Evald Tang Kristensen, Danimarca: Il Cavaliere Verde.

(fiaba popolare danese presente nelle raccolte curate da Evald Tang Kristensen in «Eventyr fra Jylland» e Svend Grundtvig in «Danish Fairy Tales». Qui di seguito presentiamo la versione di Evald Kristensen).

(testo tradotto da me; per favore, vedasi note a pié di pagina.)

la regina conficca il chiodo

(fonte immagine: «The University of Adelaide Library».)

«Eventyr fra Jylland»

libro animato

C'era una volta un re e una regina che avevano un'unica figlia, una bella e affascinante bambina che adoravano. Quando la principessa ebbe appena dodici anni, la regina si ammalò gravemente, e nessuno riuscì a far nulla per guarirla: i dottori del regno avevano fatto tutto il possibile, ma la regina anziché migliorare, peggiorava di giorno in giorno, finché non ci fu più niente da fare. Prima di morire, chiamò a sé il re e gli disse: "Promettetemi che farete tutto quello che nostra figlia vi chiederà, che vogliate o no." Il re inizialmente esitò, e la regina aggiunse: "Se non me lo promettete, non potrò morire in pace." E così, il re acconsentì, e la regina poté morire serena.

Accadde poi che nelle vicinanze del palazzo reale viveva una nobildonna che aveva una figlia che era quasi coetanea della principessa, e le due ragazzine giocavano sempre insieme. Dopo la morte della mamma, ella volle che la sua compagna di giochi con sua madre fossero accolte a palazzo: il re fu piuttosto seccato da questa richiesta, poiché di quella donna non si fidava, ma la principessa insistette tanto che egli sapeva che alla fine avrebbe dovuto cedere. "Cercate di capire, padre," disse, "mi sento sola, e neanche tutti i bei regali che mi fate possono compensare la perdita della mia mamma. Se questa signora verrà a vivere con noi, mi sembrerà come se mia madre fosse tornata." E così, prepararono magnifiche stanze per l'arrivo delle due ospiti, e la principessina fu piena di gioia all'idea di avere le sue care vicino a lei. La nobildonna e sua figlia arrivarono, e per molto tempo tutto andò bene; erano entrambe affettuose e amorevoli con la povera orfana, e poco a poco ella dimenticò le tristezze di un tempo, finché un giorno, mentre giocava con la sua amichetta nei giardini del palazzo, giunse la nobildonna, vestita in abiti da viaggio, e baciò teneramente la principessa, dicendo: "Addio, figliola, mia figlia ed io dobbiamo partire per molto lontano." La povera principessa si mise a piangere inconsolabile: "No, vi prego, non mi lasciate!" singhiozzava, "Cosa farò senza di voi? Per favore, restate!" La donna scosse la testa: "Sono affranta dal dispiacere, e non vorrei dover partire, credimi, ma devo farlo." "Non c'è proprio niente che posso fare per trattenervi?" chiese la principessa. "Solo una cosa," disse quella, "ma non parliamone neanche." "Niente è impossibile." disse la principessa, e alla fine la donna le raccontò ogni cosa, e disse: "Se il re vostro padre facesse di me la sua sposa, io resterei," disse, "ma di certo non vorrà." "Oh si, invece!" proferì la principessa, rasserenata al pensiero che alla fine esse non sarebbero più partite: corse, infatti, dal re, e lo pregò di sposarsi subito con la signora. Finora il padre l'aveva sempre accontentata, ed era sicura che sarebbe stato così anche questa volta. "Cosa mi chiedi, figliola?" disse, stupito, il re, "ma tu hai pianto.. sei forse infelice, mia cara?" "Padre," rispose, "Sono venuta a chiedervi di sposare la contessa (quello, infatti, era il titolo della nobildonna): se non lo fate, prenderà sua figlia con sé e se ne andranno, e io resterò sola come prima. Vi prego, padre! Non mi avete mai rifiutato niente fino ad ora, non fatelo proprio adesso." Il re divenne pallido in volto a sentire tali parole, perché la contessa non gli piaceva, e non voleva sposarla; oltretutto, egli era ancora innamorato della moglie morta. Alla fine ripose che proprio non poteva. A queste parole, la principessa cominciò a piangere di nuovo, e le lacrime scendevano rapide e le rigavano il volto, e singhiozzava e si disperava così tanto, che al vederla il re si avvilì terribilmente: ricordò la promessa fatta alla sua amata moglie in punto di morte, e alla fine si arrese al desiderio della sua bambina, e promise che avrebbe presto sposato la contessa. La principessa, felicissima, corse subito a dare la lieta novella alle sue care.

