hai un profumo così forte; mi fai pensare alle fanciulle morte. Ah, allora anche il piccolo Kay è ormai morto? Le rose sono state giù nella terra e dicono di no." "Din, din, dan, dan!" suonarono le campane dei giacinti. "Noi non suoniamo per il piccolo Kay, non lo conosciamo neppure! Noi cantiamo solo la nostra canzone, l'unica che conosciamo!" Gerda s'incamminò verso il ranuncolo, che brillava tra le verdi foglie luccicanti. "Tu sei un piccolo sole chiaro" gli disse. "Dimmi se sai dove posso trovare il mio compagno di giochi!" E il ranuncolo brillò così delizioso guardando verso Gerda. Quale canzone poteva cantare il ranuncolo? Neppure la sua parlava di Kay. "In un piccolo cortile brillava il sole di Nostro Signore così caldo nel primo giorno di primavera; i raggi cadevano lungo la bianca parete della casa del vicino ai cui piedi crescevano i primi fiori gialli, brillando come d'oro ai caldi raggi del sole; la vecchia nonna era fuori sulla sua seggiola, la nipotina, una graziosa ma povera servetta, venne a casa per una breve visita, e baciò la nonna. C'era oro, l'oro del cuore in quel bacio benedetto. Oro sulla bocca, oro nel fondo del cuore, oro quassù nelle prime ore del mattino! Ecco questa è la mia piccola storia!" disse il ranuncolo. "La mia povera vecchia nonna!" sospirò Gerda. "Certamente ha nostalgia di me, è triste per me, come lo era stata per il piccolo Kay, ma io tornerò presto a casa, e porterò Kay con me. Non serve a nulla che io chieda ai fiori, loro conoscono solo le loro canzoni, non mi danno notizie." Così si rimboccò il vestitino per correre più in fretta; ma il narciso le colpì una gamba, mentre lei gli saltava sopra; allora si fermò, guardò quel lungo stelo giallo e chiese: "Tu sai forse qualcosa?" e gli si chinò sopra fino a toccarlo.Che cosa disse il narciso? "Io posso vedermi, io posso vedermi!" disse. "Oh, come profumo! Su nella piccola soffitta, mezza svestita, si trova una piccola ballerina, lei sta in piedi alcune volte su una gamba sola, a volte su due, tira calci a tutto il mondo; ma è solo un'illusione. Versa l'acqua della teiera su un pezzo di stoffa che tiene in mano, è il suo corpettino. La pulizia è una buona cosa! Anche l'abitino bianco che tiene appeso al gancio viene lavato nell'acqua della teiera e poi messo a asciugare sul tetto; lei lo indossa, con un fazzoletto giallo come lo zafferano intorno al collo, così l'abitino sembra ancora più bianco. Gamba in aria! Guarda come si regge su un piedino! Io posso vedermi! Io posso vedermi!" "Non mi interessa nulla!" esclamò Gerda "non sono cose da raccontare a me!" e intanto se ne corse verso la siepe del giardino. Il cancello era chiuso, ma lei rimosse il gancio arrugginito che si staccò, così la porta si aprì e lei corse a piedi nudi nel vasto mondo. Per tre volte si guardò indietro, ma nessuno la rincorreva; alla fine non poté più correre e sedette su una grande pietra, si guardò intorno, l'estate era passata, era già autunno inoltrato, ma non lo si notava nel bel giardino dove brillava sempre il sole e si trovavano i fiori di tutte le stagioni. "Oh, Signore, come ho fatto tardi!" esclamò la piccola Gerda. "È già autunno: ora non posso neppure riposarmi!" e si alzò per ripartire. Oh, come erano stanchi e doloranti i suoi piedini, e che freddo e che tristezza c'era tutt'intorno; le lunghe foglie dei salici erano tutte gialle, stillanti di brina; una foglia cadeva dopo l'altra, solo il susino aveva ancora i frutti, ma così amari che legavano i denti. Oh, com'era grigio e triste il vasto mondo!

