Fiabe russe di A. Afanas'ev: L'anatra bianca¹

(testo esaminato, annotato, e tradotto da me. Distribuito con licenza CC 3.0 Italia. Per favore, vedasi note a pié di pagina.)

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(Illustrazione: «Belaya Utochka» (traslitterato), 1902. Di Ivan Y. Bilibin [Public domain]. Tratta da: artpoisk.info. Passaci sopra il puntatore del mouse per ingrandirla.)

Da: «Narodnye russkie skazki», 1855-'64

libro animato

C'era una volta un principe che sposò una principessa bellissima; aveva appena cominciato a bearsi di lei e a godere di quel magico idillio, che i due furono costretti a separarsi, per via di un viaggio che il principe doveva intraprendere. Purtroppo, ci sono cose che vanno fatte e basta, e, del resto, non si può restare abbracciati al proprio amato per sempre. La principessa pianse e singhiozzò, e il principe, ben sapendo che sarebbe rimasta sola con persone estranee, cercò di confortarla e, nello stesso tempo, le raccomandò di non lasciare mai le sue stanze, di fare attenzione alle cattive compagnie, e di non ascoltare le malelingue. La principessa lo promise, e non appena il principe partì, andò a rinchiudersi nel suo appartamento e non lasciò entrare nessuno.

Trascorse del tempo (tanto o poco non si sa). Un giorno le apparve davanti una donna apparentemente benevola e schietta, la quale le disse: «Perché ve ne state lì tutta afflitta? Almeno, uscite a prendere una boccata d'aria! E già che ci siete, potreste farvi pure una bella passeggiata in giardino! Vi sarà utile per scacciare via la malinconia.» Al principio, la principessa rifiutò perentoriamente, ma poi pensò che in fondo non c'era proprio niente di male nel fare due passi all'aria aperta, e così uscì. Ebbene, in quel giardino scorreva un corso d'acqua purissima, la più limpida e tersa che esistesse sulla terra, e la sconosciuta disse: «Fa molto caldo oggi! L'acqua sembra così fresca e amena.. Perché non vi fate una nuotatina?» «Oh, no, non potrei davvero!» replicò la principessa; ma dopo un po' pensò che un semplice bagno non costituisse alcun pericolo, e finì quindi per spogliarsi. S'immerse nell'acqua, e subito la malefica donna la colpì sulla schiena e le disse: «E adesso trasformati in anatra bianca, e nuota pure!» E subito fu tramutata in un'anatra bianca. Fatto ciò, la strega (poiché questo era in realtà quella donna), assunse le sembianze della principessa, indossò il suo abito, si pettinò i capelli come i suoi, s'imbellì le guance e le ciglia e si mise ad aspettare il ritorno del principe. All'improvviso i cani abbaiarono e le campane squillarono per annunciare il ritorno a casa del padrone! La strega gli corse incontro per abbracciarlo e baciarlo, e il principe, pazzo di gioia, se la strinse forte al petto, del tutto ignaro della sua vera identità.

Intanto, l'anatra depose tre uova; queste si schiusero e vennero fuori tre piccoli, tre bimbi: i primi due erano sani e robusti, mentre il terzo era un cosetto minuto e gracilino. La madre si prese molta cura di tutti e tre ed essi crebbero rapidamente, familiarizzando con l'acqua, e imparando molto presto ad acchiappare i pesci, i quali divennero il loro piatto preferito. Ma si trovavano a loro agio anche sulla riva, e si divertivano sempre di più a giocare e a saltellare sui bei campi freschi e sui verdi prati; si sentivano al sicuro in quei luoghi per loro così piacevoli. La loro madre diceva sempre: «Non allontanatevi, bambini!» ma essi non le davano ascolto, ed ogni giorno che passava, erano sempre più indisciplinati.

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(Ivan Y. Bilibin, 1902.)

Un giorno in cui si erano spinti ancora più lontano del solito, senza volere si ritrovarono nel cortile del principe. La strega malvagia li riconobbe subito e digrignò i denti dalla rabbia. Li attirò in casa, diede loro qualcosa da mangiare e da bere e li mise a letto, e subito diede ordine di accendere il fuoco, di mettere a bollire l'acqua, e di affilare i coltelli. I due fratelli più robusti si erano coricati senza timore si e addormentarono rapidamente, ma il terzo, quello gracilino, che di solito se ne stava accovacciato al calduccio in mezzo agli altri due, non riuscendo a dormire, udì tutto e vide tutto. A tarda notte, la strega s'avvicinò alla porta e chiese: «State dormendo, piccolini miei?» e lo smilzetto rispose:

Impossibile dormire, sapendo di dover morire
La pentola è sul fuoco incandescente
Mentre l'acqua è già bollente
I coltelli il boia sta per affilare
E la morte ci sta per annientare

«Maledizione! Non dormono ancora!» disse tra sé e sé la strega. Andò su e giù per il corridoio per un po', ma di lì a poco ritornò davanti alla porta e disse di nuovo: «State dormendo, miei piccoli?» E Smilzo ripeté:

Impossibile dormire, sapendo di dover morire
La pentola è sul fuoco incandescente
Mentre l'acqua è già bollente
I coltelli il boia sta per affilare
E la morte ci sta per annientare