Poco tempo dopo, si celebrarono le nozze, che furono festeggiate con grande fasto, e la contessa diventò regina, ma, invece che essere felice per il suo matrimonio, il re diventò pallido e triste, perché temeva che presto sarebbero cominciati i guai. E infatti, ben presto l'atteggiamento della regina nei confronti della principessa cambiò: infatti, ella era segretamente gelosa della figliastra, perché sapeva che solo quest'ultima sarebbe un giorno salita al trono, mentre sua figlia non sarebbe mai diventata regina, e alla fine non riuscì più a trattenersi; se una volta trattava la principessa dolcemente e con affetto, ora era diventata crudele e spietata, e un paio di volte arrivò persino a schiaffeggiarla in volto.

Il re non poteva accettare di vedere la sua adorata bambina deperire a causa di quelle angherie, allora un giorno la chiamò e le disse: "Figliola, la tua matrigna fa di tutto per renderti infelice, perciò è meglio che ti allontani al più presto da lei; ho fatto costruire per te una residenza sull'isola del lago, e voglio che tu vi ti trasferisca subito. Là potrai fare ciò che vuoi, sarai padrona, e al sicuro: laggiù lei non potrà tormentarti e tu starai in pace." La principessa fu felice all'idea di poter essere liberata dalle torture della regina, e quando vide le bellezze del palazzo, con tutti i suoi monili preziosi e le belle vetrate che davano sul lago dalle acque blu, fu ancora più contenta. Sulla spiaggia c'era anche una barchetta che poteva usare anche da sola, e uno splendido giardino dove avrebbe potuto fare lunghe passeggiate senza temere di essere vista dalla perfida regina, inoltre, il re le promise che sarebbe passato a trovarla tutti i giorni. Per molto tempo ella stette in pace, mentre diventava ogni giorno più bella, e tutti quelli che la vedevano dicevano che era la creatura più graziosa della terra. Queste parole arrivarono anche alle orecchie della regina, e sapendo che, al contrario, sua figlia era invece brutta e stupida, ebbe un motivo in più per odiarla.

