Fiabe Amatoriali - Laura Ricciardi: Nel paese di Ceribà

libro animato

Nel paese di Ceribà ognuno sapeva solo lavorare e faticare, faticare e lavorare.. non c'era tempo per il divertimento, non c'era tempo per lo svago, non c'era tempo libero. Ogni momento veniva riempito da qualcosa da fare e per via di ciò, in quel paese tutti avevano dimenticato cosa significasse sorridere e perfino ridere.

Un giorno in quel paese arrivò un bambino. Era un tipetto un po' stravagante, vestiva in maniera colorata e buffa, passava la sua giornata correndo per le strade di Ceribà, suonando trombette colorate e lanciando strani ritagli di carta anch'essa variopinta. Lui non lavorava, lui non faticava, il suo passatempo preferito era cambiarsi d'abito e correre da una parte all'altra del paese sorridendo e soprattutto, ridendo. "Ma che strano tipo è quel bambino!!!" dicevano i suoi coetanei, "che bella piega hanno le sue labbra e che buffe fossette ha sulle guance!" e continuavano a seguirlo con lo sguardo finché non spariva per la via. Qualcuno cercava perfino di imitarlo interrompendo per un solo istante le sue attività. Il risultato però era davvero disastroso. Sia i movimenti del corpo che quelli del viso non emanavano affatto allegria e somigliavano piuttosto a smorfie per giunta non riuscite.

Un giorno Buffetto Perditempo, così soprannominato perché lavorava a fatica e trovava ogni pretesto buono per interrompere ciò che faceva, protestò. "Basta, non ne posso più di stare sui libri e sui quaderni! La mia faccia è stanca di restare fissa su fogli scritti o da scrivere. Io me ne vado. Andrò da quello strano bambino e gli chiederò di aiutarlo nel suo lavoro: è sicuramente più interessante di tutti gli altri lavori." Buffetto scostò bruscamente la sedia, allontanò il banco e inchinandosi in senso di galante riverenza alla maestra, scappò via dalla classe. Tutti i compagni rimasero sbigottiti, ma al contempo attenti alle eventuali conseguenze, che comunque, stranamente non arrivarono. La maestra riprese a spiegare e tutto sembrò riprendere il solito ritmo. Nel frattempo da altre parti del paese di Ceribà accadevano fatti analoghi. Il figlio del fruttivendolo lanciò in aria una cassetta di pomodori rovesciandoli tutti in terra, poi urlando allegramente scappò via dalla bottega, "Allegria, allegria! Con questa smania di allegria non si può fare null'altro che correr via!!! Babbo io vado in cerca di quello strano bambino: voglio imparare il suo mestiere." È inutile dire quale fu l'espressione del padre, né se la sua reazione fu di disperarsi e sgridarlo. Il babbo restò semplicemente sorpreso. Non succedeva mai a Ceribà che qualcuno si ribellasse, quindi nessuno sapeva come reagire. Inoltre quel curioso fenomeno cominciava a colpire più ragazzini finché non ne restò neanche uno impegnato in alcuna attività: sparirono tutti alla ricerca di quello strano bambino.

Il paese appariva silenzioso e triste. Tutti i genitori aspettavano i loro figli, ma questi non si vedevano per niente. Allora il sindaco riunì inpiazzatutti."Cariconcittadini, interrompo per la prima volta le vostre attività perché bisogna andare a recuperare i nostri ragazzi. Una strana malattia li ha colpiti e pare che l'abbiano contratta dal bambino che correva in giro per la nostra città suonando e cantando, lo andremo a cercare e troveremo anche i nostri figlioli". Tutti applaudirono e cominciarono a seguirlo mentre si faceva strada tra la folla. Cammina cammina arrivarono alla fine de paese e trovarono un sentiero. Ai lati c'erano piante di carta colorata e alberi che sembravano fuochi d'artificio. Una simpaticissima musichetta si udiva sempre più chiaramente e uno squisito profumino di dolci e di frittelle impregnava fortemente l'aria. Cammina cammina arrivarono dinnanzi un grandissimo portone tutto di cioccolato, costeggiato da alte mura di marzapane, oltre le quali si sentivano urla, risate e schiamazzi. Nell'aria venivano soffiati dal vento una grande quantità di minuti pezzettini di carta colorata e striscioline variopinte e, sempre di più profumo di dolciumi e caramelle. Gli abitanti di Ceribà decisero di bussare a quello strano portone e di cercare i loro figli per riportarli a casa, ma non capivano perchè sentivano in loro un forte buonumore e tanta voglia di ridere e sorridere. Iniziarono allora facendo curiose smorfie e poi, guardandosi gli uni, gli altri finirono per ridere per davvero. Come fu bello ridere! Che bella sensazione dava all'anima! Più ridevano e più volevano ridere, tanto che dall'altro lato del portone qualcuno si incuriosì e fece aprire. Non appena ciò avvenne tutti si ammutolirono e diconseguenza si fermarono, finché dalla cima di un grosso e buffo carro allegorico sbucò fuori il bambino che si vedeva gironzolare per Ceribà. Aveva un bellissimo vestito bianco molto abbondante nella taglia, un cappellone altrettanto bianco e grosso in testa e una maschera nera con un enorme nasosproporzionato sulla faccia. Il bambino se la tolse per farsi riconoscere e a quel punto tutti scoppiarono a ridere. "Chi sei?" gli domando tra una risata e una lacrima, il sindaco" E dove sono i nostri ragazzi? " "Io sono Carnevale, il re delle burle e dell'allegria, sono lieto che vi siate decisi a unirvi ai festeggiamenti, non può esistere solo il lavoro e il muso lungo. Deve esistere anche l'allegria e un po' di divertimento. Venite unitevi a noi finché c'è festa, purtroppo non mi trattengo a lungo. I vostri figli mi hanno aiutato a preparare tutto. Venite!" E fu così che gli abitanti di Ceribà si unirono ai loro figli e ai festeggiamenti di re Carnevale. E fu così che da quel giorno, oltre al lavoro, gli abitanti di quel paese impararono anche il divertimento e lo svago.