"Come mai risponde sempre la stessa voce?" si chiese la strega; aprì piano piano la porta, e vedendo i due ragazzotti che dormivano saporitamente, calò su di essi la tetra scure della morte e li ammazzò. Il mattino seguente, l'anatra bianca chiamò i figli, ma nessuno rispondeva, e subito ebbe il presentimento che la perfida strega avesse fatto loro del male; svolazzò velocemente fino al cortile del principe, e lì trovò i suoi bambini: i volti pallidi come la neve, e i corpi freddi come il marmo. Allora si fiondò sui loro corpi senza vita, spalancò le ali e gridò con voce umana:

Qua qua, qua, figli mei belli
Qua qua, qua, miei amati gioielli,
Con amor di madre vi ho allevato
E in travaglio vi ho allattato
Quante notti a guardarvi riposare
Senza mai neppur mangiare

«Hai sentito, cara?» Disse il principe, «C'è un'anatra che invece di starnazzare, parla con voce umana!» «Ma va, sarà una tua impressione!» Rispose la strega. Ma il principe disse ai servi: «Allontanate quel volatile dalla mia corte, subito!» E i servi cominciarono a inseguirla per farla andare via, ma niente, lei svolazzava di qua e di là e continuava a sgattaiolare dai suoi bambini morti. E intanto, ripeteva:

Qua qua, figli mei belli
Qua qua, mie piccoli gioielli!

E ancora:

La perfida maliarda ha ordito malefici
Vi ha strappati prima a me, e poi vi ha uccisi
A voi ha rubato un padre e a me un marito
La serpe usurpatrice il posto m'ha soffiato e poi m'ha trasformato
E con il dolor che già m'avea ella inflitto
Ammazzandomi i figlioli, due volte m'ha sconfitto!

«Ah, è così che stanno le cose!» esclamò il principe. Chiamò i servi e ordinò di catturare subito l'anatra; quelli ubbidirono, ma quella svolazzava di qua e di là senza farsi beccare. E quando anche il principe stesso scesce a darle la caccia, la povera bestioletta fece un balzo verso di lui e gli volò tra le braccia; allora lui l'afferrò per un'ala ed esclamò:

Innalzati, mia bianca betulla,
E vieni a me, oh, mia bella fanciulla!

E voilà! Una candida betulla apparve subito alle sue spalle, mentre di fronte si ritrovò una bellissima donna, ed egli riconobbe in lei l'adorata sposa. Dopodiché, presero una gazza ladra e, legatele alle zampe due ampolline, la pregarono di andare a cercare l'acqua della vita e l'acqua che parla. La gazza volò via e di lì a poco ritornò con entrambe. I genitori versarono sui figli l'acqua della vita, e i fanciulli risuscitarono; versarono su di loro l'acqua che parla, ed essi ricominciarono a parlare e a sghignazzare animatamente. E così, tutta la famiglia fu finalmente riunita, e da quel giorno non ci furono più lacrime né dolori. Nessuno di loro fu più colpito da altre disgrazie, e vissero a lungo e felicemente.

In quanto alla stregaccia, fu legata alla coda di un cavallo e trascinata per i campi finché cominciò a rompersi: per prima, le venne via una gamba, e in quel punto apparve un attizzatoio; poi, un braccio fu tranciato via, e sul posto comparve un rastrello. Poi le rotolò via la testa, e lì vi crebbe una lappa². E continuò a rompersi finché finì di fracassarsi. Vennero gli uccelli e cominciarono a beccare le sue carni; poi arrivò il vento e sbuffando spazzò via tutte le sue ossa.

E da quel giorno nessuno si ricorda più di lei.

(Traduzione dall'inglese e dal tedesco di Valentina Vetere.)

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Questa fiaba è stata tradotta da me dalle lingue inglese e tedesco. Chiunque desideri questo testo per le proprie pagine web, può prelevarlo liberamente, seguendo le medesime condizioni regolate dalla licenza Creative Commons 3.0 indicata in questa pagina, in segno di rispetto per il mio lavoro.

Si ricorda, inoltre, di non fare hot link sulle immagini. Grazie per l'attenzione. Valentina.

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Mie annotazioni

¹"Belaya Utochka". Questa fiaba popolare è estremamente famosa in patria e nel mondo. Non è escluso che esistano altre versioni e/o rinarrazioni. Io ho cercato di individuare, tra l'enorme vastità di fonti disponibili in Rete, la versione più attendibile possibile tradotta in alfabeto latino. Ho selezionato due testi su tutti, e ho lavorato alacremente su quelli per ricostruire al meglio la traduzione in italiano della fiaba. La storia, tuttavia, presenta ancora alcuni punti che potrebbero prestarsi ad interpretazione. Nel complesso, credo, e spero, di essere riuscita a presentarvi la fiaba nel modo più fedele possibile all'originale dell'Afanas'ev. Chi avesse conoscenze più specifiche di questo racconto e di cultura popolare russa e riscontrasse eventuali errori o imprecisioni nella mia stesura, è pregato di farmele presente. Grazie. Da notare che di questo racconto esiste anche una versione (leggermente diversa) riportata nei Fairy Books di Andrew Lang. Il testo in italiano era già stato da me precedentemente tradotto, ed è raggiungibile a questo link.

²Lappa, anche detta "lappola" o "bardana", genere di piante dalle infruttescenze fornite di uncini.

Da: Wikipedia e Treccani

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(Documento creato il 12/11/13)