Un giorno, al re fu annunciato che nel regno vicino, di lì a poco si sarebbe tenuto un importante raduno della nobiltà; sarebbero intervenuti gentiluomini e cavalieri; ci sarebbe stata una grande festa, e un torneo per festeggiare il genetliaco del vecchio sovrano. Essendo invitato, il re andò a trovare la figlia per avvisarla della sua partenza. Nonostante vivesse tranquilla nella sua bella casa, al riparo dalla cattiva matrigna, la povera principessa si sentiva profondamente sola, e confidò al padre che sarebbe stato meglio morire; egli fece del suo meglio per confortarla e le promise che sarebbe tornato molto presto, e le chiese se ci fosse qualcosa che poteva fare per aiutarla, ed ella gli chiese di andare alla ricerca del Cavaliere Verde. La richiesta lasciò perplesso il re, che non aveva mai sentito parlare di un tale Cavaliere Verde, ma siccome aveva fretta di partire, non fece altre domande e se ne andò. Quando arrivò a destinazione, chiese tra gli invitati se qualcuno conosceva il Cavaliere Verde, inutilmente: nessuno lo aveva mai sentito nominare, perciò, era chiaro che non poteva trovarsi lì alla festa. Continuò a indagare anche nei giorni seguenti tra i convitati, nella speranza che qualcuno sapesse indicargli dove trovarlo, ma continuò a ricevere solo risposte negative, e ne rimase molto turbato, e né la festa, né il torneo riuscivano più a distrarlo dal suo pensiero fisso. Alla fine, cominciò a pensare che la principessa si fosse sbagliata, e che in realtà non esistesse un Cavaliere Verde, e durante il viaggio di ritorno fu triste e taciturno, perché era la prima volta che doveva deludere la sua figliola. Mentre era così assorto in questi pensieri, non si avvide che stava sbagliando strada, e così si ritrovò nel mezzo di una selva vastissima e sconosciuta. Cavalcò per ore e ore, finché al tramonto si rese conto di essersi perso; per fortuna, vide poi un guardiano di porci, al quale chiese informazioni: "Ho smarrito la via, sapete dirmi dove mi trovo?" E quello annuì: "Siete nella foresta del Cavaliere Verde, e questi sono i suoi maiali." Al re non pareva vero! Si sentì subito risollevato, e chiese ancora: "E dove vive il Cavaliere Verde?" "E' molto lontano da qui, ma vi mostrerò il sentiero." Così, lo guidò per un breve tratto, e il re se ne andò. Poi giunse a una seconda foresta, e lì incontrò un altro sorvegliante mentre conduceva un altro branco di maiali. "Di chi sono queste bestie, buon uomo?" chiese il re; "Appartengono al Cavaliere Verde", disse quello. "E sapete dirmi dove vive?" "Non molto lontano da qui." Ricevute le indicazioni, il re cavalcò ancora per qualche ora finché a mezzogiorno raggiunse un bellissimo castello eretto nel più magnifico giardino che si possa immaginare, contornato di alte fontane di marmo, con tanti bellissimi pavoni a dare rassegna di sé sul verde prato all'inglese. Seduto su una delle fontane, stava un bel giovane, che era completamente ricoperto da un'armatura verde, mentre dava da mangiare ai pesci rossi che nuotavano nell'acqua limpida e chiara; ' Quello sarà certamente il Cavaliere Verde ' pensò il re. Si diresse verso di lui e disse cortesemente: "Sono venuto, signore, a portarvi gli omaggi di mia figlia. Ho viaggiato a lungo, e fortunatamente ho smarrito la via, altrimenti non vi avrei mai trovato." Il cavaliere lo guardò e per un momento rimase perplesso: "Maestà, io non ho mai avuto l'onore di incontrare né Voi, né Vostra figlia," disse, "ad ogni modo, siate ugualmente benvenuto." Il re non si lasciò scoraggiare da queste parole, e disse che sua figlia inviava un messaggio al Cavaliere Verde, e siccome lui era l'unico Cavaliere Verde del reame, il messaggio doveva essere proprio per lui. Il gentile ospite invitò il re a pernottare al castello, e siccome ormai era molto tardi, il re accettò l'invito. Partecipò al ricco banchetto preparato per l'occorrenza quella sera, e il re pensò che da nessun altro monarca e nobile aveva mai ricevuto miglior accoglienza. Il Cavaliere Verde era una persona intelligente e amabile e il re ne fu deliziato tanto che pensò: ' questo giovanotto sarebbe proprio un magnifico genero! '

Il mattino dopo, prima della partenza, il Cavaliere diede al re un cofanetto di gioielli, dicendo: "Maestà, vogliate gradire questo piccolo dono da parte mia alla principessa, vostra figlia. Dentro, vi troverà un mio ritratto, dal quale forse mi riconoscerà, poiché, sappiate, sono certo che ella è la dama che mi visita in sogno ogni notte, e che spero ardentemente possa diventare mia moglie." A questa dichiarazione, il re diede la sua benedizione, e promise di recapitare il dono al destinatario, dopodiché ripartì per le sue terre.