Quarta storia. Il principe e la principessa


Gerda dovette riposarsi di nuovo; allora una grossa cornacchia saltellò sulla neve proprio davanti a lei; rimase seduta a lungo osservandola e scuotendo la testa, poi disse: "Cra, cra! Buon dì, Buon dì!"; meglio non riuscì a dirlo, ma era ben disposta verso la fanciulla e le chiese come mai se ne andasse tutta sola nel vasto mondo. La parola: sola, Gerda la capì molto bene e sentì tutto quello che significava; così raccontò alla cornacchia tutta la sua vita e le chiese se non avesse visto Kay. La cornacchia mosse la testa pensierosa e disse: "Può essere! Può essere!". "Lo credi?" gridò la piccola Gerda e si mise a baciarla con tale foga che quasi la stava uccidendo. "Piano, piano!" disse la cornacchia. "Credo che possa essere il piccolo Kay, ma sicuramente ora ti ha dimenticato per la principessa!" "Abita presso una principessa?" chiese Gerda. "Sì, ascolta!" disse la cornacchia. "Ma io ho difficoltà a parlare la tua lingua; se tu capissi il linguaggio delle cornacchie, potrei raccontartelo meglio." "No, non l'ho imparato" esclamò Gerda "ma la nonna lo sapeva parlare, e sapeva anche il linguaggio dei neonati. Se solo l'avessi imparato anch'io!" "Non importa!" disse la cornacchia "racconterò meglio che posso, ma certo mi verrà male" e così raccontò quello che sapeva. "In questo regno, dove ci troviamo ora, abita una principessa straordinariamente intelligente; legge tutti i giornali che ci sono al mondo e poi li dimentica di nuovo, tanto è intelligente. Un giorno, mentre sedeva sul trono, che non è una cosa molto divertente, si mise a canticchiare una canzone che diceva così: «Perché non dovrei sposarmi?». «Ecco è proprio un'idea!» esclamò, e così si volle sposare, ma voleva avere un marito che sapesse rispondere quando lei gli avesse rivolto la parola, uno che non se ne stesse lì fermo e ben distinto, perché è molto noioso. Allora riunì tutte le dame di corte e quando queste sentirono che cosa voleva, si dimostrarono molto contente. «Molto bene!» dissero, «l'altro giorno pensavamo proprio a questo.» Puoi credere a ogni parola che ti dico!" soggiunse la cornacchia. "Ho una fidanzata addomesticata, che abita al castello, e mi ha raccontato tutto lei." La sua fidanzata era naturalmente anche lei una cornacchia; perché ogni cornacchia cerca il suo simile, che è una cornacchia. "Subito uscirono i giornali con il bordo pieno di cuori, e con il simbolo della principessa; ci si poteva leggere che ogni giovane di bell'aspetto era libero di andare al castello e di parlare con la principessa, e chi avesse parlato completamente a suo agio, e meglio di tutti, sarebbe stato prescelto dalla principessa! Sì, sì" disse la cornacchia "puoi credermi, è proprio vero, come il fatto che noi stiamo qui; la gente accorreva, ci fu un gran movimento e una gran folla! Ma la faccenda non si risolse, né il primo giorno, né il secondo. Tutti sapevano parlare bene, quando si trovavano per strada, ma non appena entravano nel portone del castello e vedevano la guardia vestita d'argento e su per le scale e i valletti vestiti d'oro, e le grandi sale illuminate, allora si confondevano. Così si trovavano davanti al trono dove stava la principessa, e non sapevano dire nulla se non l'ultima parola che lei aveva detto, e a lei naturalmente non interessava risentirla! Era come se la gente lì dentro avesse ingerito del tabacco e fosse caduta in letargo, finché non usciva di nuovo sulla strada, allora sapeva parlare! C'era una fila che andava dalle porte della città fino al castello. Io stesso ero lì a vedere!" raccontò la cornacchia. "Tutti avevano fame e sete, ma dal castello non ebbero neppure un bicchiere d'acqua tiepida, certo qualcuno dei più intelligenti s'era portato dei panini da casa, ma non li divise con i vicini, perché pensava: ' Se questo sembra affamato, la principessa non lo sceglierà! '." "Ma Kay, il piccolo Kay?" chiese Gerda "quando arriva? Era tra tutti gli altri?" "Dammi tempo, dammi tempo! Adesso arriviamo anche a lui. Era il terzo giorno quando arrivò una personcina senza cavallo e senza carrozza, che marciava ardita verso il castello, i suoi occhi brillavano come i tuoi, aveva lunghi capelli bellissimi, ma aveva vestiti molto poveri." "Era Kay!" gridò Gerda felice. "Ah, allora