La principessa era in fervente attesa del ritorno del padre, e lo abbracciò con gioia, felice di rivederlo, poi, gli domandò se aveva trovato il Cavaliere Verde; il re rispose di sì, e le consegnò il cofanetto da parte di lui, dicendole: "Mi ha pregato di fartelo avere, cosicché tu possa riconoscerlo quando si presenterà al tuo cospetto." Quando la fanciulla vide il ritratto, rimase estasiata ed esclamò: "E' lui, è lui! L'uomo che ho visto nei miei sogni! Ora sì che posso davvero essere felice, e ora che so che esiste, è lui, e lui soltanto, che voglio per marito."

Passò pochissimo tempo, e il Cavaliere Verde arrivò, ed era così bello e affascinante nella sua armatura verde, con il lungo piumaggio che gli ricadeva dall'elmo, che la principessa ne fu innamorata più che mai, e anch'egli, nel vederla, la riconobbe chiaramente come la donna dei suoi sogni e subito le chiese di sposarlo. Ella abbassò timidamente lo sguardo, sorrise e rispose: "Dobbiamo serbare il segreto alla mia matrigna fino al giorno del matrimonio," disse, "altrimenti cercherà di impedircelo." "Come tu desideri" rispose il principe, "tuttavia io verrò tutti i giorni a trovarti, perché non posso più vivere senza di te! Arriverò al mattino e ripartirò quando sarà buio, così la regina non mi vedrà attraversare il lago."

Per un lungo periodo, all'insaputa della regina, il Cavaliere Verde visitò l'amata ogni giorno, trascorrendo con lei molte ore, e passeggiando per i bei giardini della tenuta. Ma i segreti, come sapete, sono spesso destinati ad essere svelati, e alla fine, un giorno, accadde che una servetta che lavorava al palazzo reale, mentre camminava sulla spiaggia una mattina presto, scorse un giovane meraviglioso, in una bellissima livrea di raso verde, mentre raggiungeva l'altra sponda del lago. Non immaginando di essere osservato, egli salì su una barchetta che stava ormeggiata alla banchina, e remò fino all'isolotto dove c'era il castello della principessa. Mentre se ne tornava a casa, la ragazza si chiese chi mai potesse essere quel bel giovane.. ma quando si trovò da sola con la regina, un giorno che le stava spazzolando i capelli, le disse: "Maestà, sapete che la principessa ha uno spasimante?" "Che sciocchezze!" replicò la regina, inalberata. In realtà, dentro di sé era invidiosa di sapere che la principessa potesse essere prossima al matrimonio, mentre sua figlia era ancora nubile perché nessuno la voleva, brutta e cattiva com'era. Ma la serva insistette: "Era un giovane molto elegante, finemente vestito di verde; egli non si è accorto, ma io l'ho visto, poi, ha preso una barchetta e ha remato fino all'isolotto, e la principessa lo aspettava sulla porta." La regina rimuginò che doveva assolutamente saperne di più, ma, irritata dalle chiacchiere della serva, le ordinò di tacere e di pensare agli affari suoi. Il mattino dopo, si alzò all'alba e scese alla spiaggia: si nascose dietro a un albero e attese. Come la serva aveva raccontato, vide giungere un cavaliere finemente vestito di verde, che. salito sulla barchetta, navigò fino all'isolotto, dove la principessa lo attendeva. Verde dall'invidia e dalla rabbia, la regina aspettò il suo ritorno per tutto il giorno, ma il cavaliere tornò solo a notte fonda, e, affrettatosi alla riva, attraccò la barca all'ormeggio e se ne andò via attraverso la foresta. La regina si compiacque per aver scoperto il segreto della figliastra, e decise che avrebbe fatto di tutto per impedire il matrimonio. A tal scopo, prese un chiodo avvelenato e lo conficcò in un remo in modo che il principe ne sarebbe certamente rimasto ferito, poi se ne ritornò a palazzo ridendo, felice e compiaciuta di se stessa.

Il giorno dopo, il Cavaliere Verde andò a trovare la principessa come sempre, ma nel momento stesso in cui impugnò i remi per attraversare in barca il lago, avvertì una puntura alla mano, e si chiese come avesse fatto a procurarsi il taglio: fortunatamente sembrava solo un graffio, anche se gli faceva piuttosto male, ma decise di non farne parola con nessuno, neanche con la principessa. Ciò nonostante, quando rincasò, quella sera, si sentì male e dovette mettersi a letto; ma era troppo tardi, e non c'era nessuno ad accudirlo, solo la sua vecchia tata. Si ammalò gravemente, e la povera principessa, che era all'oscuro di tutto, non vedendolo più arrivare, cominciò a temere che gli fosse accaduto qualcosa di grave, o che si fosse innamorato di qualche altra donna più bella di lei. E così, giorno dopo giorno, per l'angoscia e per l'attesa, sfiorì. Si sentiva sola e abbandonata, e nemmeno suo padre, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, poteva aiutarla, perché era in viaggio in un paese straniero, e perciò ella non aveva più alcun modo di ottenere notizie dell'amato. Passò così molto tempo, e un giorno, mentre sedeva davanti alla finestra aperta piangendo e disperandosi, venne in volo un uccelletto e si fermò sul ramo di un albero che dava sul davanzale: cominciò a cantare, e il suo canto era così dolce e suadente, che attirò l'attenzione della principessa, la quale smise immediatamente di piangere e si mise ad ascoltarlo. L'uccellino stava cercando di dirle qualcosa:

"Tu-tu! Il tuo innamorato è ammalato!" cantò. "Oh, no!" gridò la principessa. "E ora, cosa posso fare?" "Tu-tu! Devi andare al palazzo del re!" "A fare cosa?" "Tu-tu! Lì ci troverai un serpente con nove serpentelli." La principessa sussultò, perché non le piacevano affatto i rettili, ma l'uccello proseguì: "Mettili in un cestino e và al palazzo del Cavaliere Verde", disse. "E che cosa devo fare quando sarò lì?" "Vestiti da sguattera e chiedi lavoro. Tu-tu! Poi dovrai preparare una zuppa di serpente. Servila al Cavaliere Verde per tre volte, ed egli guarirà. Tu-tu!" "Ma come si è ammalato il mio amore?" chiese la principessa, ma nel frattempo, l'uccellino era già volato via. Allora, ad ella non restò altro da fare che recarsi al palazzo di suo padre a cercare i serpenti. Quando arrivò, trovò la bestia con i nove serpentelli, tutti raggomitolati che si distinguevano a fatica le teste dalle punte. La principessa aveva un po' paura a toccarli, ma quando la madre strisciò fuori dal covo per esporsi al sole, acchiappò i nove piccoli e li ripose in un cestino, come l'uccelletto aveva detto di fare, e si affrettò a raggiungere il castello del Cavaliere Verde. Camminò per tutto il giorno, fermandosi di tanto in tanto a raccogliere delle bacche selvatiche o un mazzolino di fiori, ma non si riposò mai, decisa ad arrivare al castello al più presto. A un certo punto, finalmente lo avvistò, e arrivò in un punto dove una ragazza pascolava delle oche. "Buon giorno" disse la principessa, "Sapete dirmi se quello che vedo è il castello del Cavaliere Verde?" "Si, lo è" rispose la guardiana d'oche, "E queste che vedete sono le sue oche; purtroppo, però, il Cavaliere Verde è gravemente malato, e dicono che gli restano solo tre giorni di vita." A questa notizia la principessa impallidì, e le sembrò che la terra le tremasse sotto i piedi, e dovette reggersi a un arbusto che aveva lì davanti per non cadere. Poi, con grande sforzo, si riprese, e disse alla guardiana delle oche: "Ti piacerebbe indossare un abito di seta?" A quella domanda, gli occhi della ragazzetta s'illuminarono: "Certo che mi piacerebbe!" rispose. "Bene. Allora, togliti il tuo vestito e dallo a me, e io ti darò il mio." disse la principessa. Alla ragazza non sembrava vero, ma la principessa si era già slacciata il bellissimo abito, le calze di seta e le scarpette rosse, e quella non perse tempo a spogliarsi del suo modesto abitino di lino e fecero lo scambio. La principessa, con indosso i panni della contadinella, si sciolse la folta chioma e corse al palazzo a chiedere lavoro. Si offrì come sguattera, e il cuoco, senza fare troppe domande, accettò.