l'ho trovato!" e si mise a battere le mani. "Aveva un fagotto sulle spalle!" aggiunse la cornacchia, "No, era certo lo slittino" spiegò Gerda "perché se ne era andato con la slitta." "È possibile" disse la cornacchia. "Io non ho guardato attentamente. Ma so dalla mia fidanzata che quando arrivò alla porta del castello e vide la guardia vestita d'argento e poi lungo le scale i valletti vestiti d'oro, non restò affatto imbarazzato: fece un cenno e disse: «Dev'essere noioso restare lì sulle scale, io preferisco entrare». Le sale splendevano per le candele; i consiglieri e i ministri camminavano a piedi nudi e portavano vassoi d'oro: c'era di che restare imbarazzati! I suoi stivali scricchiolavano terribilmente, ma lui non aveva timore!" "È sicuramente Kay!" disse Gerda. "So che aveva gli stivali nuovi, li ho sentiti scricchiolare nella camera della nonna." "Ah, sì, scricchiolavano davvero!" disse la cornacchia. "Ma lui se ne andò tranquillamente dalla principessa, che sedeva su una perla grande come la ruota di un fuso; tutte le dame di corte con le loro cameriere e con le cameriere delle cameriere, e tutti i cavalieri con i loro servitori e con i servitori dei servitori, che avevano con loro i paggi, se ne stavano impalati tutt'intorno; e più erano vicini alla porta, più apparivano pieni di superbia. Il paggio del servitore dei servitori, che va sempre in giro in pantofole, non lo si poteva quasi guardare, tanto se ne stava fiero vicino alla porta!" "Deve essere orribile!" esclamò la piccola Gerda. "E Kay? Ha sposato la principessa?" "Se non fossi stato una cornacchia, l'avrei sposata io, anche se sono già fidanzato. Deve aver parlato molto bene, come parlo io nella lingua delle cornacchie: questo mi ha raccontato la mia fidanzata. Era proprio audace e grazioso; non era venuto per chiedere la mano della principessa; ma solo per sentire la sua intelligenza, e la trovò eccezionale, come lei trovò eccezionale lui." "Di certo era Kay!" disse Gerda. "Era così intelligente: sapeva fare i conti a memoria con le frazioni! Oh, non mi puoi far entrare nel castello?" "Già, è facile a dirsi!" disse la cornacchia. "Ma come possiamo fare? Devo parlarne alla mia cara fidanzata; lei ci saprà consigliare bene; perché, questo te lo devo dire, una bambina come te non avrà mai il permesso di entrare ufficialmente." "Sì che lo avrò" rispose Gerda. "Quando Kay saprà che sono qui, verrà senz'altro fuori a prendermi." "Aspettami là vicino a quel varco!" disse la cornacchia, e scuotendo il capo volò via. La cornacchia tornò quando già era venuto buio. "Cra, cra cra!" disse. "Devo salutarti da parte della mia fidanzata. E qui c'è un panino per te. L'ha preso in cucina, ce n'è tanto di pane e tu sei sicuramente affamata. Non è possibile che tu entri nel castello: sei a piedi nudi e la guardia vestita d'argento e i valletti vestiti d'oro non te lo permetterebbero. Ma non piangere, entrerai ugualmente. La mia fidanzata conosce una piccola entrata sul retro, che conduce alla camera da letto, e lei sa bene dove prendere le chiavi." Entrarono nel giardino per il grande viale, dove le foglie cadevano una dopo l'altra, e quando al castello le luci si spensero a una a una, la cornacchia condusse la piccola Gerda a una porta sul retro che era socchiusa. Oh, come batteva il cuore di Gerda per la paura e per la nostalgia! Era come se stesse facendo qualcosa di male, ma in realtà voleva solo sapere se si trattava del piccolo Kay. Certo, doveva essere lui, e Gerda ricordò i suoi occhi intelligenti, i suoi lunghi capelli; le sembrava proprio di vederlo sorridere, come quando erano a casa sotto le rose. Lui sarebbe certamente stato contento di vederla e di sentire che lungo cammino aveva percorso per ritrovarlo e come tutti a casa erano stati tristi quando lui non era ritornato. Oh, era paura e gioia insieme. Ora si trovavano sulla scala; su un armadio brillava una piccola lampada. In mezzo al pavimento stava la cornacchia domestica che girava la testa da tutte le parti e osservava Gerda fare l'inchino proprio come le aveva insegnato la nonna. "Il mio fidanzato ha parlato così bene di voi, mia piccola signorina!" disse la cornacchia domestica. "Il vostro curriculum vitae, come si dice, è molto commovente! Se prenderete la lanterna, vi precederò. Faremo la strada più diretta, perché non incontreremo nessuno." "Mi sembra che qualcuno ci stia seguendo" disse Gerda. Qualcosa al suo fianco fischiava; era come se ci fossero ombre sulle pareti, cavalli con le criniere svolazzanti e le zampe snelle, giovani cacciatori, dame e signori sui cavalli. "Sono solo sogni!" disse la cornacchia. "Vengono a prendere i pensieri delle Loro Maestà per portarli a caccia, ed è un bene, così voi potrete osservarli meglio nei loro letti. Ma speriamo che se arriverete a ottenere onori e riconoscimenti, mostrerete un cuore riconoscente." "Non si deve parlare di queste cose!" esclamò la cornacchia del bosco. Poi entrarono nel primo salone, che era tappezzato di raso rosa a fiori, qui i sogni passarono fischiando, ma se ne andarono così in fretta che Gerda non riuscì a vedere le Loro Maestà. I saloni erano uno più bello dell'altro, davvero c'era da rimanere stupefatti; ora si trovavano nella camera da letto. Il soffitto là dentro somigliava a una grossa palma con foglie di vetro, di un vetro prezioso, e in mezzo al pavimento erano appesi a un grosso stelo d'oro due letti, che sembravano gigli; uno era bianco e vi si trovava la principessa; l'altro era rosso, ed era quello dove Gerda doveva cercare il piccolo Kay. Sollevò uno dei petali rossi e vide una nuca bruna: oh, era certo Kay! Gridò a voce alta il suo nome e gli avvicinò la lampada. I sogni a cavallo fuggirono dal salone; il principe si svegliò, voltò il capo... oh, non era il piccolo Kay! Gli assomigliava soltanto per la nuca, ma era anche lui giovane e bello. Dal letto bianco a forma di giglio si affacciò la principessa e chiese che cosa stesse succedendo. Allora la piccola Gerda si mise a piangere e raccontò tutta la sua storia e tutto quello che le cornacchie avevano fatto per lei. "Oh poverina!" esclamarono il principe e la principessa e lodarono le cornacchie, dicendo che non erano affatto in collera con loro, ma che naturalmente non avrebbero più dovuto farlo. Per quella volta avrebbero ricevuto una ricompensa. "Volete volare libere?" chiese la principessa "oppure volete avere un incarico fisso come cornacchie di corte con il diritto di mangiare tutto quello che avanza in cucina?" Entrambe le cornacchie s'inchinarono e scelsero l'impiego fisso; pensavano alla vecchiaia e si dissero che era un bene avere qualcosa per i giorni bui, come si usa dire. Il principe si alzò dal letto e vi fece dormire Gerda, ma di più non poteva fare. Lei giunse le manine e pensò: ' Come sono buoni gli uomini e gli animali! ' e così chiuse gli occhi e dormì tranquillamente. Tutti i sogni rientrarono volando, e apparivano ora come angeli del Signore: trascinavano una piccola slitta dove sedeva Kay che salutava. Ma era solo un sogno, e quando Gerda si risvegliò era tutto sparito di nuovo. Il giorno dopo venne rivestita da capo a piedi di seta e di velluto, le venne offerto di rimanere al castello con un futuro assicurato, ma lei chiese solo di poter avere una piccola carrozza con un cavallo e un di stivaletti, così da poter viaggiare di nuovo nel vasto mondo in cerca di Kay. Ottenne stivaletti e manicotto: era molto graziosa vestita così, e quando volle partire si fermò davanti alla porta una carrozza nuova di oro puro con lo stemma del principe e della principessa lucente come una stella; il postiglione, i servitori, e i valletti a cavallo perché c'erano anche i valletti a cavallo avevano in testa corone d'oro. Il principe e la principessa aiutarono la piccola a salire sulla carrozza e le augurarono ogni bene. La cornacchia del bosco, che ora si era sposata, la seguì per le prime tre miglia: sedeva vicino a lei perché non sopportava di viaggiare dietro; l'altra cornacchia rimase al portone e sbatté le ali: non li seguì perché soffriva di mal di testa da quando aveva un impiego fisso e troppo da mangiare. Nella carrozza si trovavano croccanti di zucchero, e sul sedile avevano messo frutta e panpepato. "Addio! Addio!" gridarono il principe e la principessa, e la piccola Gerda pianse, e anche la cornacchia pianse, così passarono le prime miglia, poi anche la cornacchia salutò e questo fu il congedo più doloroso. Volò in alto, su un albero, e sbatté le ali nere finché poté vedere la carrozza, che luccicava come il sole.