L'indomani, dopo una notte di riposo, si mise a lavorare: sentì per caso gli altri servi parlare fra di loro e dire che il padrone era veramente molto grave, e che, se non fosse stato curato entro tre giorni, sarebbe sicuramente morto. La principessa decise di mettersi subito all'opera, e, lasciando il lavoro che stava facendo, disse: "Io so come preparare una zuppa meravigliosa che ha la capacità di guarire qualunque malato; dal momento che nessun medico è riuscito a curare il padrone, posso provarci io?" A queste parole, gli altri domestici risero divertiti. "Ma senti senti! Una sguattera che pretende di risanare il padrone dopo che neanche i migliori medici al mondo ci sono riusciti? Ah, ah!" Ma alla fine, proprio perché ormai non c'era più niente da fare, decisero di lasciarla tentare, e che peggio di così non poteva andare: felice, la principessa corse a prendere il cestino con i serpentelli e li mise nel brodo; quando fu pronto, né portò un po' nella stanza del padrone, facendosi strada coraggiosamente, indicando ai luminari di scansarsi dal letto di lui. Il povero cavaliere aveva perso conoscenza, e poi, non poteva comunque riconoscerla, dal momento che era così sporca e cenciosa, ma, quando ebbe consumato la zuppa, si sentì improvvisamente meglio, e poté addirittura sedere sul letto. Il giorno dopo ne mangiò ancora, e fu in grado di vestirsi da solo, e il cuoco, stupefatto da quel miglioramento prodigioso, pensò che doveva essere una zuppa eccellente. Il terzo giorno, dopo la terza razione, il cavaliere fu guarito.

"Chi sei, tu?" domandò alla ragazza; "sei stata tu a cucinare la zuppa che mi ha curato?" "Sì," rispose la principessa. "Cosa desideri in cambio? Puoi chiedermi qualsiasi cosa." disse il Cavaliere Verde; "Vorrei diventare vostra moglie!" disse la principessa. Il cavaliere rimase stupito di fronte a tanta audacia, e scosse la testa: "Questa l'unica cosa che non posso darti," rispose, "perché io sono già promesso alla fanciulla più bella della terra. Scegli qualcosa d'altro." Allora la principessa corse a ripulirsi e a rammendare come poteva i suoi stracci, e quando ritornò, il Cavaliere Verde la riconobbe immediatamente. Potete immaginarvi che gran festa!

Subito dopo, furono celebrate le nozze con grande fasto; tutti i nobili e i principi del regno furono invitati al matrimonio, e la principessa indossò un abito scintillante come il sole, e nessuno aveva mai visto una fanciulla più bella. Anche il re suo padre era, ovviamente, presente, ma la regina cattiva e sua figlia furono scacciate dal regno, e nessuno le vide più, ed è molto probabile che siano state divorate dalle bestie feroci della foresta. Ma gli sposi furono così felici che dimenticarono ogni cosa, e vissero a lungo, felici e contenti, accanto al vecchio re finché questi morì, ed essi gli succedettero al trono.

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La versione quì riportata è quella di Evald T.Kristensen, successivamente recuperata e tradotta in inglese da Andrew Lang, e inserita nel suo «Olive Fairy Book» . Il testo quivi presente è stato tradotto da me dall'inglese, e reperito nel Pubblico Dominio. La fonte di riferimento del mio lavoro è reperibile a questo indirizzo. Chiunque desideri questo testo per i propri siti, può prelevarlo liberamente, a condizione che citi cortesemente questo sito come propria fonte, senza linkare le immagini, e non spacci questa traduzione come opera sua, in segno di rispetto per il mio lavoro.

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Grazie per l'attenzione. Vale76

(Documento creato il 25 agosto 2011)